Marcinelle, omaggio ai migranti italiani morti

ROMA – Giorgio Napolitano ricorda la strage di Marcinelle in cui morirono 262 persone, di cui 136 italiani, in una miniera in Belgio. L’8 agosto, eletto Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo, il presidente della Repubblica invita tutte le istituzioni a non far cadere la tensione sul tema della sicurezza del lavoro. Anche il mondo dell’emigrazione non dimentica.

La politica ricorda la tragedia di Marcinelle, la strage di minatori, di cui molti italiani, che sconvolse il Belgio 54 anni fa. E lo fa stringendosi attorno al monito del Capo dello Stato Giorgio Napolitano che, con fermezza, invita tutte le istituzioni a non far cadere la tensione sul tema della sicurezza del lavoro.

Tema che deve rimanere una priorità assoluta, concorda il presidente del Senato Renato Schifani. “La commemorazione di quella tragedia rinnova l’angoscioso ricordo di una delle più drammatiche pagine della storia del lavoro del nostro paese, opportunamente eletta giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel Mondo”, scrive il presidente della Repubblica in un messaggio inviato ai familiari delle vittime.

Quella “terribile vicenda”, rimarca, conserva attuale il suo alto valore di monito sul tema della sicurezza del lavoro. Gli indubbi progressi conseguiti a tal proposito nell’ultimo mezzo secolo non possono infatti giustificare alcuna caduta di impegno delle istituzioni e degli altri soggetti responsabili a fronte del ripresentarsi, in condizioni nuove, di problemi e pericoli non meno gravi che nel passato.

“La sicurezza sul lavoro – rincara Schifani – deve continuare ad essere un impegno inderogabile ed assoluto per garantire a tutti i lavoratori condizioni ambientali prive di pericoli, rispettose delle nostre leggi e della dignità umana”. Una linea che viene recepita da Pdl, Idv ed il resto dell’opposizione che tutti insieme ribadiscono l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione su temi fondamentali come la cultura della sicurezza e il rispetto dei diritti dei lavoratori.

“Ancora oggi – sottolinea Maurizio Zipponi dell’Idv – si registrano ogni anno più di mille casi di morti bianche. Numeri preoccupanti, soprattutto in un periodo in cui aumentano licenziamenti, cassintegrati e aziende in crisi”. Un invito ad onorare i minatori italiani morti allora viene dal sottosegretario Roberto Menia che invia un messaggio a “tutti i giovani italiani che oggi si trovano impegnati in tutto il mondo e – aggiunge – ci fanno sentire orgogliosi di essere figli della stessa Patria”. Da qui l’invito a cercare di “meritare ogni giorno” il sacrificio di quei lavoratori.

NEL 1956

Strage di 262 minatori, 136 italiani

MARCINELLE – L’8 agosto 1956 a Marcinelle, in Belgio, 262 minatori persero la vita nell’infermo delle miniere del Bois du Cazier. Tra quei lavoratori di dodici diverse nazionalità, più della metà erano italiani, emigrati in Belgio da tutta la Penisola in cerca di un’occupazione. Persero la vita in 136.

Un carrello, di quelli che i minatori usavano per trasportare il carbone, fu la causa della strage. Alle 8:10 del mattino, complice un malinteso tra chi era nel sottosuolo e i manovratori in superficie, uno dei carrelli si bloccò nel montacarichi del pozzo del Bois du Cazier e causò la rottura di un condotto di olio sotto pressione e di alcuni cavi elettrici. Si scatenarono una potente esplosione e un incendio. Nessuna possibilità di scampo per gli uomini al lavoro: furono intrappolati dal fuoco e soffocati dall’ossido di carbonio, a piu’ di mille metri di profondità.

I minatori in Belgio erano chiamati ‘musi neri’, a causa della polvere di carbone che ricopriva i loro volti. Erano poverissimi e vivevano in baracche che pochi anni prima avevano ospitato i prigionieri sovietici dei lager tedeschi e poi, dopo la sconfitta, i prigionieri tedeschi. Dall’Italia ne arrivarono nel dopoguerra 140.000, grazie anche da un accordo uomo-carbone tra i governi: l’Italia inviava mille minatori a settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno per emigrato. Attualmente a Marcinelle le vecchie strutture della miniera, fatte di mattoncini rossi, sono state restaurate, a futura memoria. L’ultimo dei 13 superstiti che era stati riportati fuori vivi dalla miniera è morto nel 2007.

PARLA L’EX MINISTRO TREMAGLIA

Il mondo dell’emigrazione non dimentica

ROMA – L’on. Franco Narducci, vicepresidente della Commissione affari esteri della Camera e presidente dell’Unaie, sabato, alla vigilia dell’anniversario della tragedia mineraria di Marcinelle, ha sottolineato in una nota il “valore profondo che tale commemorazione rappresenta ancora oggi, alla vigilia delle celebrazioni del 150° dell’unità d’Italia”.

“L’omaggio reso l’8 agosto alle vite dei lavoratori deceduti, esempio dell’enorme sacrificio degli italiani nel mondo, deve servire”, ha aggiunto il parlamentare, “anche a rinsaldare il legame tra le comunità che vivono all’estero e la madrepatria”.

L’on. Laura Garavini, deputata del Pd eletta all’estero, si rivolge ai parenti delle vittime di Marcinelle per “rendere omaggio a quei uomini che più di mezzo secolo fa persero la vita inghiottiti nella miniera dove lavoravano, ai loro familiari e a coloro che si impegnano anche oggi al fine di tenere viva la memoria di quella strage”.

“Quell’8 agosto 1956, e il sacrificio dei 262 morti”, afferma la parlamentare, “è rimasto dolorosamente impresso nella memoria del nostro Paese e delle comunità italiane all’estero. È ancora presente il dolore per quelle vittime che lasciarono la vita per il lavoro e per lo sviluppo economico, sociale e culturale dell’Europa”.
Era stato l’allora ministro per gli Italiani nel mondo Mirko Tremaglia nel 2001 a far diventare l’8 agosto “Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo. “Rivendico di aver voluto a tutti i costi, quando ero Ministro per gli Italiani nel Mondo, che questa data assurgesse, una volta per sempre, ad emblema del sacrifico dei lavoratori italiani all’estero” si legge nella lettera del segretario generale Ctim.
“Non dimentichiamo – aggiunge l’ex ministro – il sacrificio di questi lavoratori, trasmettiamo alle nuove generazioni il valore che la nostra emigrazione ha conquistato in un secolo di Storia. Un valore che oggi equivale in molti casi a prestigio, successo ed affermazione; questo è quanto i nostri connazionali possono vantare in ogni Paese di residenza, ma, per tanti anni, decine di anni, è costato sacrifici, frustrazioni, discriminazioni ed umiliazioni”.