Russia, fuoco nelle foreste contaminate da Chernobyl

MOSCA – Il fuoco è divampato ieri nelle foreste contaminate dalla radiazioni del disastro nucleare di Chernobyl ma non è chiaro che rischio possa venire dal fumo di questi incendi.

I leader del Cremlino stanno cercando di gestire la più grave ondata di incendi dal 1972 e una siccità che ha distrutto i raccolti, in quella che gli esperti descrivono come l’estate più calda degli ultimi mille anni per il Paese.

I timori che l’inquinamento nucleare prodotto da Chernobyl aumenti potrebbero portare la crisi a un nuovo livello, anche se le autorità sostengono che i livelli di radioattività sono nella norma a Mosca e che non è chiaro se il fumo degli incendi nelle foreste contaminate sia pericoloso.
L’incendio che ieri ha raggiunto la zona contaminata in seguito al più grave incidente nucleare che si ricordi, quello del 26 aprile 1986 nella centrale ucraina di Chernobyl, potrebbe riportare nell’atmosfera le particelle radioattive catturate dalle piante.

Bruciando erba e alberi nell’area della centrale, infatti, il fuoco libera un pulviscolo radioattivo più volte osservato in occasione di incendi che in passato hanno colpito l’area contaminata. Lo stesso fenomeno potrebbe tornare a manifestarsi adesso, ma senza destare particolare preoccupazione perchè la concentrazione delle particelle radioattive (radionuclidi) nelle piante “è a livelli di assoluta sicurezza”, rileva l’Associazione Italiana Nucleare, riferendosi ai dati raccolti regolarmente dall’epoca dell’incidente dal Chernobyl forum, l’organizzazione internazionale alla quale appartengono i Paesi interessati dalla centrale (Russia, Bielorussia e Ucraina) e della quale fanno parte agenzie internazionali come Organizzazione delle Nazioni Unite (Onu), Agenzia Internazionale per l’Energia Atomica (Iaea) e Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms).

Anche secondo il direttore dell’Istituto per l’Inquinamento Atmosferico del Consiglio Nazionale delle Ricerche (Cnr), Nicola Pirrone, le conseguenze degli incendi nell’area contaminata di Chernobyl “sono un problema serio, ma non rappresentano un’emergenza per la salute”. I radionuclidi, ha aggiunto, potrebbero essere trasportati lontano, viaggiando nell’alta atmosfera, fino a raggiungere l’area dell’Artico e lì essere nuovamente imprigionati nei ghiacci. I venti, ha detto ancora, continuano a trasportare le nubi di cenere e fumo prevalentemente verso Oriente e non rappresentano attualmente una minaccia per l’Europa occidentale.
Secondo dati più recenti su incendi e aree contaminate da elementi radioattivi, che risalgono al 2006, i radionuclidi che più facilmente possono essere liberati in un incendio sono quelli di elementi come cesio, stronzio e plutonio. Il pulviscolo radioattivo che può essere liberato dall’incendio di zone contaminate è stato osservato più volte in passato, proprio in occasione degli incendi che più volte hanno bruciato erba e alberi nella zona contaminata attorno alla centrale di Chernobyl.

È accaduto, per esempio, nel 1986 e nel maggio 1992, quando un vasto incendio causò un aumento della quantità di cesio nel pulviscolo atmosferico. A partire dal 1986, spiega l’Associazione Italiana Nucleare, parte dei radionuclidi dispersi nell’ambiente in seguito all’incidente nella centrale nucleare di Chernobyl sono stati metabolizzati dai vegetali, mentre un’altra parte non si trova più in sospensione nel terreno ed è imprigionata nel suolo ad una profondità di almeno dieci centimetri. “Anche se più alti rispetto alle concentrazioni normali – prosegue l’Associazione – il livello dei radionuclidi resta comunque molto basso”.