Pena di morte, la Cina pensa di abolirla per 13 reati

PECHINO – La Cina cerca di ridurre il numero delle condanne a morte e delle esecuzioni, delle quali detiene il primato mondiale. L’agenzia Nuova Cina ha infatti annunciato che una proposta di legge per la riduzione da 68 a 55 dei reati punibili con la pena è in discussione da oggi all’Assemblea Nazionale del Popolo (il Parlamento cinese). Nessun ammorbidimento in vista però per quanto riguarda le torture: si è appreso che un gruppo di autorevoli avvocati ha chiesto l’apertura di un’inchiesta sulle denunce di un condannato a morte che ha sostenuto di essere stato giudicato sulla base di una confessione estorta.

Se verrà approvata la proposta di legge, si tratterà della prima volta che viene operata una riduzione di questo tipo dal 1979, quando fu introdotto il codice penale attualmente in vigore. Inoltre, si tratterebbe della seconda iniziativa per la limitazione delle esecuzioni negli ultimi tre anni, dopo che nel 2007 è stata resa obbligatoria la revisione finale di tutte le condanne a morte da parte della Corte Suprema di Pechino, meno incline a comminare la pena capitale dei tribunali ordinari. Fonti ufficiali hanno sostenuto che questa misura ha portato ad una riduzione del 15% delle esecuzioni, che in Cina avvengono a pochi giorni di distanza dall’approvazione definitiva. Il numero delle condanne e delle esecuzioni sono considerati in Cina segreti di Stato ma le organizzazioni umanitarie ritengono che siano tra le cinquemila e le diecimila all’anno: nessun paese del mondo fa un uso così largo dei plotoni d’esecuzione anche se, in rapporto alla popolazione, paesi come l’Iran e Singapore comminano più condanne a morte di Pechino.

I 13 reati per i quali è stata proposta l’abolizione della pena di morte sono in gran parte reati economici, alcuni dei quali possono essere legati ad episodi di corruzione (ma non lo sono necessariamente) mentre altri sono legati al contrabbando. Nuova Cina indica “l’esportazione illegale di reliquie culturali, oro, argento, animali rari e i loro prodotti, la conduzione di attività fraudolente con prodotti finanziari o con lettere di credito, la falsificazione di documenti sull’ imposta sul valore aggiunto” e “truffe che riguardano l’evasione fiscale” tra i reati considerati nella proposta. L’ agenzia sottolinea che “la maggior parte” delle condanne a morte vengono comminate per reati di sangue, anche se negli ultimi anni è stata data ampia pubblicità alle esecuzioni di alcuni alti funzionari condannati per corruzione.

Il dibattito sulla pena di morte si è acceso in Cina negli ultimi anni dopo che sono emersi una serie casi nei quali i condannati sono risultati innocenti. In uno di questi, nel maggio scorso, si scoprì per caso che la supposta vittima era viva dopo che un suo vicino era stato condannato per omicidio e aveva trascorso otto anni in prigione. In luglio un uomo condannato a morte nel maxi-processo contro la mafia di Chongqing, Fan Qihang, ha denunciato di aver confessato un omicidio solo per mettere fine alle torture che gli sono state inflitte per cinque giorni consecutivi durante i quali è stato picchiato, privato del sonno, e appeso per le dita dei piedi.

Ieri si è appreso che un gruppo di autorevoli avvocati cinesi ha chiesto alla Procura Suprema del Popolo di aprire un’inchiesta sulla vicenda. Tra i firmatari della lettera ci sono alcuni degli avvocati più in vista della Cina tra cui Li Fangping, Teng Biao e Tang Jitian. Secondo Amnesty International il caso di Fan Qihang è ora all’esame della Corte Suprema di Pechino che, in base ad una legge del 2007, deve confermare tutte le condanne a morte emesse dai tribunali ordinari.