Un italiano morto in un carcere, i familiari non possono vederlo

PARIGI – I familiari di Daniele Franceschi, il carpentiere viareggino morto nel carcere francese di Grasse, pretendono una seconda autopsia, quando la salma sarà trasferita in Italia.
E’ solo l’ultimo tassello di una vicenda, lunga cinque mesi, su cui i parenti, a cominciare dalla madre e dalla zia, volata in Francia, vogliono vedere chiaro.


Franceschi era detenuto in attesa di giudizio da aprile, con l’accusa di aver utilizzato una carta di credito non sua in un casinò. A quel punto, secondo lo zio di Daniele, Marco Antignano, è cominciata una serie di soprusi che continuano anche dopo la morte del nipote:
“Ci hanno fatto sapere del decesso con tre giorni di ritardo, a mia sorella non fanno vedere la salma, e all’autopsia, che le autorità hanno anticipato a domani, non potrà esserci un medico di nostra fiducia, né italiano né francese”.


Per questo la famiglia ha detto di voler far eseguire una seconda autopsia quando la salma sarà trasferita in Italia.
La madre, Cira Antignano, ha presentato un esposto informale alla Farnesina. Sotto accusa, afferma lo zio di Daniele, è l’intero periodo della carcerazione:
“C’erano state alcune udienze, sempre rimandate ed era complicatissimo andare a trovare mio nipote”, afferma Marco Antignano, “e mia sorella era riuscita ad entrare in carcere solo due volte. Daniele scriveva alla madre di soprusi e di ore di lavoro estenuanti”.


Secondo lo zio, in più, le versioni sull’ultimo giorno della vita del carpentiere sono discordanti. Il direttore del carcere, afferma lo zio, aveva spiegato che alle 13,30 Daniele stava bene e che, nel controllo seguente alle 17, lo avevano trovato morto.