Tra sacro e profano, la festa consacrata dei boss

REGGIO CALABRIA – Si sono conclusi ieri pomeriggio le celebrazioni della Madonna al Santuario di Polsi in Calabria. Anche questa volta c’è stato il rischio che diventasse un’occasione di incontro per i capi della ‘ndrangheta.


Di Oppedisano e delle riunioni dei boss al Santuario di Polsi, non sa e non vuole saperne nulla. Antonio, 34 anni, da un mese ex disoccupato, si è fatto 140 chilometri a piedi per essere alla festa della Madonna della Montagna. È partito da San Roberto e ha attraversato l’Aspromonte. Un pellegrinaggio che è roba di altri tempi. Da racconto di Corrado Alvaro. Ma da tutta la provincia di Reggio e da molto più lontano, anche quest’anno in migliaia sono partiti. Sono quasi tutti ex voto. Compreso Antonio: «Sono venuto a ringraziare la Madonna. Dopo dieci anni mi ha fatto finalmente trovare un lavoro».


Al telefono la sua voce si sente a mala pena, è coperta dai tamburelli dei fedeli, che nelle strade intorno al santuario ballano tarantelle “votive”. Antonio non ne sa e non vuole saperne nulla, ma nelle stesse ore, un anno fa, a Polsi, venivano votati dai boss i vertici della ‘ndrangheta.
A luglio sono scattati gli arresti. Le procure di Reggio e Milano hanno condotto insieme l’inchiesta denominata “Crimine”, che ha portato in carcere oltre 300 persone tra la Calabria e la Lombardia. Nell’ambito dell’operazione è stata per la prima volta documentata in modo estremamente particolareggiato la riunione annuale dei capi delle ‘ndrine, che da oltre cinquant’anni si tiene a Polsi, nei giorni della Madonna della Montagna. I boss si vedono nella piccola frazione del Comune di San Luca a fine agosto. Lo scorso anno, i primi incontri erano avvenuti a partire dal 19 agosto.


É in quella data che i referenti dei locali calabresi hanno scelto il nome di Domenico Oppedisano, boss di Rosarno, quale capo del Crimine, la struttura di cui la ‘ndrangheta si è dotata alla fine dell’ultima faida, conclusasi alla fine degli anni ‘80, per sovrintendere al rispetto delle regole e impedire dilaniazioni interne.
Le nuove cariche al vertice dell’organizzione entrano in vigore a partire dal mezzogiorno del 2 settembre, quando la statua della Madonna fa il suo rientro in chiesa e, dunque, termina la liturgia. Gli inquirenti hanno documentato gli incontri che si sono svolti tra l’1 e il 2 settembre, per tutto il giorno e tutta la notte. Le riunioni avvenivano in luoghi pubblici, affollati dai fedeli: chioschi di statuette e votive e retrobottega dei bar.
La sovrapposizione tra rito criminale e cerimonia religiosa è quindi totale. Per i calabresi devoti quella di Polsi è la ricorrenza cattolica più importante. E la più popolare. Dove la religiosità si confonde con il folklore e la superstizione. Più volte dalla diocesi di Locri sono venuti inviti ai fedeli a manifestare la propria fede in forme più convenzionali, meno «atee», fu il termine usato in merito. È anche su questo terreno che la ‘ndrangheta costruisce la propria forza.


«Lo fanno anche camorra e cosa nostra – spiega Isaia Sales, che di recente ha pubblicato un saggio dal titolo “I preti e i mafiosi” – che, allo stesso modo dei calabresi sono devoti al culto mariano: Montevergine e le varie Madonne in Campania e quello di Santa Rosalia in Sicilia».


Il vescovo Giuseppe Fiorini Morosini, a luglio, scrisse una lettera aperta ai boss: «Se amate la nostra terra, i nostri luoghi e le nostre tradizioni tornate alle radici autentiche della fede. Non trasformate Polsi in luogo dell’illegalità». Oggi e ieri, ai fedeli sono state distribuite copie dell’appello episcopale. Don Pino Strangio, da 12 anni parroco di San Luca, si chiede se si è mai accorto che a Polsi si tenevano gli incontri dei boss: «Questa è una domanda provocatoria a cui non ho alcuna intenzione di rispondere», è la risposta di don Strangio che è il presidente del San Luca calcio, scesa in campo a marzo con il lutto al braccio per la morte del boss Antonio Pelle.