Tragedia a San Marino, Tomizawa morte in diretta Tv

MISANO ADRIATICO – Morire a 19 anni, travolto in pista, tradito da quelle moto che aveva imparato ad amare quando di anni ne aveva solo tre. Ancora una tragedia delle due ruote, e stavolta va in scena a Misano: Shoya Tomizawa é morto così, sull’asfalto, mentre correva nelle Moto2 al Gp di San Marino. E lo spettacolo è andato avanti, le moto hanno continuato a sfrecciare fino al podio finale anche nella MotoGp.


Un incidente terribile, quello di Tomizawa, arrivato a una settimana esatta dalla morte choc di Peter Lenz, il ragazzino di 13 anni che correva a Indianapolis in una gara di contorno di quelle dei grandi: il giapponese era stato il primo vincitore di una gara Moto2, il primo a essere in testa al Mondiale e anche il primo che legherà il suo nome al triste tributo dei piloti allo sport delle due ruote per la nuova classe.


Shoya Tomizawa era nato il 10 dicembre 1990, correva per il team francese Cip Technomag: era in lotta con Julian Simon, davanti a lui e con Alex De Angelis alle sue spalle. Nella variante del circuito Santa Monica di Misano, che si fa a pieno gas con le Moto2, il giapponese ha perso il controllo del mezzo cadendo: ha battuto violentemente sull’asfalto, poi è stato investito da De Angelis che lo seguiva a distanza ravvicinata, e infine travolto dall’inglese Redding, che lo ha centrato in pieno, scaraventandolo lontano e facendolo roteare più volte, per un tempo che è sembrato interminabile.


“E’ stata una scena bruttissima – ha detto Simone Corsi, compagno di squadra di De Angelis – è stato terribile anche per me, non riesco a pensarci”. “Il motociclismo – gli fa eco Mauro Noccioli, storico tecnico del Mondiale, il primo a seguire Valentino Rossi nelle corse – è uno sport pericoloso, i piloti lo sanno, lo sappiamo anche noi. Ma forse questa fatalità poteva essere evitata. Io non sono mai stato d’accordo al cambio di senso della pista, se fosse stata come un tempo, nel punto in cui Tomizawa è caduto si arriverebbe più piano. Per il resto ci rimane il dolore di non vedere più quel ragazzo”.


Tra i camion del paddock della Moto2, dopo la conferma della morte di Tomizawa, i ragazzi sono tutti in lacrime. Choc nella delegazione giapponese, mentre in un giorno tanto tragico l’interrogativo è uno: la gara andava fermata? Ma anche che forse bisognava porre limiti in più per una classe che è già nata molto vincolata.


“La Moto2 – ha detto Pietro Caprara, capo tecnico della nuova categoria – è molto più pesante della 250. La quarto di litro era 100 kg, questa è 150 kg, sicuramente con la 250 una cosa del genere non sarebbe accaduta”.


“La gara andava fermata, non capisco perché non sia stata esposta la bandiera rossa: c’é una regola con il pilota a terra”, ha detto Valentino Rossi, visibilmente turbato, dopo aver chiuso al terzo posto la sua gara. “Con tragedie così tutto il resto non conta”, aggiunge il campione di Tavullia. Del resto che la situazione fosse gravissima lo si era capito subito: Max Sabbatani, che di Tomizawa era uno dei meccanici, è apparso in stato di choc. Shoya è stato portato prima al presidio medico del circuito e poi all’ospedale di Riccione, dove è morto alle 14.20, mentre in pista sfrecciavano i bolidi della MotoGp. Tomizawa era un pilota timido, parlava pochissimo in inglese, riservato come tutti i nipponici, e se qualcuno gli chiedeva di dire qualcosa in italiano, rispondeva ‘Coca-Cola!’.


Era un altro di quei piloti formatisi da giovanissimi. Sulle due ruote era salito a soli 3 anni con le minimoto e con queste aveva continuato fino al 1996 in modo amatoriale. Dal 1997 arrivano le prime affermazioni, Shoya vince da quell’anno 4 campionati nazionali. Dal 2005 inizia la carriera con le moto da Gran Premio nei trofei organizzati dalla Honda in Giappone. Dal 2009 è nel campionato del mondo, il suo debutto in classe 250 lo vede terminare l’anno in 17ª posizione. Con l’avvento della nuova classe di mezzo, la Moto2, Tomizawa ha vinto il Gp del Qatar a Doha. Buona anche la seconda gara della stagione a Jerez de la Frontera (Spagna), dove conquista un secondo posto. La corsa fatale a Misano, in un maledetto 5 settembre: la stessa data che nel 1993, sulla stessa pista, paralizzò Wayne Rainey, il campione americano della classe 500.