Il Pdl infuriato con Fini: “Ora deve dimettersi”

Dopo il tanto atteso discorso di Gianfranco Fini alla festa di Futuro e libertà a Mirabello restano minacciose le
nuvole sopra il governo e tutti cercano di guardare oltre l’orizzonte per capire se arriverà “la tempesta perfetta” o se tornerà per il momento il sereno. Se i lineamenti di vincitori e vinti non sono ancora ben
definiti, quello che appare abbastanza chiaro dalle prime dichiarazioni dei principali protagonisti è
l’esito della partita: le lacerazioni nel centrodestra sembrano ormai insanabili e rinviare le elezioni oltre la
prossima primavera pare un’ipotesi assai improbabile.

Tra i più duri nei confronti del presidente della
Camera c’è il capogruppo del Pdl a Montecitorio Fabrizio Cicchitto: “Sul terreno del partito francamente
il presidente Fini non può dar lezioni, afferma Cicchitto, “non ci sembra che la gestione passata di An fosse
molto liberale”. Questo per quanto riguarda il passato, mentre per l’oggi e i domani c’è da “verificare il più rapidamente possibile se ci troviamo di fronte ad una linea fondata sulla contrattazione politica, oppure sull’intenzione di logorare fino allo sfinimento il governo Berlusconi”. E soprattutto la linea espressa da Fini, che ha parlato di una legge elettorale vergognosa che va cambiata, secondo Cicchitto costituisce un “vulnus di notevoli proporzioni” ed anche per questo il presidente della Camera dovrebbe “farsi carico” della “contraddizione evidente” tra la sua carica e il suo ruolo in “prima linea nello scontro politico”. Se non si tratta
ancora una volta di una richiesta a Fini di dimissioni da presidente della Camera poco ci manca e dello stesso
tono sono le dichiarazioni del portavoce del Popolo della libertà Daniele Capezzone: “E’ di tutta evidenza”
che “lo svolgimento di una funzione super partes è incompatibile con il ruolo di capo-fazione politico”
perché il compito del presidente della Camera “è quello di unire, non di dividere; di rappresentare tutti, non
di essere parte in causa”.

Ai nuovi attacchi che arrivano al presidente Fini risponde a stretto giro il finiano doc Italo Bocchino: “Arrivano con dieci anni di ritardo – spiega il capogruppo di Fli – perché nel 2001 votarono e votammo Casini, che era leader di partito, allo scranno più alto di Montecitorio. Quando gli conviene, come nel caso di Casini, non trovano nulla da obiettare, mentre quando gli conviene, come nel caso di Fini, usano strumentalmente il problema dell’incompatibilità”. Così per il ministro della Difesa Ignazio La Russa, secondo il quale “c’è una maggioranza precaria, ma non possiamo fare a meno di andare avanti”,
mentre il responsabile del dicastero di Via del Collegio Romano Sandro Bondi parla di “elezioni più vicine” a
causa di un discorso “di divisione, di rottura e di polemica distruttiva” fatto da Fini domenica a Mirabello.