Peschereccio mitragliato, coi libici anche militari italiani

LAMPEDUSA – Un peschereccio di Mazara del Vallo (Trapani) è stato bersaglio di alcuni colpi di mitra dopo aver intimato l’alt. L’equipaggio dell’Ariete, che non è stato ferito, è riuscito a sfuggire e a proseguire la navigazione verso Lampedusa. A bordo della motovedetta libica c’erano diversi militari della Guardia di Finanza. Le fiamme gialle hanno precisato che ‘’l’imbarcazione era una delle motovedette consegnate alla Libia’’ nel quadro degli accordi tra l’Italia e il governo di Tripoli. I militari italiani erano a bordo con funzioni di osservatore.


Secondo quanto riferito dal Comando generale delle capitanerie di porto, il peschereccio d’altura di 32 metri con 10 uomini di equipaggio, di cui tre tunisini, sarebbe stato raggiunto da diversi colpi di mitraglia mentre si trovava a circa 31 miglia a nord delle coste libiche, al confine con la Tunisia. Si tratta di un’area che la Libia considera di propria competenza esclusiva. I colpi hanno raggiunto la fiancata del peschereccio, provocando danni da quantificare. Sull’accaduto la Guardia costiera ha avviato un’inchiesta per accertare eventuali responsabilità.


‘’Certamente a bordo vedetta vi era un militare della Guardia di finanza e del personale tecnico della Gdf, come stabilito dall’accordo italo-libico firmato dal governo Prodi e poi integrato da Maroni. Ma il comando, come prevede quello stesso accordo, é dei libici, non degli italiani’’ ha detto il ministro degli esteri, Franco Frattini, aggiungendo che ‘’il comandante generale della Guardia costiera libica ha espresso le sue scuse per l’accaduto’’. ‘’Posso dire che il ministro Maroni ha deciso di avviare un’inchiesta sui fatti e di convocare per domani una riunione sul funzionamento delle regole d’ingaggio’’, quindi, rimarca Frattini, ognuno per le proprie competenze, ‘’il governo italiano si é immediatamente attivato’’.


“E’ gravissima la vicenda degli spari contro il motopeschereccio italiano – ha detto il presidente dell’Udc Rocco Buttiglione – Il governo deve venire a riferire in Parlamento, e ci aspettiamo una reazione molto forte verso la Libia, reazione che da parte del governo ancora non vediamo. E questo dopo tutte le umiliazioni subite dall’Italia da parte di Gheddafi negli ultimi mesi’’.


Intanto, il sindaco di Mazara del Vallo ha detto che si rivolgerà “al ministro Frattini perché si faccia portavoce della nostra richiesta di un chiarimento al comandante della motovedetta libica che ha aggredito il peschereccio. Non credo che l’ordine di sparare sia arrivato dal governo libico, penso sia stata una scelta istintiva del comandante”, ha affermato Nicola Cristaldi, sindaco di Mazara del Vallo. “Il governo di Gheddafi – spiega – da qualche tempo ha dimostrato nei confronti dell’Italia un atteggiamento di amicizia e collaborazione. Per questo motivo la notizia mi ha sorpreso non poco. L’uso delle armi non è mai giustificato e sarebbe stato più legittimo formalizzare una protesta al nostro governo per la fuga del peschereccio. Se è vero, così come appare dalla prime ricostruzioni, che l’imbarcazione si trovava in acque internazionali non è esagerato parlare di una vera aggressione, che rischia di compromettere i buoni rapporti tra i due Paesi”.
Per Giuseppe Asaro, armatore del peschereccio, “si è trattato di una cosa di poco conto, forse un’incomprensione. Probabilmente il comandante della motovedetta libica ha intimato all’equipaggio di fermarsi, il comandante del motopesca non lo ha fatto e per dissuarderli dalla fuga é stato sparato qualche colpo di mitra contro l’imbarcazione, che non ha comunque subito grossi danni e proseguira’ la navigazione”.

I PROTAGONISTI


Un marinaio: “Siamo vivi per miracolo”

LAMPEDUSA – “Siamo vivi per miracolo, hanno sparato all’impazzata sfiorandoci; solo per un caso, inoltre, non hanno provocato l’esplosione di alcune bombole di gas”. Alessandro Novara, uno dei dieci uomini d’equipaggio dell’“Ariete”, il motopesca mitragliato da una motovedetta libica, è ancora sotto choc mentre mostra i danni provocati dai colpi di mitraglia.


La fiancata di sinistra del peschereccio è sforacchiata dai proiettili, così come la cabina di pilotaggio, segno che i militari libici hanno sparato anche ad altezza d’uomo. Inoltre uno dei proiettili ha colpito anche una delle tre bombole di gas che si trovavano sul ponte dell’imbarcazione, fortunatamente senza bucarla. In quel caso, infatti, si sarebbe innescata un’esplosione a catena che avrebbe investito i marinai che si trovavano in coperta.


I proiettili hanno anche forato un gommone utilizzato dall’equipaggio come tender.

Il comandante Marrone salvò decine di emigranti

LAMPEDUSA – Il capitano Gaspare Marrone, comandante del motopesca ‘’Ariete’’, insieme con il suo equipaggio ha salvato decine e decine di vite umane nel Canale di Sicilia. Il peschereccio mazarese è stato infatti protagonista in passato di numerosi interventi di soccorso a barconi di migranti in difficoltà, tanto da ricevere anche un riconoscimento.


La notte del 28 novembre 2007 i marinai dell’ ‘’Ariete’’ salvarono 54 extracomunitari, tra cui una bimba e nove donne, soccorsi su un gommone che imbarcava acqua a circa 30 miglia dall’isola Lampedusa.
Durante le operazioni di soccorso un membro tunisino dell’equipaggio si lanciò in mare per aiutare alcuni naufraghi. Esattamente un anno dopo, l’ ‘’Ariete’’ e altri tre pescherecci d’altura della flotta di Mazara del Vallo salvarono 650 migranti su due barconi in balia del mare in burrasca.


Il 5 giugno del 2008, infine, l’ennesimo intervento che consentì di trarre in salvo 27 naufraghi, mentre altri cinque morirono. ‘’La legge del mare ci impone di aiutare chi è in difficoltà, anche a rischio della nostra vita’’, aveva dichiarato in quell’occasione Gaspare Marrone. ‘’Abbiamo fatto solo il nostro dovere, ora torniamo al lavoro’’.


Per questo spirito di abnegazione dimostrato in numerose occasioni, nel giugno del 2008 il capitano Marrone e il suo equipaggio avevano ottenuto il premio ‘’Per mare’’, istituito dall’Alto commissariato Onu per i rifugiati ‘’al coraggio di chi salva vite umane’’.

RELAZIONI BILATERALI


Gheddafi e l’Italia

È del 30 agosto 2008 il trattato di Amicizia e Cooperazione a Bengasi, firmato da Berlusconi e Gheddafi, ratificato dall’Italia il 6 febbraio 2009 e dalla Libia il 2 marzo, durante una visita di Berlusconi a Tripoli.
Nel giugno 2009 Gheddafi ha compiuto la sua prima visita a Roma fra tante polemiche. Il leader libico si è recato al Campidoglio, a La Sapienza (dove ha ricevuto la contestazione degli studenti dell’Onda), alla sede di Confindustria ed ha incontrato le massime cariche italiane. Durante la visita ha mostrato, appuntata sulla divisa militare, una foto dell’eroe della resistenza libica antitaliana Omar al-Mukhtar.


Il Pd e l’Idv si sono opposti alla visita e proteste sono state messe in atto in tutta Italia da attivisti dei diritti umani e dal Partito Radicale Transnazionale. Particolarmente ostili all’accoglienza preparata dal governo sono stati i Radicali Italiani, che hanno organizzato manifestazioni di protesta.


Il discorso pronunciato dal colonnello l’11 giugno 2009, ha destato polemiche per alcuni passaggi: “Gli Stati Uniti sono terroristi come Bin Laden, hanno fatto dell’Iraq un Paese islamico e le dittature non sono un problema se fanno il bene della gente”, “Quale differenza c’è tra l’attacco degli americani nel 1986 contro le nostre case e le azioni terroristiche di Bin Laden?”.


Gheddafi ha preso parte al G8 dell’Aquila del luglio 2009, come presidente dell’Unione Africana. Nell’agosto 2009 Berlusconi ha visitato nuovamente Tripoli per il primo anniversario del Trattato di Amicizia.

IL DOCUMENTO


Il Trattato di Bengasi, amicizia e lotta all’immigrazione clandestina


Il Trattato di Bengasi rappresenta l’accoglimento da parte italiana delle rivendicazioni libiche in materia di risarcimenti per le vicende coloniali: l’Italia pagherà 5 miliardi di dollari alla Libia come compensazione per l’occupazione militare e in cambio la Libia prenderà misure per combattere l’immigrazione clandestina dalle sue coste, e favorirà gli investimenti nelle aziende italiane. Secondo il trattato l’Italia finanzierà la costruzione di un’autostrada di 2mila km lungo la costa libica, con una spesa totale 3,5 miliardi di euro, bilanciata in modo parziale dalla chiusura del contenzioso con le ditte italiane danneggiate dalle decisioni libiche prese nel 1970, che ha un valore stimato di soli 600 milioni. Il Trattato consta di tre parti: principi, chiusura del passato e dei contenziosi, partenariato.


La parte relativa ai principi ha fatto sorgere discussioni relativamente al rispetto dei diritti umani e alla compatibilità del Trattato con la partecipazione dell’Italia alla NATO. L’esplicito riferimento alla Carta delle Nazioni Unite ed alla Dichiarazione universale dei Diritti dell’Uomo dovrebbe costituire una possibilità per l’Italia di chiedere il rispetto dei diritti umani in Libia. La Libia è infatti parte dei principali trattati internazionali in materia di diritti umani, ad eccezione della Convenzione sui rifugiati del 1951, ma è parte della Convenzione africana dei diritti dell’uomo e dei popoli, che contiene norme sul trattamento degli stranieri. Il trattato prevede che ciascuno dei due contraenti non consenta la commissione di atti ostili contro l’altro, a partire dal proprio territorio. Tale clausola andrebbe interpretata in riferimento ad atti che comportano la minaccia o l’uso della forza in contrasto con il diritto internazionale. Non costituirebbe quindi “atto ostile” una dimostrazione di protesta contro la Libia; ma potrebbero sorgere problemi, ad esempio, in caso di navigazione della flotta Usa nel golfo della Sirte, a partire da basi navali in Italia, al fine di rivendicare i diritti di libertà dell’alto mare.


La seconda parte del trattato, relativa alla chiusura del passato, è la più onerosa per l’Italia. Il governo di Roma si impegna a realizzare infrastrutture in Libia per 5 mld di dollari, tramite esborso di 250 mln di dollari all’anno per 20 anni. I fondi sarebbero reperiti tramite addizionale Ires a carico delle aziende petrolifere, l’esecuzione affidata a ditte italiane e i fondi gestiti direttamente dall’Italia.
La terza parte del trattato prevede iniziative meno onerose ma a carico dell’Italia: borse di studio e un programma di riabilitazione per lo scoppio di mine. Il nuovo partenariato potrebbe giovare all’economia italiana grazie all’attrazione di investimenti diretti esteri, nella forma dei fondi sovrani libici, nel settore bancario.