Motovedetta libica spara a motopesca di Mazara del Vallo

LAMPEDUSA (AGRIGENTO) – “È stato un inferno: i proiettili rimbalzavano dal ponte fino alla sala macchine. Ci siamo distesi tutti a terra pregando che nessuno di noi venisse colpito”. Il capitano Gaspare Marrone va in mare da oltre trent’anni, con la sua barca ha affrontato molte volte la burrasca e ha salvato la vita a decine e decine di migranti che avevano fatto naufragio nel Canale di Sicilia. Ma i momenti terribili vissuti ieri sera, insieme con i suoi dieci uomini d’equipaggio, difficilmente potrà dimenticarli. “Ha ragione il comandante, siamo vivi per miracolo”, continuano a ripetere i marinai dell’ “Ariete”, il peschereccio della flotta di Mazara del Vallo mitragliato da una motovedetta libica perché non si era fermato all’alt. Quello che il capitano Marrone e i suoi uomini non sanno ancora, mentre nel porto di Lampedusa ricostruiscono gli attimi convulsi dell’assalto, è che a bordo dell’unità militare libica c’erano anche alcuni uomini della Guardia di finanza italiana. Si tratta infatti di una delle sei motovedette consegnate alla Libia dal governo italiano, nell’ambito del trattato di “amicizia” siglato due anni fa tra i due Paesi.

Il tentativo di abbordaggio è avvenuto intorno alle 22, quando il motopesca si trovava a circa 30 miglia dalle coste libiche, in acque internazionali: “Ci hanno intimato di fermarci – racconta il comandante – ma io, sapendo quello che ci aspettava, ho preferito proseguire spingendo i motori al massimo. A questo punto hanno aperto il fuoco, continuando a sparare a intervalli di circa un quarto d’ora-venti minuti”. Il capitano ha ancora negli occhi il terrore provocato da quei colpi di mitraglia: “Ci hanno inseguito fin quasi dentro le nostre acque territoriali. Solo all’alba, quando eravamo in vista di Lampedusa, ci siamo sentiti in salvo”.

Da anni le autorità libiche rivendicano la loro giurisdizione sul Golfo della Sirte, sequestrando le imbarcazioni mazaresi sorprese a pescare in quel tratto di mare. Ma il capitano assicura che l’ “Ariete”, al momento del tentativo di abbordaggio, stava navigando e non era impegnato in una battuta: “Non avevano nessun diritto di fermarci”. E invece i militari libici, nonostante la presenza a bordo dei finanzieri italiani, hanno usato le maniere “forti” per convincere i marinai a desistere dalla fuga, come testimoniano la fiancata sinistra e la cabina del motopesca sforacchiati dai proiettili: “Hanno sparato all’impazzata. Solo per un caso non hanno provocato l’esplosione di alcune bombole di gas che erano in coperta”, sottolinea Alessandro Novara, uno dei componenti dell’equipaggio. Gli fa eco Tameur Chaabane, un altro marittimo tunisino imbarcato sull'”Ariete”: “I libici sono degli incoscienti, perché sparare all’altezza della cabina di comando significa volere uccidere”.

Ed è proprio il comandante Marrone a sollevare subito, con i suoi marinai, il dubbio che la motovedetta che li ha mitragliati sia uno dei sei pattugliatori italiani “regalati” a Gheddafi. “Non posso esserne certo – spiega – ma era del tutto simile a quelle utilizzate dalla nostra Guardia di finanza e dalla Capitaneria di porto”. La conferma arriverà solo qualche ora dopo, quando l’equipaggio dell'”Ariete” ha già ripreso il mare per proseguire la battuta di pesca nel Canale di Sicilia: “In effetti quando hanno tentato l’abbordaggio – ricorda Marrone – abbiamo sentito qualcuno che dalla motovedetta urlava in perfetto italiano ‘Attenti che sparano'”.

FRATTINI: LIBIA SI E’ SCUSATA – ”A seguito dell’azione della nostra ambasciata, il comandante della Guardia costiera libica ha espresso le sue scuse alle autorita’ italiane per l’accaduto”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ai microfoni del Tg1, in merito alla vicenda del peschereccio italiano preso colpito da colpi di arma da fuoco da una motovedetta libica. ”Il comandante libico ha ordinato di sparare in aria – ha spiegato Frattini – anche se poi purtroppo i colpi sono arrivati sulla barca italiana”.

LIBIA, INCIDENTE NON CAMBIA RAPPORTI – “Il rapporto particolare tra Tripoli e Roma continuerà e non sarà condizionato da questo incidente”. Lo ha detto l’ambasciatore libico a Roma Abdulhafed Gaddur all’ANSA in merito alla vicenda del motopeschereccio italiano preso di mira da colpi d’arma da fuoco provenienti da una motovedetta libica. “Questi errori accadono in varie zone del mondo”, ha spiegato il diplomatico, sottolineando che “le dichiarazioni negative su quanto avvenuto sono da parte di irresponsabili che pescano in acque torbide”. Tripoli, invece, “conferma che il rapporto tra Italia e Libia è più forte di queste polemiche”, ha puntualizzato Gaddur. Infine, l’ambasciatore libico ha ricordato che proprio in questi giorni il negoziato italo-libico apertosi dopo il Trattato di amicizia del 30 agosto 2008 si sta occupando del settore della pesca.