Diritti umani violati in carcere, sciopero dei detenuti italiani

SANTO DOMINGO – “Provate a immaginare un carcere dove ogni più elementare diritto umano venga violato, dove si dorme per terra, dove l’igiene è una parola sconosciuta e le malattie sono all’ordine del giorno, dove per avere acqua e qualcosa da mangiare devi pagare altrimenti muori. Benvenuti nelle carceri della Repubblica Domenicana.

In questo “paradiso” sono detenuti alcuni cittadini italiani completamente dimenticati dalle nostre autorità e lasciati letteralmente al loro destino, tanto che uno di loro, A.S. (il nome è coperto per ragioni di privacy), un italiano di 57 anni che sta scontando una pena detentiva nella Repubblica Domenicana, ha deciso di lasciarsi morire facendo lo sciopero della fame per protestare contro l’inerzia del Consolato italiano di Santo Domingo e contro la mancanza di ogni tipo di assistenza umanitaria nei confronti dei detenuti italiani nelle carceri della Repubblica Domenicana. La denuncia è di Franco Londei, di Secondo Protocollo, associazione vicina ai detenuti italiani nel mondo.

“Il sig. A.S. non è più un ragazzino ed è dimagrito di 30 Kg da quando è in regime di detenzione. Da 13 giorni sta facendo lo sciopero della fame e voci provenienti da quell’inferno dicono che la sua situazione è talmente drammatica da spingere il direttore del carcere a scrivere una lettera all’Ambasciata italiana nella Repubblica Domenicana per protestare contro l’immobilità del Consolato in Santo Domingo. In carcere con lui ci sono altri due italiani. Uno negli ultimi mesi ha avuto ben tre infarti mentre l’altro è in attesa di giudizio da ben 10 mesi per una storia completamente inventata (il classico caso di tentativo di estorsione da parte di un ufficiale della polizia nei suoi confronti), giudizio che verosimilmente verrà rinviato all’infinito perché di prove contro di lui non ce ne sono e un detenuto straniero a Santo Domingo è prima di tutto una risorsa economica da spremere fino all’osso.

E sì, perché in carcere tutto si paga. Con 10/25 pesos si compra una bottiglia di acqua, ce ne vogliono 100 per un piatto di cibo che non sia quello del carcere, il più delle volte immangiabile e irrisorio. Con 1500 pesos si affitta un loculo (è un rialzo cementizio) per un mese, che permette di non dormire sul pavimento dove alberga il massimo della sporcizia e il massimo dei rischi infettivi. E poi si pagano lo spazio, carta igienica, prodotti per la cura della persona, detersivi, schede telefoniche e cellulari, protezione dalla polizia carceraria, e quando questa è assente si pagano altri detenuti, spazio ai servizi igienici di altre celle (ci sono celle di serie A e di serie B, le prime quasi sempre assegnate ai locali che così ci possono lucrare), riparazioni nel carcere, tinteggiatura alle pareti, siringhe, garze, cerotti e guanti in lattice se con fortuna si riesce ad andare in infermeria per una visita, le medicine relative, indumenti, scarpe, insomma si deve pagare tutto tranne i pasti che però vengono forniti senza l’acqua.


Per questi motivi i Consolati di altri Stati europei provvedono mensilmente a sostenere i loro connazionali detenuti a Santo Domingo con visite periodiche e un sussidio che gli permette di vivere o almeno di comprare lo stretto necessario per la sopravvivenza. Ma il Consolato italiano questo non lo fa.
Se consideriamo infatti che per fare un Euro ci vogliono tra 47 e 50 Pesos, con appena due euro al giorno i nostri connazionali potrebbero almeno vivere in una situazione umana la loro detenzione, giusta o ingiusta che sia. Sei euro al giorno per salvare tre vite”.