La Clinton spinge verso i negoziati

Il segretario di stato Usa Hillary Clinton ha affermato a Gerusalemme che il premier israeliano Benyamin Netanyahu e il presidente palestinese Abu Mazen (Mahmud Abbas) sono due “leader seri” e li ha incoraggiati a proseguire nei negoziati – appena ripartiti sotto l’ombrello della mediazione americana – avvertendo che mantenere lo status quo sarebbe impossibile. “È questo il momento da cogliere e sono loro i leader che dovranno prendere le decisioni difficili” ha esortato Clinton, uscendo da un colloquio preliminare con il presidente di Israele, Shimon Peres.

Secondo il segretario di Stato, Netanyahu e Abu Mazen – che erano attesi ieri pomeriggio da un faccia a faccia a Gerusalemme dopo l’avvio della seconda tornata dei colloqui inaugurato martedì a Sharm el Sheikh, in Egitto – “stanno entrando nella sostanza dei problemi” e “hanno cominciato ad affrontare le questioni chiave” del contenzioso. “Tutti – ha poi aggiunto Clinton con una nota di fatalismo – preghiamo per un esito positivo, che sia nell’interesse di tutti”.

L’attuale “status quo – ha del resto sottolineato – è insostenibile” e i negoziati di pace sono la sola via per assicurare da un lato il futuro d’Israele “come stato ebraico e democratico” e dare dall’altro ai palestinesi “uno stato democratico” in cui realizzare il loro diritto all’autodeterminazione.

“Tutti sanno che non c’è alternativa al negoziato”, le ha ha fatto eco Peres. Prima della ripresa formale dei colloqui, Clinton ha incontrato anche il premier dell’Autorità nazionale palestinese (Anp), Salam Fayyad, e – separatamente – il ministro degli Esteri israeliano, l’ultranazionalista Avigdor Lieberman, una delle voci più scettiche sul processo di pace. A metà pomeriggio ha presenziato infine con l’emissario della Casa Bianca per il Medio Oriente, George Mitchell, allo start del secondo faccia a faccia in due giorni fra Netanyahu e Abu Mazen: l’appuntamento era nella residenza del premier israeliano, la stessa nella quale il presidente palestinese ebbe in passato diversi incontri negoziali col predecessore di Netanyahu, Ehud Olmert. I temi cruciali della trattativa erano sempre gli stessi: la definizione dei confini del futuro Stato palestinese, le garanzie di sicurezza invocate da Israele (assieme alla richiesta d’essere riconosciuto formalmente come ‘Stato ebraico’), il destino dei profughi e lo status di Gerusalemme. In negativo pesa però il perdurante contrasto sulla moratoria edilizia (in scadenza il 26 settembre) nelle colonie ebraiche in Cisgiordania: senza il cui rinnovo (auspicato anche da Washington) l’Anp ha più volte minacciato di lasciare il tavolo. Sullo sfondo Gerusalemme appare blindata, in un regime di allerta sicurezza elevata al massimo grado fin da lunedì.