Motopesca: le due ‘verità’ sull’assalto armato

ROMA – Cosa e’ realmente successo in mare, nel Golfo della Sirte, tra la motovedetta libica e il motopesca Ariete? I magistrati e i carabinieri del Ris sono al lavoro per trovare una risposta. Intanto, una prima ricostruzione dei fatti arriva da due diversi canali: un rapporto del Viminale che da’ conto della riunione d’inchiesta convocata ieri su indicazione del ministro Maroni; e le dichiarazioni rese dal comandate dell’Ariete, Gaspare Marrone, all’Ufficio Circondariale Marittimo di Lampedusa, ora agli atti dell’inchiesta della Procura della Repubblica di Agrigento. E quel che ne esce sono due versioni discordanti. Perche’ se il documento ministeriale riporta le fasi di un’azione durata dalle 19.10 alle 20.45 e non riferisce mai di un inseguimento del motopesca da parte della vedetta libica, il comandante del peschereccio parla di un inseguimento di 5 ore, dalle 18.10 alle 23, durante le quali e’ stato piu’ volte aperto il fuoco contro l’unita’ italiana.

Alla riunione convocata ieri al ministero, presieduta dal prefetto Rodolfo Ronconi, direttore centrale dell’immigrazione erano presenti tre rappresentanti delle Fiamme Gialle.

Il primo aspetto che emerge dal verbale dell’incontro riguarda l’operato dei militari della Guardia di finanza sulla motovedetta libica: gli uomini della Finanza hanno agito nel rispetto dei protocolli Italia-Libia, afferma il documento. In tutto sono 23 gli uomini della Finanza impegnati in Libia: 22 militari e un ufficiale. Sei erano su quella motovedetta. In base agli accordi bilaterali durante le attivita’ di pattugliamento operano in borghese, senza gradi, non possono dare ordini o fare controlli: il comando e’ affidato in toto ai libici.

Domenica, quando ”al sopraggiungere degli eventi” il personale della Gdf – come riferisce il verbale – ”si ritraeva sotto coperta”, cioe’ nella parte inferiore dell’imbarcazione, non faceva altro che attenersi ai protocolli d’intesa Roma- Tripoli. Il secondo aspetto riguarda la scansione dei fatti. Il verbale riporta che la motovedetta libica ha intercettato l’Ariete alle 19.10. Il comandate della motovedetta ha ritenuto che si trattasse di pescatori di frodo in acque libiche e ha intimato al peschereccio di fermarsi per un controllo, prima con la sirena, poi in inglese, anche via radio. A questo punto, su richiesta del comandante libico, e’ intervenuto uno degli osservatori della Guardia di Finanza, che in italiano ha chiesto di ”fermare le macchine altrimenti il guardacoste avrebbe fatto uso delle armi”.

L’Ariete non si e’ fermato e alle 19.25 i libici hanno aperto il fuoco, prima in aria, poi in acqua, quindi sullo scafo, riferisce il rapporto. Venticinque minuti dopo, alle 20 il comandante libico ha fatto interrompere l’azione, ha atteso istruzioni della autorita’ locali e alle 20.45 ha disposto il rientro in porto, a Zuwarah. Il rapporto parla del peschereccio come di ”natante fuggitivo” e di ”impossibilita’ di bloccare la corsa”, ma non riferisce di un inseguimento da parte dei libici. Riferisce, pero’, le coordinate nautiche che indicano la posizione della vedetta alle 19.25 e alle 20.45 e stando ai numeri l’imbarcazione avrebbe percorso circa 14 miglia nautiche in direzione nord. La versione fornita dal comandante dell’Ariete traccia un quadro ben diverso: ”Si e’ trattato di un assalto bello e buono, di un tentativo di abbordaggio”, ha detto parlando con i giornalisti. Ma a far testo e’ soprattutto la deposizione fornita all’Ufficio Marittimo. Qui Marrone afferma che i libici hanno aperto il fuoco alle 18.10 ”colpendo ripetutamente il motopesca. Dopo la prima raffica – aggiunge il comandante – cambiavo rotta anche per evitare una collisione”. Successivamente, ”la motovedetta sparava altre raffiche, ad intervalli di circa un’ora, ed io – racconta Marrone – continuavo a cambiare piu’ volte rotta”.

”Solo alle ore 23.00 – secondo la sua ricostruzione – la motovedetta libica desisteva dall’inseguimento e potevamo cosi’ proseguire la nostra navigazione verso Lampedusa”.

FRATTINI, OPPOSIZIONE IN MALA FEDE CONTRO ITALIA – “L’opposizione è sempre in mala fede e contro l’interesse dell’Italia in questi casi”. Lo ha detto il Ministro degli Esteri Franco Frattini, commentando le reazioni alla vicenda della motovedetta libica che ha sparato contro un motopeschereccio italiano. “Maroni ha chiarito quello che non c’era bisogno di chiarire – ha aggiunto Frattini – sparare non è mai nelle regole d’ingaggio, né nei confronti dei pescatori, né nei confronti dei clandestini. Questo è stato chiarito, ma all’opposizione è inutile spiegarglielo”.

Il titolare della Farnesina, da zagabria, dove e’ impegnato nella seconda commissione mista italo-croata, ha aggiunto che sara’ ”l’inchiesta” a ”verificare che cosa e’ successo”. ”Non sono abituato – ha precisato – a trarre conclusioni finche’ l’inchiesta non e’ completata”.

“Assistiamo a una vera e propria inerzia del governo italiano”: così il vescovo di Mazara del Vallo, mons. Domenico Mogavero, presidente del Consiglio Cei per gli Affari giuridici, commenta la vicenda del motopeschereccio siciliano bersagliato dai colpi di una motovedetta libica. “Quello che preoccupa molto – dice all’ANSA mons. Mogavero – è che non ci sia nessuna iniziativa politica che metta mano quanto meno ad affrontare la questione della competenza circa le acque del Mediterraneo”. “Noi siamo molto preoccupati – aggiunge – per la facilità con cui si mette mano alle armi e si attenta alla vita delle persone”.

FRATTINI, EPISODIO GRAVE MA RAPPORTI IMMUTATI. – Un incidente “grave” che però “nulla cambia nei rapporti tra Italia e Libia”, anche se è necessario ridefinire “un accordo di pesca” tra i due paesi. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, commentando la vicenda della motovedetta libica che ieri ha sparato contro un motopeschereccio di Mazzara del Vallo e ribadendo che dalla Libia sono giunte “le scuse formali”.

MARONI, LA LIBIA SI E’ SCUSATA – “Quello che è successo l’altroieri sera è un fatto che non doveva accadere e la Libia si è scusata”. Lo ha detto il ministro dell’Interno, Roberto Maroni, commentando, nel corso del programma Mattino 5, la vicenda del motopescereccio siciliano mitragliato da una motovedetta libica sulla quale erano presenti anche alcuni militari italiani come osservatori. “Io – ha spiegato Maroni, che ha aperto un’inchiesta sull’accaduto – immagino che abbiano scambiato il peschereccio per una nave con clandestini, ma con l’inchiesta verificheremo ciò che è accaduto”. “Voglio capire – ha proseguito il ministro – quello che è successo: la motovedetta libica è una delle sei che abbiamo consegnato al paese nordafricano sulla base di un accordo siglato nel 2007 dall’ allora ministro Giuliano Amato”. A bordo, ha precisato, “ci sono militari italiani che per un periodo forniscono assistenza tecnica ai libici, ma non hanno funzioni di equipaggio. Ieri abbiamo ricevuto il loro rapporto, non sono stati coinvolti nell’operazione e oggi faremo una riunione al ministero per verificare ciò che è accaduto”. “Penso – ha concluso Maroni – che si sia trattato di un incidente grave, ma pur sempre un incidente: studieremo le misure perché non accada più”.

LIBIA, INCIDENTE NON CAMBIA RAPPORTI – “Il rapporto particolare tra Tripoli e Roma continuerà e non sarà condizionato da questo incidente”. Lo ha detto l’ambasciatore libico a Roma Abdulhafed Gaddur all’ANSA in merito alla vicenda del motopeschereccio italiano preso di mira da colpi d’arma da fuoco provenienti da una motovedetta libica. “Questi errori accadono in varie zone del mondo”, ha spiegato il diplomatico, sottolineando che “le dichiarazioni negative su quanto avvenuto sono da parte di irresponsabili che pescano in acque torbide”. Tripoli, invece, “conferma che il rapporto tra Italia e Libia è più forte di queste polemiche”, ha puntualizzato Gaddur. Infine, l’ambasciatore libico ha ricordato che proprio in questi giorni il negoziato italo-libico apertosi dopo il Trattato di amicizia del 30 agosto 2008 si sta occupando del settore della pesca.

FRATTINI: LIBIA SI E’ SCUSATA – ”A seguito dell’azione della nostra ambasciata, il comandante della Guardia costiera libica ha espresso le sue scuse alle autorita’ italiane per l’accaduto”. Lo ha detto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ai microfoni del Tg1, in merito alla vicenda del peschereccio italiano preso colpito da colpi di arma da fuoco da una motovedetta libica. ”Il comandante libico ha ordinato di sparare in aria – ha spiegato Frattini – anche se poi purtroppo i colpi sono arrivati sulla barca italiana”. L’accordo siglato nel 2007 dall’allora ministero dell’Interno, Giuliano Amato, “diceva con chiarezza quali erano le caratteristiche delle pattuglie italo-libiche con a bordo personale italiano. Da allora nulla è cambiato ma in quell’accordo non si dice che le pattuglie dovrebbero lavorare esclusivamente sulle operazioni anti-immigrazione: si tratta di una precisazione che potrebbe essere utile”. E’ quanto ha sottolineato il ministro degli Esteri, Franco Frattini, ricordando che per risolvere il problema alla base dell’incidente di ieri “é in corso un negoziato da tempo, da almeno un anno”. Ed ha spiegato che si tratta di una questione che “per qualcuno può essere irrilevante ma è invece vitale”. Il ministro ha poi ricordato che tra i due paesi esiste un dato di fatto: “Quello di uno spazio marittimo che, ad avviso della Libia, è mare territoriale libico nel quale pacificamente vanno a pescare pescherecci italiani”. In molti casi, ha aggiunto il ministro, “non succede niente, in altri casi ci sono incidenti, sequestri di pescherecci, sequestri del materiale pescato e qualche volta arresti di marittimi italiani che poi sono sempre stati liberati molto rapidamente. E ieri questo incidente grave”.

LA RUSSA, APPREZZO SCUSE LIBIA -“Le scuse della Libia sono giunte a proposito e le ho apprezzate, perché le motovedette hanno un uso specifico: il contrasto all’immigrazione clandestina”. Lo ha detto il ministro della Difesa Ignazio La Russa, parlando dell’ attacco di una motovedetta libica ad un peschereccio della flotta di Mazara del Vallo (Trapani), a margine della cerimonia d’inizio del progetto ‘Vivi le Forze Armate – Militare per tre settimane’ che si è svolto alla caserma Gamerra di Pisa. “Credo che ci sia stato un errore da parte loro – ha aggiunto La Russa – e che questo non possa e non debba più avvenire. Questo non è soltanto il nostro auspicio ma è anche un aspetto da precisare operativamente, come si sta predisponendo a fare il ministro Maroni, che ha avviato un’inchiesta per verificare quanto è accaduto”. Il ministro della Difesa ha concluso che “in futuro non devono ripetersi equivoci di questo genere e l’attuale situazione già non consentirebbe di intervenire per usi diversi da quello del contrasto all’immigrazione clandestina”.

DATI GPS, NAVE IN ACQUE INTERNAZIONALI – Il motopeschereccio ‘Ariete’ si trovava in acque internazionali quando è stato mitragliato dai militari libici a bordo di una motovedetta donata dall’Italia. Dopo il racconto del comandante, anche i dati del sistema Gps confermano che l’imbarcazione è stata attaccata in acque ufficialmente non di competenza delle Libia. I dati del sistema ‘Blue box’ – una sorta di rilevatore Gps che ogni peschereccio al di sopra di una certa stazza deve avere installato a bordo e che consente alle autorità italiane di seguire costantemente le imbarcazioni del nostro paese e sapere esattamente in che posizione si trovano – dicono infatti che l’ ‘Ariete’ era a 30 miglia a nord di Zuwarah, una cittadina sulla costa libica non troppo lontana dalla Tunisia. I dati saranno acquisiti dai magistrati di Agrigento, che hanno aperto un fascicolo per omicidio colposo plurimo. Considerato che il diritto internazionale stabilisce che le acque territoriali finiscono ad un massimo di 12 miglia dalla costa di uno stato, l’Ariete si trovava 18 miglia fuori dalle acque territoriali libiche, nonostante Gheddafi rivendici la giurisdizione anche su quel tratto di mare.