Giustizia: stop a dialogo, Fli ‘dossieraggio contro Fini’

ROMA – La giornata, per Gianfranco Fini ed i parlamentari che lo hanno seguito in Futuro e Libertà, è iniziata con la lettura dei giornali e con la consapevolezza i dover alzare il ponte levatoio del dialogo con Silvio Berlusconi. Il presidente della Camera stesso – mentre riparte il battage del Pdl perché Fini si dimetta da terza carica dello Stato – ne ha parlato con diversi dei suoi al mattino, dopo la pubblicazione sulla stampa dell’atto che attribuirebbe al cognato, Giancarlo Tulliani, la proprietà della società off shore proprietaria a sua volta della casa di Montecarlo.

Un atto, consta a Fini, falso nel suo contenuto o addirittura nella sua stessa stesura, una situazione che il presidente della Camera avrebbe sintetizzato come una “porcheria”. “Lui ne ha gli elementi: è stato confezionato e forse addirittura pagando chi ha agito”, garantisce chi ha parlato con il presidente della Camera. Di fatto, dopo il consueto pranzo del mercoledì, i finiani fanno sapere che si sono bruscamente interrotti tutti i tavoli di dialogo: in primis quello al quale sedevano gli ambasciatori di Berlusconi e Fini sulla giustizia.

Stop ai colloqui tra Angelino Alfano e Italo Bocchino, alle trattative tra Niccolò Ghedini e Giulia Bongiorno sullo scudo per mettere al riparo Berlusconi dalle sue vicende giudiziarie. Basta mani tese, a fronte dell’escalation mediatica partita ad Agosto dalla stampa vicina al premier, a fronte di elementi – dei quali ambienti vicini a Fini sarebbero in possesso – che “evidenziano una vera e propria attività di dossieraggio, con utilizzo di ingenti risorse di denaro in Italia e all’estero al fine di produrre e diffondere documentazione falsa”. La risposta strategica dei finiani passa oggi anche dal sì deciso al mattino dal gruppo sulle intercettazioni a Nicola Cosentino, prima del voto d’aula che di lì a poco ridisegnerà una nuova maggioranza senza i finiani. E senza eccessive defezioni.

“Credo che neppure il relatore Lo Presti, nonostante abbia dovuto ovviamente dichiarare il contrario, alla fine abbia votato no”, rivela un finiano doc. Un terzo atto della guerra in corso – sebbene già annunciato nei giorni scorsi – è anche il deposito alla Camera della mozione Fli contro Augusto Minzolini, direttore del Tg1, e Mauro Masi, direttore della Rai. Insomma, bisogna “rimettersi l’elmetto in testa” e prepararsi all’ok corral, è il peana che risuona al pranzo dei finiani. “Chi ci sta ci sta. E se qualcuno tentenna è bene che cambi strada ora”, strattonano le colombe i falchi. Si va ai materassi, di fronte a quello che i finiani considerano un documento falso, con una “sospetta” escalation mediatica alla vigilia del discorso di Berlusconi alla Camera, il 29 settembre. Il sì a Berlusconi, mette in chiaro il capogruppo Fli Italo Bocchino “é fuori discussione” perché “noi siamo stati tutti eletti per sostenere questo governo”. Ma ogni altra forma di collaborazione “é impossibile” perché “mentre noi lavoravamo alla ricerca di accordi e alla elaborazione di documenti comuni, la controparte si impegnava a realizzare un’opera di dossieraggio con documenti patacca contro il presidente della Camera”.

Fine del dialogo e delle trattative, perciò anche di fronte alla convinzione che nell’operazione mediatica di “dossieraggio” contro Fini sarebbero coinvolti addirittura servizi segreti deviati. Lo dice in chiaro Carmelo Briguglio, chiedendo al Copasir di cui fa parte “una decisa iniziativa in relazione alla pubblicazione di atti “con lo scopo di alimentare la campagna scandalistica contro la terza carica dello Stato italiano”. Si chiede conto pure della “attività della nostra intelligence a tutela delle massime cariche della Repubblica, rispetto a manovre messe in atto anche all’estero ai danni del presidente della Camera dei Deputati”, coinvolgendo Palazzo Chigi e Farnesina.