Rifiuti: arrestato l’assessore alla sanità in Abruzzo

PESCARA – Ruoterebbe tutto intorno al progetto di un impianto di bioessiccazione di rifiuti Tmb in località Carapollo da realizzare sui terreni della società pubblica di gestione dei rifiuti a Teramo, la Team, l’inchiesta che questa mattina all’alba ha consegnato agli arresti domiciliari l’assessore alla sanità della Regione Abruzzo Lanfranco Venturoni (Pdl). Con lui ai domiciliari è finito il proprietario della De.Co., Rodolfo Di Zio, di fatto il monopolista dei rifiuti in Abruzzo. Indagati per corruzione anche due senatori del Pdl, Paolo Tancredi di Teramo e Fabrizio Di Stefano di Tollo (Chieti) e il sindaco di Teramo Maurizio Brucchi (Pdl).


Secondo l’accusa Di Zio – in un periodo che va dal 2006 al 2009 – per realizzare senza gara di appalto il termovalorizzatore, avrebbe elargito denaro, e l’assessore Venturoni avrebbe messo a disposizione la Team per riuscire nel progetto. L’inchiesta, si apprende a palazzo di giustizia è basata su intercettazioni dalle quali con acquisizioni mirate si é arrivati al sequestro di documenti e prove documentali. Venturoni, all’epoca dei fatti presidente della Team, dalla quale si è dimesso nel novembre 2009 – 11 mesi dopo essere stato nominato assessore alla sanità della neo Giunta Chiodi – é accusato di «appropriazione di risorse pubbliche, concretanti peculato, tutte funzionali al congegnato e sistematico piano di svuotamento per successiva acquisizione della Deco, delle utilità patrimoniali appartenenti alla Team, con lo scopo ultimo di far ottenere alla predetta azienda privata, senza il ricordo al metodo dell’appalto pubblico», «la costruzione e la gestione di un impianto di bioessiccazione di rifiuti a Teramo». Nell’inchiesta è citata anche la Ecodeco di Milano, alla quale sia Venturoni che Di Zio avrebbero offerto, in cambio della cessione gratuita della tecnologia per l’impianto teramano, di essere «ammessa a partecipare della realizzazione di un impianto di incenerimento di rifiuti in Abruzzo», con l’affidamento diretto dell’appalto «ad una società a cui avrebbero partecipato tanto i Di Zio quanto la Ecodeco».