Afghanistan: Bomba e spari, morti quattro militari italiani

ROMA – Quattro militari italiani sono rimasti uccisi in Afghanistan per l’esplosione di un ordigno nel distretto del Gulistan, a circa 200 km a est di Farah, al confine con l’Helmand. Lo conferma la Farnesina. Un quinto soldato è rimasto gravemente ferito ma non sarebbe in pericolo di vita.


Le vittime, tutte in forza al 7° reggimento alpini di stanza a Belluno, inquadrato nella brigata Julia, sono il primo caporal maggiore Gianmarco Manca (nato ad Alghero il 24 settembre 1978), il primo caporal maggiore Francesco Vannozzi (nato a Pisa il 27 marzo 1984), il primo caporal maggiore Sebastiano Ville (nato a Lentini, provincia di Siracusa, il 17 settembre 1983) e il caporal maggiore Marco Pedone (nato a Gagliano del Capo, in provincia di Lecce, il 14 aprile 1987).


Il militare rimasto ferito è il caporal maggiore scelto Luca Cornacchia (nato a Pescina, in provincia dell’Aquila, il 18 marzo 1972). Il soldato è cosciente, ha riportato ferite a un piede e traumi da esplosione ma non versa in pericolo di vita. Attualmente si trova ricoverato presso l’ospedale da campo statunitense di Delaram, da dove ha raggiunto telefonicamente la moglie per aggiornarla sulle proprie condizioni. Le generalità dei militari sono state rese note dal ministro della Difesa, Ignazio La Russa durante una conferenza stampa. Le salme, ha informato il ministro, dovrebbero rientrare in Italia entro le prossime 48 ore.


Il generale Massimo Fogari, capo ufficio stampa dello Stato Maggiore della Difesa ha riscostruito la dinamica dell’attacco. Un ordigno è esploso, alle ore 9.45 locali, al passaggio di un convoglio logistico investendo il mezzo sul quale si trovavano i 4 militari italiani morti e il ferito. Prima la deflagrazione, poi ‘spari a tiro teso’ ad opera dei guerriglieri contro un’autocolonna di 70 mezzi compresa la scorta costituita dal blindato ‘Lince’ su cui si trovavano i nostri connazionali.


– L’attacco è stato contro un’autocolonna – ha spiegato il generale Fogari – che stava portando materiale nella provincia del Gulistan per costruire una base avanzata. Il pronto intervento dei militari a scorta della colonna ha messo in fuga i guerriglieri.


Per il generale si tratta di un tipico attacco: «fanno esplodere un ordigno, poi aprono il fuoco e quindi si danno alla fuga».


Da parte sua il ministro La Russa, dopo aver espresso profondo cordoglio e dolore per le vittime, ha spiegato che il convoglio di mezzi civili e militari attaccati oggi dai terroristi afghani era già stato presa di mira ieri.


– Il mezzo sul quale viaggiavano i militari uccisi è saltato in aria a causa di un ordigno nonostante il veicolo fosse dotato di un dissuasore elettronico che impedisce che via radio possa essere lanciato il segnale di esplosione. I militari caduti erano esperti – ha spiegato il ministro – e aveva già partecipato a tre missioni internazionali.


La Russa ha poi ribadito che «è necessario che l’addestramento delle forze armate afghane prosegua in modo che entro il 2011 il rientro dei nostri militari diventi un fatto concreto e non solo un auspicio». La zona dove è venuto l’attentato, ha poi aggiunto, era stata sotto il controllo italiano poi era passata sotto quello americano e, ultimamente, era stata restituita al controllo ai nostri soldati.


– Per questo, – ha precisato – voglio verificare se non ci sia la necessità di una qualche misura ulteriore di sicurezza da prendere perché gli americani presenti in quella zona erano molti di più rispetto ai nostri.


Il ministro La Russa ha poi lanciato un appello affinché «di fronte a tragedie del genere il seme della concordia possa germogliare più facilmente nel ricordo di chi ha dato la vita per la Patria e per la pace».


– Quando ci sono fatti di questo genere – ha detto – tutto il resto passa in secondo ordine, le polemiche, i conflitti politici e i contrasti. Quando sento parlare di ritiro in occasione di un evento luttuoso, come quello di questa mattina, più che una critica mi viene in mente lo sciacallaggio – sottolinea il ministro -. La critica è legittima – conclude – ma l’importante è che sia fondata e non sia pretestuosa e strumentale.


Il Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano, appresa con profonda commozione la notizia del gravissimo attentato in cui hanno perso la vita quattro militari italiani impegnati nella missione internazionale per la pace e la stabilità in Afghanistan – rendendosi interprete del profondo cordoglio del Paese – esprime i suoi sentimenti di solidale partecipazione al dolore dei famigliari dei caduti. Lo rende noto un comunicato del Quirinale.


Ma è tutto il mondo politico ad unirsi intorno alle famiglie dei militari italiani riamsti uccisi.


A partire dal presidente del Consiglio Silvio Berlusconi:


«Ho appreso con dolore la notizia del tragico agguato ai nostri ragazzi impegnati a riportare la pace in Afghanistan. Siamo vicini alle loro famiglie come lo sono, ne sono sicuro, tutti gli italiani. Attendo con trepidazione notizie sull’altro nostro militare ferito. Siamo grati a tutti i soldati italiani che, nelle diverse missioni in tante parti del mondo, consentono al nostro paese di mantenere i suoi impegni internazionali a favore della pace e contro ogni forma di terrorismo».


Profondo cordoglio ha espresso anche il ministro degli Esteri Franco Frattini, secondo cui «l’attentato contro i militari italiani è un altro esempio dell’altissimo costo umano che siamo costretti a pagare per una missione fondamentale per la nostra sicurezza nazionale». Il ministro sottolinea che «i terroristi che minacciano l’Europa vengono purtroppo da quelle aree di crisi e instabilità come l’Afghanistan ed è nostro dovere respingerli per non dare loro la possibilità di avvicinarsi alle nostre case e alle nostre famiglie».


Il titolare della Farnesina aggiunge che «siamo assolutamente impegnati affinchè a partire dal prossimo Vertice della Nato a Lisbona, a novembre, si possa definire la nuova fase di transizione della strategia internazionale in Afghanistan e venga accelerata, provincia per provincia, l’assunzione delle responsabilità di sicurezza e controllo del territorio da parte dalle forze afgane alla cui formazione l’Italia ha dato un contributo eccezionale ed unanimente riconosciuto e di cui siamo fieri».


In quell’occasione, spiega Frattini, «avrò direttamente l’occasione di fare il punto sulla strategia internazionale in Afghanistan alla riunione dei rappresentanti speciali dei ministri degli Esteri per l’Afghanistan ed il Pakistan che si svolgerà a Roma il 18 ottobre e alla quale parteciperanno anche il Ministro degli esteri afghano Zalmai Rassoul e le più alte cariche internazionali impegnate in Afghanistan, tra le quali il comandante delle operazioni militari, generale David Petraeus ed il rappresentante generale delle Nazioni Unite Staffan De Mistura».


Dall’opposizione però, oltre al cordoglio, emergono anche alcuni dubbi e interrogativi sulla missione in Afghanistan.


Il segretario del Partito democratico Pierluigi Bersani esprime il suo «cordoglio». E aggiunge:


– E’ ora che l’Italia chieda una vera puntualizzazione della strategia. Bisogna vedere quali sono le prospettive reali in una situazione del genere, una situazione sul campo molto difficile e dalle prospettive incerte. Bisogna riflettere assieme con gli alleati su cosa voglia dire questa famosa nuova fase, essendo chiaro che non si può agire fuori dal contesto delle alleanze.


Piero Fassino, responsabile esteri del Pd, ribadisce che «la presenza militare in Afghanistan non risolve tutti i problemi ma è ancora necessaria». Per Fassino «dobbiamo stare lì finchè il paese non diventa stabile, fino a che non sappiamo che cosa lasciamo»


– L’Afghanistan – sostiene – era il regno dell’oscurantismo quando siamo arrivati e dava rifiugio ad Al Qaeda. Tutti i nostri militari sono stati uccisi, anche oggi, mentre erano impegnati in azioni di pace, la differenza tra un esercito impegnato per la pace e uno che fa la guerra è che il primo, come fa il nostro, non spara per primo, ma spara soltanto per difendere se stesso e la popolazione civile.


Per il responsabile esteri del Pd, «la pace non basta evocarla ma bisogna prendersi la responsabilità politica, e qualche volta anche militare, di intervenire».


– La forza – conclude – è l’extrema ratio ma quando la pace è in pericolo bisogna intervire per garantire stabilità e sicurezza.


Non la pensa così però Antonio Di Pietro, secondo cui «oggi è il giorno del lutto, e dovremmo stare in silenzio, ma sono stati troppi i silenzi su questa guerra».


– Adesso basta – afferma categorico -. Il governo si assuma le sue responsabilità e richiami immediatamente il nostro contingente. L’Italia dei valori in Parlamento -aggiunge Di Pietro- ha chiesto il ritiro dei nostri militari. La missione che avrebbe dovuto essere di pace ha cambiato i suoi connotati, trasformandosi in missione di guerra. Non ha più senso nè logica rimanere in Afghanistan in queste condizioni.


Non si fa attendere la replica del ministro della Difesa, Ignazio La Russa secondo cui parlare di ritiro «in occasione di un evento luttuoso» significa fare «sciacallaggio».