Afghanistan, italiani attaccati 200 volte

Negli ultimi 6 mesi imilitari italiani impegnati in Afghanistan hanno subito oltre 200 attacchi. E’ uno dei dati resi noti in occasione della cerimonia di avvicendamento tra la brigata alpina Taurinese e la brigata alpina Julia alla guida del Regional Command West, il comando Nato responsabile per la regione occidentale dell’Afghanistan. Il bilancio comprende “eventi” di diversa intensità, dagli attentati con gli esplosivi agli scontri a fuoco più duri, costati delle vittime, passando per le banali “scaramucce”.

In particolare, gli attacchi con Ied, i micidiali ordigni artigianali “improvvisati”, sono stati cinque e hanno provocato duemorti,mentre gli Ied neutralizzati, sempre nell’arco dello stesso periodo, sono stati ben 61. Undici i nascondigli di armi individuati, una ventina le occasioni in cui è stato necessario fare ricorso ai mortai, soprattutto nell’area di Bala Murghab. Una parte consistenti di attacchi ricade nella categoria dei “tic”, acronimo di troops in contact, che comprende gli scontri a fuoco veri e propri (come quello costato la vita al tenente Alessandro Romani)ma anche, ad esempio, i colpi sparati in segno di avvertimento. La brigata alpina Julia ha assunto ieri la guida per i prossimi sei mesi del Regional Command West, il comando Nato forte di oltre 7mila militari di undici nazioni, tra cui 3.600 italiani (metà dei quali alpini).

Il generale Marcello Bellacicco ha ricevuto la bandiera della Nato dalle mani del generale Claudio Berto, comandante della Taurinense, alla presenza del sottosegretario alla Difesa Guido Crosetto e del comandante dell’Isaf Joint Command, il generale Usa David Rodriguez. Tra aprile e ottobre di quest’anno – ricorda il portavoce, maggiore Mario Renna – il contingente internazionale guidato dal generale Claudio Berto “ha operato su un’area grande quanto l’Italia del nord, popolata da circa 3 milioni di persone, con molti risultati di rilevo all’attivo: zone un tempo terreno d’azione dagli insorti oggi pacificate e ripopolate, centinaia di progetti di sviluppo realizzati, migliaia di poliziotti e soldati afgani addestrati, centinaia di ordigni disinnescati dal genio. Le operazioni sono state condotte in collaborazione con le forze di sicurezza locali secondo un approccio italiano che ha visto mettere la popolazione afgana al centro degli sforzi, coinvolgere le comunità e i leader locali nell’affrontare i problemi legati alla sicurezza e allo sviluppo, realizzare i progetti di ricostruzione tramite risorse locali, usare flessibilità senza rinunciare ad essere determinati, adoperare le armi solo se attaccati e quando necessario”.