Caso Marchionne: unanime la condanna

ROVIGO – Continua a far discuterel’intervista di Sergio Marchionne a ‘Che tempo che fa’ in cui l’ad del Lingotto ha dichiarato che l’Italia è un peso per la Fiat.
– Marchionne mi sembra che ieri abbia dimostrato, pur essendo italo-canadese, di essere piu canadese che italiano – ha detto il presidente della Camera Gianfranco Fini ieri nel corso di un incontro con gli studenti al Teatro sociale di Rovigo -. E’ del tutto naturale che un top manager non italiano lo dica, ma è paradossale che lo dica l’amministratore delegato della Fiat: Fabbrica Italiana Automobili Torino, perché se la Fiat è un grande colosso lo deve al fatto che per grandissimo tempo è stato il contribuente italiano che ha consentito alla Fiat di non affondare.


Fini, dopo aver criticato la presa di posizione di Marchionne, ha spiegato:
– Non mi meraviglio se un manager internazionale dice a noi classe dirigente ‘attenzione non riusciamo più a stare nel mercato in una concorrenza così serrata. Non c’è dubbio che in Serbia il lavoro costa molto meno che da noi – osserva – . Ed è proprio per questo che l’Italia in questa fase di competizione globalizzata, per vincerla, non può puntare sulla quantità ma – conclude – sulla qualità.


Anche il segretario generale della Cgil Guglielmo Epifani commenta, dalle colonne di ‘Repubblica’, le dichiarazioni dell’ad del Lingotto:
– La verità è che Marchionne vorrebbe andarsene dall’Italia.
– Ora le ragioni della Fiom sono più valide e chiare agli occhi di tutti – sottolinea da parte sua Giorgio Cremaschi, segretario nazionale Fiom . Per il segretario piemontese della Fiom, Giorgio Airaudo, Marchionne non può “pensare che la competitività del sistema Italia e la produttività dipendano solo dai lavoratori che accettando turni di lavoro diversi e rinunciando a qualche pausa possono cambiare le sorti del Paese’’.


Il segretario generale della Uil Luigi Angeletti nota come “il nostro Paese per la Fiat rimane uno dei migliori mercati europei”.
– Senza l’Italia – spiega ai microfoni di CNRmedia -, non vedo dove la Fiat possa costruire le auto da vendere in Europa.


Mentre il segretario della Cisl, Raffaele Bonanni, in una intervista al ‘Corsera’, lancia all’ad la sfida di arrivare “al pieno utilizzo degli impianti in cambio non solo del salario di produttività, ma anche della ripartizione degli utili’’.


Le affermazioni di Marchionne, per Francesco Cavallaro, segretario generale della Cisal, devono far riflettere il mondo della politica sulla “nuova realtà dell’economia planetaria”.
– Molti lavoratori – assicura – vogliono stare a fianco di chi produce per uscire dalla palude della crisi e creare insieme un futuro migliore senza rinunciare a diritti costati tante lotte e sacrifici.
Roberto Di Maulo, segretario Generale del sindacato autonomo Fismic, condivide l’analisi del manager del Lingotto che “ha scoperchiato la pentola dell’industria italiana’’.


Sul fronte politico, per Daniele Capezzone, portavoce del Pdl, “anziché polemizzare su una provocazione verbale di Marchionne, occorrerebbe concentrarsi sulla sfida di competitività a cui l’Ad Fiat giustamente ci richiama’’.


Dal Pd il responsabile economia e lavoro del partito, Stefano Fassina, sottolinea come “oltre a scaricare le responsabilità sui sindacati, il dott. Marchionne dovrebbe dire quali sono i contenuti del piano Fabbrica Italia. Il governo da parte sua invece di stare a guardare dovrebbe finalmente mettere in campo una politica industriale per il settore auto’’.
– Marchionne ha 100 ragioni – nota il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini – perché l’alternativa per i lavoratori italiani è che tiri giù la saracinesca delle aziende targate Fiat in Italia e vada in Serbia e delocalizzi, per cui bisogna guardare in faccia alla realtà e non illudersi che sia diversa.


Dure critiche arrivano infine dal leader dell’Italia dei Valori, Antonio Di Pietro che giudica ‘“offensive e indegne’’ le parole di Marchionne.
– E’ noto a tutti – spiega – che la Fiat ha sempre ricevuto denaro pubblico, così come è noto che è stata salvata, alcuni anni fa, dal sistema bancario italiano, e che – conclude – la cassa integrazione attiva nelle fabbriche Fiat, da metà del 2008, è pagata dai contribuenti italiani’’.