Berlusconi: «Governo tecnico rovesciamento della democrazia»

ROMA – Stretto fra il ‘caso Ruby’, gli affondi di Gianfranco Fini e i malumori interni al suo stesso partito, Silvio Berlusconi mette tutti in guardia sui rischi di un governo tecnico. Un grido di allarme, più che un monito, visto che il premier sembra appellarsi in primo luogo al capo dello Stato.
– Non credo che il presidente della Repubblica potrebbe mai consentire un rovesciamento del risultato elettorale con al governo chi ha perso le elezioni e all’opposizione chi le ha vinte. Sarebbe un rovesciamento della democrazia – dice parlando con Bruno Vespa per l’ultimo libro del conduttore.

Anticipazione solitamente sempre aggiornata. Scontato il desiderio del Cavaliere di proseguire la legislatura.
– Ci sono – sottolinea il premier – ovvie ragioni per sconsigliare il voto visto che in un momento di crisi economica globale come questo, da cui ancora non si è usciti, le elezioni produrrebbero un danno grave al Paese.

In questa fase, paventa, ”si scatenerebbe una campagna elettorale con forti contrasti tra le forze politiche” e per i cittadini si ”creerebbe una situazione davvero sconcertante”. Berlusconi parla anche di legge elettorale.
– Il ritorno alle preferenze non farebbe vincere i migliori, ma quelli che hanno maggiori fondi a disposizione – sostiene difendendo il premio di maggioranza senza il quale ”la stabilità dei governi non è assicurata”. Elogia infine le donne del Pdl, affermando che in Aula sono molto più presenti dei colleghi uomini. Ma soprattutto elogia il modello del Tea Party lanciato dai Repubblicani Usa, con parole che rischiano di alimentare nuovi malumori nel suo partito.
– Il sistema americano con due partiti ‘leggeri’ fuori dalle stagioni del voto – dice -, mi ha sempre interessato e noi pensiamo di procedere nella stessa direzione.

Nessuno nel partito commenta i complimenti di Berlusconi al modello di Sarah Palin. Un silenzio che può essere letto come freddezza da parte di un partito già in subbuglio e pieno di scontenti. Ma al momento e sull’ipotesi di governo tecnico che si concentrano le alte sfere di via dell’Umiltà. Che accolgono con un sospiro di sollievo le parole di Roberto Maroni.
– Nella Lega non si è parlato di Governo tecnico, perchè non c’è questa possibilità: ce ne è uno in carica e se questo cade si deve andare al voto – dice il ministro leghista, smentendo le ricostruzioni della riunione di alcuni giorni fa a via Bellerio.

L’allarme nel Pdl, però, resta altissimo. Non solo per l’ennesimo affondo di Fini che approfitta del ‘caso Ruby’ per criticare pesantemente il premier e fissare dei paletti in tema di giustizia, ma soprattutto per il fatto che l’appello lanciato da Sandro Bondi per far ripartire il dialogo non solo con il presidente della Camera, ma anche con i centristi dell’Udc, viene respinto al mittente da entrambi.

”Siamo in bilico: si può scegliere di tentare di farla finita con l’odiato Berlusconi, oppure si può scommettere in una ricomposizione dell’area moderata” scrive il coordinatore del Pdl in una lettera aperta a Fini e Casini al Corriere della Sera.
Apertura che trova la strada sbarrata di futuristi e centristi. I primi parlano di proposta tardiva; i secondi neanche rispondono, limitandosi a chiedere – per bocca del segretario Lorenzo Cesa – le dimissioni del governo e una ”fase politica nuova”.

I nervi nel Pdl sono sempre più scoperti. E non è un caso che anche i fedelissimi del premier tornino a criticare apertamente Fini. Maurizio Lupi definisce ”gravi” le parole del leader di Fli ”sull’interdizione” che i suoi parlamentari dovranno fare ”alle leggi a favore del premier”’ poichè dimostrano che ”dimentica il ruolo istituzionale”. Ancora più duro Guido Crosetto che si chiede come mai nessuno si scandalizzi per ”le telefonate alla Rai per farsi assegnare appalti”. Un chiaro pur se implicito riferimento proprio a Fini.