Strauss-Kahn: «Bruciati 30 milioni di posti di lavoro»

ROMA – Oltre 30 milioni di posti di lavoro bruciati dall’inizio della crisi e, in vista, altre possibili perdite per arrivare fino a 400 milioni di disoccupati: è il bollettino di guerra che il direttore generale del Fondo monetario internazionale, Dominique Strauss-Kahn, lancia al Forum internazionale dello sviluppo umano per tornare ad indicare l’urgenza di uno sviluppo che si concentri di più sulla creazione di occupazione.
– Nel quadro della nuova globalizzazione, la prima priorità è l’occupazione, la seconda è l’occupazione e la terza è l’occupazione – è il giro di parole che usa il direttore generale del Fondo proprio per enfatizzare l’urgenza del problema, che affianca a quello della vigilanza del sistema finanziario internazionale.

Parlando al Forum di Agadir Strauss Kahn rimarca, infatti, anche l’esigenza di ‘’fare molto di più per quanto riguarda la vigilanza sul settore bancario’’.
– Si possono avere le migliori regole del mondo – sostiene – ma se non si vigila sulla loro attivazione, allora è tutto inutile.


La crisi, confermano intanto i dati ufficiali dell’Ilo, l’Organizzazione internazionale del lavoro delle Nazioni Unite, ha causato perdite di posti di lavoro su larga scala e un livello di disoccupazione mai avuto prima: 210 milioni di persone, 30 milioni in più dal 2007. Ma, ha più volte fatto notare proprio questa organizzazione, è il deficit globale di posti di lavoro che frena la crescita economica e, soprattutto, crea tensioni sociali.

Guardando avanti, e per colmare il deficit di posti di lavoro determinato dalla recessione, il mercato globale ha bisogno di 440 milioni di nuovi posti di lavoro nei prossimi 10 anni. ‘’E questa è solo la punta dell’iceberg’’.
Secondo l’agenzia dell’Onu, infatti, da un lato una ripresa della crescita fragile e debole, e dall’altro la tendenza a ritardare misure che riducano il deficit di posti di lavoro si traduce a sua volta in nuova fragilità economica che può mettere a rischio la stabilità sociale.
– Più tarderemo a invertire la contrazione ciclica dell’occupazione, più gravi diventeranno i problemi strutturali che risalgono a prima della crisi – sostiene infatti l’istituzione che invita però ad evitare di riproporre quelle stesse politiche che hanno portato alla crisi.


La riforma dell’economia e del mercato del lavoro, insomma, non dovrebbe diventare una riformulazione post-crisi della supremazia della deregolamentazione come strumento politico. Meno di un mese fa, sempre il Fondo, aveva lanciato l’allarme della crescita della disoccupazione sottolineando che ‘’i tre quarti di questo aumento è sperimentato nelle economie avanzate’’.


Nell’area euro il tasso di disoccupazione veniva stimato dall’Fmi al 10% nel 2011, mentre la percentuale delle economie avanzate risulta dell’8,2% e del 96% per gli Stati Uniti.