Bersani: pressing su Fini “Ora è tempo di agire”

ROMA – La mozione di sfiducia è pronta ma per ora resta nel cassetto in attesa del nuovo strappo che, sono convinti nel Pd, Gianfranco Fini farà sabato a Perugia. Non si ferma invece il pressing di Pier Luigi Bersani sui finiani, un pressing che non nasce solo dalla speranza ma anche dai contatti che corrono sul filo del telefono negli ultimi giorni.


“Non abbiamo davanti settimane o mesi ma giorni e ore, chi ha voglia di fare qualcosa, questo è il tempo”, è l’appello di Bersani, rivolto anche alla Lega e a settori di ex Fi, per bloccare “la deriva morale e sociale” ma anche per impedire che Berlusconi-Sansone muoia “con tutti i Filistei”.


Ai piani alti del partito democratico si sommano segnali che indicano un’accelerazione in settori della maggioranza per staccare la spina al governo e per tentare la carta di un esecutivo tecnico.
Il Ruby-gate e l’intervento del premier sulla Questura di Milano non ha provocato solo una nuova presa di distanza dei finiani. Se Berlusconi tira dritto, tra i peones del Pdl, raccontano esponenti democratici, c’è forte disagio e non sono passate inosservate ieri le critiche sui quotidiani di centrodestra, dalle “perplessità” espresse sul Giornale da Marcello Veneziani all’editoriale di Maurizio Belpietro su Libero.


E così Bersani torna a suonare “la sveglia”: “E’ ora di superare i tatticismi e di mandare a casa Berlusconi. Il Pd si mette a disposizione per una ragionevole riscossa”. Che, fuori di metafora, significa disponibilità a presentare la mozione che metta ko il governo e poi via libera “ad una soluzione che dia un segnale di discontinuità per il bene del Paese”, ossia ad un governo di larghe intese.


Una road map che ha già l’appoggio esplicito dell’Italia dei Valori e, in modo più cauto, anche dell’Udc che comunque è netto nel negare soccorsi in extremis al Cavaliere. Il leader Pd non vuole tirare per la giacca il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, “sarà lui a valutare la situazione” ma difende un eventuale governo di transizione, o di solidarietà nazionale, come piace all’Udc, contro chi, come il ministro Calderoli, parla di “golpe”. “Noi – garantisce il leader Pd – non pensiamo a tradimenti ne’ a ribaltoni. Il colpo di stato lo ha fatto il centrodestra, tradendo il paese e portandolo nella palude”. Un governo che vada da Fli a Idv e che, secondo il timing democratico, “mentre riforma la legge elettorale fa anche uno stralcio di riforma fiscale e interviene a favore dell’occupazione giovanile”.


E’ modulabile, secondo Bersani, l’agenda di un esecutivo di transizione in attesa di capire chi, una volta staccata la spina, resterà sul carro del Cavaliere e chi correrà ai ripari. Per questo il capogruppo Dario Franceschini ha lanciato gli ami del federalismo al Carroccio, sirene che però il Senatur non sembra voglia ascoltare. Anche perché è vero che il Pd “per tirare il paese fuori dal caos” lavora per la discontinuità, ma questo non vuol dire che possa ingoiare tutti i rospi.


“Non siamo pronti a tutto, non ci si può aspettare che facciamo da stampella per un governo di centrodestra”, è il paletto di Bersani all’ipotesi, tutta giornalistica, di un sostegno del Pd ad un esecutivo della Lega.