Dissidente cinese contro Cameron “Con Jiabao parli di diritti umani”

Il primo ministro cinese Wen Jiabao, ricevendo il suo omologo britannico David Cameron, ha affermato che la sua visita in Cina sarà “fruttuosa”. Cameron, che è accompagnato da una maxi-delegazione di una cinquantina di imprenditori, spera di rilanciare gli scambi commerciali con Pechino ma rischia di essere messo in imbarazzo sul terreno dei diritti umani. In un’intervista alla rete televisiva Bbc, l’artista Ai Wei Wei, fortemente critico del regime cinese e reduce da un periodo di arresti domiciliari, ha chiesto al premier britannico un pronunciamento pubblico sui diritti umani. “Lo deve al popolo cinese, un popolo che sacrifica i propri diritti”, ha detto.

“Lo deve fare pubblicamente, non solo in privato, perché in quel modo non funzionerà, perché privatamente sappiamo che è sbagliato e c’è nemmeno bisogno di parlarne”, ha aggiunto l’artista. Prima di partire da Londra, Cameron ha affermato che la questione dei diritti umani – riemersa con forza dopo l’attribuzione al dissidente detenuto Liu Xiaobo del premio Nobel per la pace – “verrà discussa” a Pechino. “Abbiamo veramente un dialogo di alto livello con la Cina su una serie di problemi, che vanno dall’ economia al commercio e agli affari ma certamente anche ai diritti umani. E deve essere così”. La Cina, irritata per il Nobel a Liu, un professore di letteratura di 54 anni condannato ad 11 anni di prigione per i suoi scritti a favore della democrazia, ha chiesto ai governi europei di non mandare i loro inviati alla cerimonia di consegna del premio che si terrà a Oslo il 10 dicembre. Nessun Paese europeo ha finora chiarito le proprie intenzioni.

“Certo – ha proseguito Cameron – non faremo prediche ma abbiamo un dialogo su è giusto avere un dialogo su questi problemi e questo è quello che fa la nostra relazione”. Il premier, al suo primo viaggio in Cina dopo aver assunto la carica in maggio, ha sostenuto che cerca “una relazione più stretta” con la Cina e ha sottolineato che la chiave della politica estera britannica è quella di “suonare il tamburo” delle relazioni commerciali.