Tutto l’impegno di Trento per i bimbi di Ramallah

La guerra dello scorso anno e l’isolamento in cui versa oggi la Striscia di Gaza hanno enormemente accresciuto il disagio psicologico e sociale della popolazione palestinese, circa un milione e mezzo di persone fra residenti “storici” della Striscia e profughi.

In particolare, a farne le spese sono i bambini: lo stress generato dal fatto di vivere in una zona di guerra (anche se attualmente le armi tacciono) e i gravi traumi prodotti dal conflitto – come la perdita di molti familiari o della casa – hanno di fatto privato i più giovani della possibilità di condurre un’infanzia e un’adolescenza “normali”. Per questo la Provincia autonoma di Trento e la Croce Rossa trentina hanno deciso di avviare – sotto l’egida della Croce Rossa nazionale e in collaborazione con la Mezzaluna Rossa – un progetto di assistenza psicosociale che farà perno sul centro di Khan Yunnis.

Il progetto è stato avviato con un incontro ufficiale svoltosi a Ramallah – città della Cisgiordania che è anche la sede dell’autorità palestinese – fra i vertici della Croce Rossa trentina e nazionale, l’assessore Beltrami e il presidente della Mezzaluna Rossa palestinese Younis Al Khatib.

“Apprezziamo molto il vostro aiuto – ha detto il presidente Younis – e siamo certi che questo intervento in una zona così difficile quale è la Striscia di Gaza rafforzerà la presenza della Croce Rossa in Palestina e in generale la cooperazione con l’Italia”.

“Siamo molto contenti di questa collaborazione – ha detto a sua volta l’assessore Beltrami – che si inserisce nel solco delle iniziative avviate dal Trentino per supportare il processo di pace in Medio Oriente. Sappiamo di avere strumenti di intervento limitati ma tutto quello che è in nostro potere fare lo faremo.” L’assessore alla solidarietà internazionale ha anche illustrato brevemente l’iniziativa “Officina Medio Oriente”, avviata in Trentino con il supporto di numerose personalità del mondo ebraico e arabo e ha colto l’occasione per invitare il presidente Younis alla prossima edizione della manifestazione, che si terrà sempre a Trento il prossimo anno. In questi giorni alcuni volontari della Croce Rossa trentina hanno già visitato un altro centro di assistenza psicosociale aperto dalla Croce Rossa italiana nella città di Hebron. Nei prossimi giorni si recheranno a Gaza per un primo contatto con la realtà locale; dopodiché, valutate le necessità più urgenti, partiranno alla volta della Striscia i primi volontari trentini.

Come illustrato dal delegato della Croce Rossa nazionale Onorato, l’approccio basato sui centri di assistenza, rispetto a quelli sviluppati da altri organismi internazionali, è stato particolarmente apprezzato dalla Mezzaluna Rossa: “Un centro come quello aperto a Gaza, oltre a diventare un punto di riferimento per i bambini e i preadolescenti della regione rappresenta anche la sede dove concentrare le risorse umane in termini di psicologi, volontari e assistenti. Qui si possono fare attività di formazione rivolte al personale volontario, incontrare le famiglie dei bambini, rilevare i bisogni sociali e psicologici principali. Non interveniamo sulla malattia mentale vera e propria, non ci sono le condizioni; lavoriamo sulle patologie generate dallo stress ‘ininterrotto’ prodotto dalla vita in una realtà come quella di Gaza e dai traumi della guerra. Rendetevi conto che ci sono persone che da questi pochi chilometri quadrati non sono mai usciti: uno degli psicologi che collaborano con il centro, a 30 anni, ha potuto vedere Gerusalemme, che dista poco più di un’ora di macchina, per la prima volta solo grazie a noi. Ma le nostre attività non si svilupperanno solo all’interno del centro; pur partendo da qui esse si estenderanno naturalmente anche all’esterno, nelle scuole, nelle case, in tutte le situazioni di bisogno.

L’assessore Beltrami ha partecipato ad un incontro all’università di Gerusalemme frequentata dagli Haredim, gli ebrei ultra-ortodossi, una comunità molto chiusa e molto distante anche dalle posizioni dello stesso Stato israeliano. E’ stata un’occasione del tutto speciale perché per la prima volta hanno varcato la soglia dell’Università alcune donne – leader delle comunità di appartenenza – appartenenti ad altre religioni e ad altre componenti del variegato mosaico di popoli che abitano questa regione. Al centro dell’esperienza Suha Ibrahim, Adina Bar Shalom, Nuha Farran, Faten Zenaty, Basima Halabi, Angelica Calò Livnè, appartenenti alle comunità ebraica, arabo-musulmana, cristiana, drusa, beduina. Si è ricomposto, in altre parole, il gruppo delle “cinque donne per la pace” che a Trento ha animato la prima edizione di Officina Medio Oriente e che sta producendo enormi sforzi in favore del dialogo interreligioso qui in Israele.