Berlusconi: «O la fiducia o tutti al voto, ma solo alla Camera»

MILANO – «Noi andremo avanti al Governo con la fiducia che, sono sicuro, avremo al Senato e, credo, anche alla Camera, ma se a Montecitorio andasse male si andrà a votare per la Camera stessa». Così il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi intervenendo per telefono alla convention ‘Dalla parte del cavaliere’ ieri a Milano. Il premier, nel suo breve intervendo nel quale assicura che non sarà dimissionario, non perde occasione per l’affondo contro la Rai, che considera «indegna» e i quotidiani, che invita a non leggere.
Immediate naturalmente le repliche. Sullo scioglimento di una sola camera, il Pd dice «delirio di un uomo a cui è sfuggita di mano la situazione», i futuristi tornano ad invitare Berlusconi alle dimissioni.
Ad intervenire nel dibattito sul futuro del governo anche il ministro per la Semplificazione Calderoli che sostiene categorico:
– O voto o Berlusconi bis. La Lega resta leale al premier perchè lui lo è stato con noi.
Il voto, invece, sarebbe invece «solo una perdita di tempo», per il leader dell’Udc, Casini il quale chiede che sulla sfiducia si cominci alla Camera.
– Lo scioglimento della Camera? E’ una ipotesi che la Costituzione non esclude. Se e quando si arriverà a questo punto, se ne discuterà – Afferma, dal canto suo, Maurizio Gasparri, presidente dei senatori del Pdl, interpellato telefonicamente a proposito della possibilità di sciogliere soltanto una delle due Camere
– Abbiamo una programmazione ben definita – spiega Gasparri – Prima si approva la Legge di stabilità e dopo Berlusconi andrà in Parlamento a chiedere la fiducia, a partire dal Senato.
Ma il senatore è ottimista anche sulla tenuta del governo.
– Secondo me Berlusconi vuole andare al voto, perciò gioca al ribasso. Io giocherei invece al rialzo – è quanto dichiara Umberto Bossi, conversando con i giornalisti a Sant’Omobono Terme (Bergamo) a margine di una manifestazione pubblica. Bossi ha risposto così alla domanda su cosa pensasse della possibilità di andare al voto solo alla Camera come detto dal Premier.
– A me Fini ha detto che non gli dà fastidio vedere Berlusconi fare il presidente del Consiglio – sostiene il Senatur.
Ride e scherza, il ministro e leader della Lega Umberto Bossi , quando i giornalisti gli fanno i nomi di chi potrebbe prendere il posto di Berlusconi come premier, facendo «no» con la testa ad un ridda di nomi.
– Chi potrebbe sostituire Berlusconi? – conclude Bossi prima di allontanarsi dai microfoni ridendo – Io, e poi vedete…
Per il capogruppo di Fli alla Camera, Italo Bocchino, «l’ipotesi del solo scioglimento della Camera in caso di sfiducia è un escamotage che ha il solo obiettivo di tranquillizzare quei senatori pronti a sostenere un percorso di responsabilità che eviti al Paese l’ennesima campagna elettorale». E ribadisce che sarebbe opportuno che il governo si dimettesse.
– Se la risposta di Berlusconi a una crisi di governo ormai conclamata – aggiunge Bocchino – è questa c’é da preoccuparsi seriamente per le istituzioni e per la soluzione dei problemi degli italiani. Restiamo convinti che sarebbe opportuna una scelta nell’interesse dell’Italia, con le dimissioni del governo e l’avvio di un percorso virtuoso che richiami tutte le forze politiche alla responsabilità verso i cittadini».
Il premier domani terrà oggi un incontro ad Arcore con i vertici della Lega Nord sulla tenuta dell’esecutivo. Alla riunione oltre a Berlusconi e Bossi dovrebbero prendere parte anche i ministri leghisti, Roberto Maroni e Roberto Calderoli, ed i coordinatori del Pdl, Ignazio La Russa, Denis Verdini e Sandro Bondi.

Sciogliere la Camera? Molti dubbi costituzionali

ROMA – E’ possibile sciogliere una sola Camera nel caso in cui il governo ottenesse la fiducia unicamente in un ramo del Parlamento? I costituzionalisti sono perplessi su quanto prospettato dal premier Silvio Berlusconi. Tutti concordano che ‘’in astratto’’ nulla vieta di tornare alle urne per eleggere i deputati e non i senatori, ma a livello pratico i dubbi non sono pochi e c’è addirittura chi – come Michele Ainis, ordinario di diritto pubblico all’Università Roma Tre – arriva a bollare l’ipotesi come ‘’irragionevole e pericolosa’’.
– Dal punto di vista logico non funziona – afferma -. Il premier sostiene che sia possibile sciogliere la Camera perchè solo lì rischia di non ottenere la fiducia. Ma il ragionamento si può rovesciare: perchè non sciogliere il Senato? – si chiede Ainis – Inoltre, c’è il pericolo di un altro cortocircuito. Avremmo infatti due rami del Parlamento con due possibili maggioranze diverse e con tempi sfalsati: la scadenza del Senato resterebbe al 2013, mentre quella della nuova Camera sarebbe nel 2015.
Una ‘’discrasia politica e temporale’’ di tal genere fa ritenere al professore dell’Università Roma Tre che ‘’Napolitano difficilmente potrebbe accettare una soluzione simile’’.
E invece – secondo il presidente emerito della Corte Costituzionale Antonio Baldassarre – nulla vieta al Capo dello Stato di acconsentire allo scioglimento di solo una delle Camere.
– Certo, sarebbe una prima volta per motivi politici – spiega -. In passato (dalla nascita della Repubblica fino al 1963, quando la norma cambiò, ndr) il Senato, la cui legislatura era di sei anni, veniva sciolto con un anno di anticipo per farlo coincidere con il rinnovamento quinquennale della Camera.
Detto questo, secondo Baldassare ‘’tutto dipende dalla valutazione del Capo dello Stato una volta sentiti tutti i gruppi parlamentari’’.
– Nel caso in cui la maggioranza dei gruppi fosse favorevole allo scioglimento di una sola Camera – prosegue -, allora Napolitano potrebbe anche procedere. Ci deve però essere il clima politico favorevole. Inoltre – fa notare -, una richiesta del genere può rivelarsi un’arma a doppio taglio perchè se ci fosse una preponderanza allo scioglimento di entrambi i rami del Parlamento, allora sarebbe matematico che il Capo dello Stato indirebbe le elezioni.
L’ipotesi prospettata da Berlusconi deve però ottenere il consenso della maggioranza delle forze parlamentari di entrambi i rami del Parlamento e non solo della Camera da sciogliere, avverte Massimo Siclari, ordinario di diritto costituzionale all’Università Roma Tre. Che in ogni caso nutre ‘’forti dubbi’’ a livello logico:
– Se il motivo è rendere omogenee le due maggioranze, niente assicura che la nuova maggioranza alla Camera sarà la stessa di quella attuale al Senato. Piuttosto – conclude Siclari – le soluzioni per favorire una maggiore funzionalità delle Camere potevano essere diverse: innanzitutto, trasformare il Senato in Camera delle Autonomie alla quale togliere la competenza di dare la fiducia al governo; in secondo luogo, cambiare la legge elettorale. Ma – conclude – capisco che a molti faccia comodo così com’è…’’.

Le cifre della «fiducia»: al Senato Ok quasi certo

ROMA – Il premier Silvio Berlusconi si mostra prudente ma ottimista: dopo la Finanziaria andrà in Parlamento ed è convinto di ottenere la fiducia del Senato e forse anche della Camera. Ma il risiko dei numeri di Montecitorio e Palazzo Madama non è totalmente roseo per la maggioranza. E questo vale in particolare alla Camera dove a conti fatti al governo mancano sette deputati per raggiungere con certezza la quota 316 necessaria per incassare la fiducia. In Senato invece il governo è molto più tranquillo grazie però anche al fatto che il quorum si abbassa per l’assenza quasi scontata di alcuni senatori a vita. Ecco, in pillole, la situazione:
MONTECITORIO, Centrodestra a -7 – I deputati del Pdl (234) e della Lega (59) sono in totale 293 ai quali vanno aggiunti 11 parlamentari di Noi sud e Pid, Francesco Pionati dell’Alleanza di centro e il repubblicano Francesco Nucara arrivando a quota 306. L’opposizione (206 Pd; 24 Idv; 35 Udc; 6 Api) è a quota 271 e con Fli (37) ed Mpa (5) si arriva a 312 (va escluso infatti Fini perchè in genere, per prassi il presidente non vota).
Alla maggioranza mancherebbero, così, 10 deputati per arrivare a quota 316. E’ ipotizzabile, però, che con il governo votino Bruno Cesario, (ex Api e componente della commissione Bilancio dove sulla Finanziaria ha generalmente votato con il centrodestra), Maurizio Grassano, ex leghista e ora componente dei Liberaldemocratici (con Daniela Melchiorre e Italo Tanoni che dovrebbero votare invece no alla fiducia) oltre che Massimo Calearo che si astenne nel voto di fiducia ai cinque punti programmatici delineati dal premier alla Camera ma fino all’ultimo valutò anche l’opzione del sì. La quota per il governo arriva così a quota 309, ovvero a meno sette dal fatidico 316 necessario. SENATO, Governo sicuro senza i Senatori a vita – A Palazzo Madama il Pdl (134 senatori) e la Lega (26) sono a quota 159 se si toglie il voto del presidente Renato Schifani che , per prassi, non vota .
In ogni caso 159 è la cifra esattamente sufficiente per ottenere la fiducia se, come è probabile, dal computo dei presenti ai fini del quorum (321) andranno levati Carlo Azeglio Ciampi, Rita Levi Montalcini, Sergio Pininfarina e Giulio Andreotti che da tempo non vanno a votare. L’opposizione più Fli ed Mpa e contando anche il voto di Adriana Poli Bortone si ferma invece appena a quota 145.

Pd: «Governo di responsabilità nazionale aperto al Pdl»

ROMA – Un governo di responsabilità nazionale, per risolvere le emergenze del Paese, aperto “alla parte sensata del Pdl’’. La crisi non si è ancora consumata, ma il Pd pensa già al dopo. E con l’appello di Enrico Letta getta un amo alla ‘parte buona’ del centrodestra in vista del voto di fiducia alle Camere e del percorso da compiere qualora il governo Berlusconi dovesse cadere. Un piccolo passo in avanti, forse, rispetto ai ragionamenti fatti negli ultimi giorni dal partito di Pier Luigi Bersani, che finora ha sempre fatto pressing sul Fli corteggiando il terzo polo. E guarda in avanti anche la richiesta del capogruppo alla Camera, Dario Franceschini, secondo cui Silvio Berlusconi “è obbligato a venire alla Camera e non può andare in quell’altra perchè pensa sia più vantaggioso per lui’’.
– All’Italia, del resto, serve un governo politico – osserva ancora Letta – e non ribaltoni nè governi minimi e, tantomeno, un Berlusconi bis, ma un governo di responsabilità nazionale guidato da una grande personalità forte per l’economia, come il ‘super Ciampi’ che nel ‘93 ha tolto il Paese dal pantano.
Un’impresa storica, per la quale secondo l’esponente del Pd serve anche il contributo della parte sana del Pdl, a cui chiede di pensare “agli interessi del Paese’’.
– Date vita insieme a noi – e l’appello del vicesegretario del maggiore partito dell’opposizione al centrodestra – a un governo che gestisca l’attuale fase difficile, per affrontare la crisi economia, cambiare la legge elettorale e tagliare i costi della rappresentanza.
Sono ‘’le tre priorità’’ del Pd, come le definisce Letta, a cui fa da sponda il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini, tornato a rilanciare l’ipotesi di un governo di responsabilità nazionale.
– Berlusconi ha perso la maggioranza – dice – e una campagna degli stracci che duri cinque mesi sarebbe una perdita di tempo.
Niente voto anticipato, dunque, ma “una soluzione dignitosa che serva al Paese’’, aggiunge l’ex presidente della Camera, per il quale la discussione della sfiducia al premier deve iniziare alla Camera, e non al Senato come invece vorrebbe il Cavaliere, ‘’per un criterio minimale di correttezza istituzionale’’.
L’asse tra Pd e Udc, con quest’ultimo partito che guarda sempre di più al Terzo Polo con Api e Fli, non va gi`yu ad Antonio Di Pietro.
– Dalla crisi non usciremo – dice l’ex magistrato – se, invece di pensare a una politica economica diversa, il centrosinistra cercherà di allearsi con chi magari non vuole più Berlusconi, però vuole continuare a fare di lui le stesse identiche cose.
Una critica rivolta proprio a “quelli del Terzo Polo’’, che accusa di avere votato i tagli orizzontali della Finanziaria e ritiene ‘’complici di chi sta uccidendo l’Italia’’. Le alleanze, e il futuro, sono anche nei pensieri di Rifondazione comunista, che con il suo segretario nazionale Paolo Ferrero propone la costruzione di ‘’un fronte democratico’’, ma senza il coinvolgimento di Gianfranco Fini.