Cresce a Milano il numero dei venezolano-italiani

CARACAS – Oggi è in piena campagna elettorale. Raccolta la sfida, Giancarlo Di Martino è il candidato del Psuv a sindaco di Maracaibo, la città più importante del Paese dopo la capitale. Ma appena qualche settimana fa, quando lo incontrammo in Italia, era ancora il Console Generale del Venezuela a Milano. Una responsabilità non indifferente. Ed infatti, se Roma è la capitale del Belpaese ed il centro indiscusso dell’attività politica e legislativa della penisola, Milano non solo è il cuore della moda mondiale e del “fashion” inteso in senso lato, ma, soprattutto, il crocevia nevralgico dell’economia italiana.


Di Martino lo abbiamo incontrato nel suo ufficio alle spalle del Duomo, a pochi passi da Piazza San Babila, un tempo famosa perchè luogo di riunione e d’incontro dei violenti e facinorosi vicini al “terrorismo nero” ed oggi per la “domenica del predellino” che diede il via al Partito della Libertà, movimento che sebbene nato con tanto entusiasmo non è stato capace di interpretare le istanze della destra liberale ed ora per molti rappresenta solo il tramonto di un modo decadente di far politica. Con Di Martino abbiamo parlato, tra le altre cose, dei venezolani d’Italia, del loro lavoro ed aspirazioni, e dell’immagine che si ha del Venezuela nel Belpaese.


– Nel nord-Italia, nella circoscrizione di mia competenza – afferma Di Martino -, risiedono circa 7 mila connazionali. E’ un numero importante che tende a crescere. I nostri cittadini, per lo più, risiedono nella provincia di Milano. Molti sono studenti. Non deve meravigliarci. L’università Bocconi ed il Politecnico hanno accordi di collaborazione con le nostre università “Central” e Metropolitana. Proprio qualche giorno fa, in seguito a questi accordi, sono arrivati alcuni studenti borsisti.


– Qual è il profilo del venezolano che risiede in nord-Italia?
– Innanzitutto – spiega -, sono venezolano-italiani. Con questo voglio sottolineare che sono venezolani o venezolane che hanno sposato cittadini italiani; emigrati nel nostro paese che, dopo anni di lavoro e sacrificio, hanno deciso di tornare in Italia con la famiglia. Il Consolato stesso è espressione di questa realtà. Vi lavorano giovani venezolani che da tanti anni vivono in Italia. Alcuni sono nati in Venezuela e sono venuti in Italia adolescenti al seguito dei genitori.


E’ proprio vero, tutto il mondo è paese. Infatti, anche nel Consolato del Venezuela a Milano, come quello d’Italia a Caracas, l’ufficio passaporti è tra i più visitati. Ma, come sottolinea il Console Generale in Prima, Eleanor Franchi, che ci accompagna in questa conversazione con il Console Generale Di Martino, anche agli altri uffici non manca lavoro.


– Ed infatti, – sottolinea -, giornalmente riceviamo la visita di una settantina di connazionali che richiedono i nostri servizi.
– I residenti nella mia circoscrizione – continua il Console Di Martino – sono in prevalenza oriundi di Ciudad Bolìvar, Valencia e Caracas ma con sorpresa – aggiunge sorridendo -, ho incontrato anche amici zuliani, “maracuchos”. Mi hanno fatto sentire come a casa mia. Anche in Consolato, tra i miei funzionari, ve ne sono alcuni nati a Maracaibo. In quanto alle professioni… abbiamo in prevalenza falegnami, elettricisti, fontanieri ma anche professionisti.


Per quel che riguarda, poi, la loro integrazione nel tessuto sociale della regione, il Console sostiene che è un processo spontaneo che non incontra grosse difficoltà. Forse, aggiungiamo noi, anche perchè nel fondo la maggior parte dei venezolani residenti nel Belpaese hanno origini italiane.
– In Italia, specialmente in questi ultimi anni, hanno trovato spazio movimenti xenofobi che alimentano sentimenti ostili nei confronti degli immigrati. Lo leggiamo quotidianamente sulla stampa italiana. Se può essere di conforto non è un fenomeno esclusivo dell’Italia, ma ciò non toglie che sia motivo di preoccupazione…
– E’ un tema che abbiamo affrontato con numerose istituzioni – interviene Di Martino -. La crisi economica alimenta questi sentimenti ostili. E la disoccupazione, specialmente quella giovanile, ancor di più. L’idea comune è che la manodopera straniera tolga lavoro a quella italiana, ma in realtà non è così. L’immigrante, oggi, è impiegato nei lavori piú umili. Ad esempio, è assai comune incontrare camerieri di origine peruviana o ecuadoregna, pizzaioli egiziani o parcheggiatori africani e così via dicendo. La mano d’opera immigrante colma un vuoto. La domanda che ci si dovrebbe porre è un’altra: dove sono gli italiani? Credo che questo tema meriti un’analisi profondo. Ho l’impressione che il fenomeno della xenofobia ha le sue origini nella perdita di valori nelle nuove generazioni.


Si chiede cosa accadrà con tutti gli extracomunitari che oggi lavorano in Italia e sottolinea che, al contrario delle coppie costituite da immigrati, quelle italiane sono sempre piú vecchie e con meno figli.
– Sono convinto – prosegue – che l’Italia deve aprirsi all’emigrazione come fecero Argentina, Brasile e lo stesso Venezuela negli anni ’50. L’Italia deve aprirsi allo straniero. Dobbiamo prendere coscienza della nuova realtà e delle dinamiche che essa ci impone. La sfida che si presenta anche al nostro Consolato, in questo contesto – commenta -, è assai impegnativa. Avere una struttura completa, come quella del nostro ufficio consolare di Milano, dimostra l’impegno, il desiderio di attivare tutti i convegni che esistono tra Venezuela e Italia. Ad esempio, quello sul trapianto del midollo osseo.
Sostiene che ogni qualvolta arriva un malato dal Venezuela per sottoporsi ad un trapianto, l’intero Consolato si attiva per rendere meno difficile la già traumatica permanenza a Milano e nella struttura ospedaliera.

Un “maracucho” a Milano

Giancarlo Di Martino ha ripercorso a ritroso il cammino dei genitori. Loro emigrarono in Venezuela in cerca dell’agognata tranquillità e di lavoro che la Madrepatria non poteva offrire; lui, rappresentante di una generazione che si è preparata nelle aule universitarie, è tornato alla terra dei genitori da diplomatico.


– Un’esperienza straordinaria – ammette -. Ad esempio, mi permette di studiare come a Milano abbiano affrontato il problema del trasporto pubblico. Credo che sia un esempio da imitare; così come credo che sia da imitare l’organizzazione della pulizia della città. Raccogliendo informazioni su questi ed altri aspetti, e facendole arrivare agli organismi competenti credo che si possa aiutare il Venezuela a superare alcune difficoltà.


La promozione della città, poi, considera che sia un aspetto che merita attenzione ed una profonda riflessione.
– Milano è considerata la città della moda – sostiene -. Non è un caso. La sua promozione non è eventuale ma permanente. Ad esempio, fin d’oggi, si lavora per la grande manifestazione espositiva che avverrà a Milano nel 2015. Nulla si lascia al caso o all’improvvisazione.


Per quel che riguarda, poi, il calore umano della città, il console non può non sottolineare le differenze enormi tra il carattere dei “maracuchos” e quello dei milanesi. E’ una differenza che tutti conosciamo: il milanese è una persona “fredda”, scostante, dura e molto regionalista. Non a caso i venezolani si sentono molto più identificati col napoletano, meno calcolatore e più improvvisatore.


– Anche così, sono contento – afferma – E poi ho trovato a Milano tanti “maracuchos”. Anche in consolato ho funzionari di origine zuliana. Insomma, quando vado in ufficio, mi sento come a casa.

Una maggior presenza

Presenza, partecipazione. Sembrano queste le parole d’ordine imposte dal Console Di Martino. Lo scopo? Conquistare spazi importanti non solo a Milano, ma in tutta Italia.
– Vi sono piccoli consolati latinoamericani – ci dice – che sono presenti ad ogni manifestazione. Che si impegnano nella promozione culturale, e non solo culturale del proprio paese. Ecco, questo è quel che dobbiamo fare.


Il Console Di Martino, nonostante a Milano da pochi mesi, è riuscito a contagiare i colleghi con il suo entusiasmo. Si reputa fortunato e lo afferma apertamente. Sostiene di essere coadiuvato, in questa sua missione diplomatica, da funzionari che, come la Console Franchi che ci accompagna durante l’intervista, nonostante siano ancora assai giovani hanno già acquisito tanta esperienza. Completano lo staff di De Martino il Console in Prima, Luis Martìnez, il Console in Seconda, Ivan Delmar ed il Vice Console Luis Octavio Lugo. Comunque, anche loro poco potrebbero fare, nonostante tutta la buona volontà e spirito di servizio – buona volontà e spirito di servizio confermateci dai venezolano-italiani incontrati a Milano – senza un “team” ben coeso, costituito da giovani venezolane-italiane, che da dietro le quinte agisce con efficienza e professionalità.


Dalla cultura il discorso scivola lentamente ma inevitabilmente alla promozione turistica del Venezuela.
– Purtroppo il dilagare della criminalità nel paese spaventa il turista. Quali azioni avete intrapreso per contrastare l’immagine che oggi si ha del Venezuela in Italia?
– Abbiamo valutato attentamente cosa desidera il turista italiano – ci dice -. Quando viaggia vuole belle spiagge, sicurezza ed essere trattato con gentilezza. Purtroppo, quando si parla del nostro Paese si tocca sempre il tema dell’insicurezza. Noi stiamo cercando di sensibilizzare sul tema le agenzie di turismo, che molte volte orientano i clienti verso altri paesi. Ed abbiamo parlato anche con altri consolati, come quello dell’Ecuador, del Perù, di Cuba, di Repubblica Domenicana, per stabilire una strategia comune che ci permetta di pubblicizzare i nostri paesi, le mete turistiche, come un insieme.


Ed aggiunge che il Venezuela non solo va rivalutato come destinazione turistica ma anche promosso come possibile meta di investimenti.
– Già, il Venezuela è il nord del sud e può rappresentare un interessante base per lo sviluppo di Joint Ventures orientate all’esportazione. La loro nascita, poi, potrebbe essere facilitata dalla presenza di tantissime aziende italo-venezolane…
– Proprio così – sostiene il Console Di Martino -. Il nostro Paese può rappresentare uno sbocco interessante per prodotti finiti, ma anche per la tecnologia di cui abbiamo tanto bisogno. Abbiamo importanti punti di riferimento. Ad esempio, l’Eni e le aziende che operano nell’ambito del progetto ferroviario.