Kabul è in ansia e aspetta il vertice

Nel momento in cui la Nato si accinge a discutere a Lisbona di una ‘road map’ per il trasferimento della sicurezza in Afghanistan alle forze nazionali, a Kabul vi sono incertezza ed opinioni discordi sull’impatto futuro di questa iniziativa.

Le posizioni vanno da chi pensa che il vertice (19-20 novembre) avrà una importanza storica, a quanti ritengono invece che fino a quando l’Afghanistan non disporrà di forze efficienti, decisioni premature potrebbero avere effetti nefasti. Da parte sua, anticipando i temi in discussione a Lisbona, il portavoce della componente civile della Nato a Kabul, Daminac Medley, ha indicato che l’approvazione di una strategia di transizione della sicurezza alle forze afghane “non creerà un vuoto di potere”. Partecipando ad un dibattito, l’ex generale e parlamentare, Nuralhaq Olumi, ha ricordato che “circa 48 paesi sono impegnati nel sostenere qui da noi la stabilità. Dovranno decidere che fare per il meglio, ma è ovvio che stabilità in Afghanistan significa stabilità per la regione e per il mondo intero”.

Nella Conferenza di Kabul di luglio i partecipanti hanno deciso sull’ipotesi di un trasferimento della sicurezza dalla Forza internazionale di assistenza alla sicurezza (Isaf, sotto comando Nato) alle autorità afghane entro la fine del 2014.

Da parte sua l’analista politico Fazulhrahman Oria ha riferito che a suo avviso il vertice di Lisbona sarà un appuntamento cruciale per l’Afghanistan e fornirà un piano d’azione per la Nato e per il governo per i quattro prossimi anni. Commentando l’ipotesi di trasferire presto la responsabilità della sicurezza a esercito e polizia afghani, un esperto militare, Javid Kohestani, ha sostenuto che salvo pochi casi, nella maggior parte delle province si verificano gravi episodi di violenza. “Deve esserci prima una fase di lavoro coordinato – ha spiegato – e sarà importante chemai più case afghane siano perquisite unicamente da forze internazionali. Dovranno essere sempre presenti uomini della sicurezza afghana. E cittadini afghani non dovranno essere più incarcerati all’estero. Una volta ottenuto ciò – ha concluso – potremo asserire di essere pronti a garantire la nostra sicurezza in modo indipendente”. Circa poi la possibilità che la provincia occidentale di Herat (che è sotto supervisione militare italiana) possa essere fra le prime in cui avviare la transizione, Muhammad Rafiq Shahir, presidente del locale Consiglio dei professionisti, ha invitato “a prudenza e riflessione”. “Effettivamente la sicurezza ad Herat è migliore che in altre parti del paese – ha osservato – e, data anche l’ostilità della sua popolazione all’opposizione armata, penso che in linea di principio le forze di sicurezza afghane ce la potrebbero fare a sconfiggere le minacce interne”. Ma il vero problema, ha proseguito – è che “l’attuale situazione non è una questione locale ma un problema regionale, in cui sono coinvolti paesi vicini come Iran e Pakistan. Senza una soluzione per questo penso che gli afghani non potranno fare fronte alle sfide che li attendono”.