Governo, Fli ritira la delegazione e apre la crisi

ROMA- Dopo giorni di discussioni Futuro e Libertà per l’Italia apre la crisi di governo ritirando la sua delegazione. Le lettere di dimissioni del ministro per le Politiche europee Andrea Ronchi, del viceministro allo Sviluppo economico Adolfo Urso e dei sottosegretari Roberto Menia e Antonio Buonfiglio, saranno recapitate in queste ore al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi.


– Saranno recapitate in queste ore la dimissioni mie, di Ronchi e dei due sottosegretari Buonfiglio e Menia – conferma Urso a SkyTg24 -. Dimissioni irrevocabili, perché vogliamo chiudere una fase politica e con un nostro atto di responsabilità aprirne una nuova che serva al Paese per realizzare le riforme che sono assolutamente necessarie.


Se si dovesse arrivare al voto anticipato «per scelte altrui traumatiche», aggiunge Urso, Fli guarderà ad «un’altra coalizione di centrodestra con forme che si richiamano alle forze del popolarismo europeo, quindi con Casini, Lombardo, Api e comunque con le altre forze sociali e produttive del Paese che vogliono nel centrodestra e dal centrodestra cambiare e rinnovare la politica, voltare pagina e fare davvero le riforme».


Con il ritiro della delegazione di Futuro e libertà dal governo «si sta consumando il tradimento», commenta il ministro del Lavoro, Maurizio Sacconi.


– Ora si dovrà innanzitutto – ha affermato il ministro – vedere il comportamento delle Camere a partire dal Senato, perché il presidente del Consiglio legittimamente dovrà verificare se ha un consenso innanzitutto in quella Camera. Se nelle Camere non ci dovesse essere il consenso, io credo che gli italiani – ha sottolineato – non possano essere espropriati del loro diritto di scegliere chi li guida. Io credo che valga una regola oggettiva: o Berlusconi o elezioni, nel senso – ha concluso il ministro – che questa legislatura è nata con una scelta inequivoca degli elettori.


Mentre il portavoce del Pdl Daniele Capezzone sottolinea:


– Oltre alle dimissioni anche troppo a lungo preannunciate dai quattro esponenti finiani, servirebbero quelle di chi, come Gianfranco Fini, come non è mai accaduto a questi livelli nella storia della Repubblica, sta usando un incarico super partes in modo partigiano e fazioso.


Dall’opposizione il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini chiede al presidente della Camera Gianfranco Fini di «difendere, nell’esercizio della sua funzione, il diritto costituzionalmente garantito» dei firmatari di portare al voto la mozione di sfiducia «prima, e non successivamente, ad un voto di fiducia chiesto dal governo al Senato, al solo fine di sottrarsi al voto della Camera dei deputati».