Myanmar, San Suu Kyi può riabbracciare il figlio

Aung San Suu Kyi potrà finalmente riabbracciare il figlio minore Kim Aris, che non vede da dieci anni al pari del maggiore, Alexander: la giunta militare al potere nel Myanmar, l’ex Birmania, ha infatti concesso al giovane il visto d’ingresso.

A raffreddare l’entusiasmo per il prossimo incontro, però, è sopraggiunta la decisione della Corte Suprema birmana di bocciare il ricorso presentato contro il regime dai legali della leader dell’opposizione, in seguito allo scioglimento del suo partito, la Lega Nazionale per la Democrazia. Il rilascio del visto a Kim Aris è stato annunciato da uno degli avvocati della vincitrice del premio Nobel per la Pace ’91, Nyan Win, secondo cui il 33enne figlio di Suu Kyi si trova a Bangkok, è materialmente in possesso dei documenti necessari e “sta cercando di arrivare” nel Paese di origine della madre. La madre, ha aggiunto il legale, andrà ad accoglierlo di persona all’aeroporto di Yangon, la vecchia capitale un tempo chiamata Rangoon.

La leader dissidente era stata liberata dagli arresti domiciliari il 13 novembre scorso, dopo oltre sette anni di clausura. Stando all’ambasciata britannica a Bangkok, la sera della liberazione Aung San Suu Kyi ha potuto avere una “emozionante” conversazione telefonica con Kim Aris. Quando era relegata ai domiciliari o in carcere, condizione nella quale ha trascorso circa quindici degli ultimi 21 anni, alla carismatica donna, che mai ha potuto conoscere i nipoti, non erano consentiti ne’ l’uso del telefono ne’ l’accesso a Internet. Quanto al ricorso, fonti governative hanno precisato che i giudici non si sono nemmeno presi la briga di respingerlo nel merito, limitandosi a dichiararlo del tutto irricevibile. La Lega era stata sciolta d’ufficio dal regime dopo che i suoi dirigenti avevano annunciato il boicottaggio delle elezioni del 7 novembre scorso, vinte dai militari ma bollate alla stregua di una mera farsa tanto dagli oppositori quanto dagli stessi Paesi occidentali.

In maggio la Corte Suprema birmana aveva già respinto una prima azione legale presentata per conto della Nobel per la Pace, che aveva lo scopo d’impedire la dissoluzione del principale partito di opposizione. Nel frattempo è stata annunciata la sospensione delle pubblicazioni fino a data da destinarsi a carico di nove testate, tra quotidiani e settimanali, per aver essi dedicato ampio spazio al recente rilascio di San Suu Kyi.