Napolitano, l’abbraccio della comunità ebraica

“Io sono alfiere dell’Italia nei rapporti con la comunità ebraica con il nostro paese”: sono le uniche parole che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano dice lasciando la sede del sesto congresso dell’Unione delle Comunità ebraiche (Ucei) dove è giunto intorno a mezzogiorno poco dopo l’arrivo di Gianfranco Fini. Entra in sala subissato dagli applausi e siede in prima fila, con accanto Fini, il sindaco Gianni Alemanno, il presidente della Regione Lazio Renata Polverini e altri esponenti dell’ebraismo italiano, tra i quali l’ex presidente dell’Unione Tullia Zevi che fu artefice dell’Intesa con lo stato del 1987 dalla quale nacque appunto lo Statuto dell’Ucei.

“Sappia, caro e illustre presidente – sottolinea nel suo discorso di accoglienza Renzo Gattegna, presidente dell’Unione – che per difendere questi valori, dei quali lei è il sommo custode e tutore, gli ebrei italiani saranno sempre al suo fianco”. Un’affermazione che viene subito dopo il richiamo alle “tragiche” esperienze del passato subite dagli ebrei italiani “per la difesa della libertà, dell’eguaglianza, della democrazia e di tutti i valori solennemente enunciati nella nostra Costituzione. Gli ebrei – prosegue – non hanno mai smesso di lottare e tengono ben alta la vigilanza”.

E ancora prima aveva ricordato l’apporto dato al Risorgimento, all’Unità della nazione, alla Prima Guerra mondiale alla resistenza contro le dittature da parte degli ebrei italiani che “hanno sempre manifestato – sottolinea – fedeltà agli ideali, senso di appartenenza e spirito di sacrificio”. Gattegna sottolinea “come purtroppo gli ebrei furono ricambiati dal fascismo, che perpetrò un atroce tradimento, promulgando le leggi del 1938 e ponendosi al fianco dei nazisti nelle persecuzioni e nella ‘soluzione finale’”.