Pennichella sul lavoro? Può costare il posto: è abbandono di servizio

ROMA – Costa cara la ‘pennichella’ sul posto di lavoro. Si va dal licenziamento in tronco, se a schiacciare un pisolino è un normale impiegato, alla condanna penale per abbandono di servizio se il sonnellino viene fatto da un agente di polizia. In questo modo, la Terza sezione penale – sentenza 43412 – ha reso definitiva la condanna a quattro mesi di reclusione per abbandono di servizio nei confronti di Sabino G., 30enne agente di Polizia in servizio al valico di Zenna e addetto al controllo dei passaporti che, il 20 agosto del 2004, alle prime ore del mattino, era stato sorpreso addormentato nel gabbiotto di vigilanza.


Per la Suprema Corte, «l’addormentamento, quando dipende da una libera scelta del soggetto e non da cause patologiche, è sempre un atto volontario» e, come tale, costituisce abbandono di servizio. Sabino G. era già stato condannato a quattro mesi di reclusione dalla Corte d’appello di Milano, nel novembre 2009, in violazione della legge 121 del 1981 poiché alle 6.50 del 20 agosto di sei anni fa «era stato sorpreso addormentato a bocca aperta nel proprio gabbiotto e non si era svegliato nonostante il rumore del passaggio dell’autovettura di servizio e nonostante che l’ispettore avesse aperto il vetro di separazione del gabbiotto».


Contro la condanna ha fatto ricorso in Cassazione la difesa del poliziotto, facendo notare che «l’assopimento non equivale ad abbandono del posto. La linea difensiva non ha fatto breccia tra gli ‘ermellini’ che, bocciando il ricorso, hanno fatto notare che «abbandona il servizio non solo colui il quale materialmente si allontana dal luogo dove il servizio deve essere prestato,ma anche colui che, pur presente sul luogo del servizio, in realtà non lo presta». E poco importa, per stabilire il dolo, se il lavoratore «dormisse tenendo la testa sulla scrivania o appoggiata al vetro di separazione del gabbiotto».