Berlusconi, fiducia ma di ‘minoranza’

ROMA – Silvio Berlusconi ha la maggioranza alla Camera e al Senato. Ma con una differenza: se a Palazzo Madama è ‘piena’ (162 voti, quattro sopra la maggioranza teorica di 158) quella a Montecitorio è una ‘fiducia di minoranza’. Con la conseguenza politica già ‘’anticipata’’ da Gianfranco Fini: il governo avrà vita ‘’impossibile’’. Difficile, insomma, pensare che possano avere un cammino ‘’sereno’’ la riforma della giustizia o il decreto rifiuti. Anche per la riforma dell’Università, che pure è incardinata nel più tranquillo Senato, potrebbe non filare tutto liscio.


Nulla è infatti sostanzialmente mutato rispetto alla situazione pre-voto: se in termini numerici la maggioranza è cresciuta di qualche unità in ambedue i rami del parlamento, c’è però a pesare politicamente e numericamente il passaggio di Fli nel campo dell’opposizione. In aula e ancor di più nelle commissioni, a Montecitorio, per il governo sarà insomma assai difficile trovare i numeri per far passare i propri provvedimenti. E anche il ricorso alla fiducia, praticato finora massicciamente, risulterà assai complicato se non impossibile con i finiani all’opposizione.


Per fare qualche conto occorre partire dal fatto che il plenum della Camera è di 630 deputati. Ne deriva che la maggioranza è fissata a quota 316. Questo in teoria, però, perchè il presidente della Camera, per prassi, non vota. E quindi il numero dei votanti scende a 629, con una maggioranza ‘reale’ che scende a 315
Il governo è al momento fermo a quota 314. Una situazione peggiore di quella vissuta da Prodi nel 2008 al Senato: il professore aveva la maggioranza teorica, per quanto risicatissima, fino alla crisi determinata dall’uscita di Mastella dalla compagine di governo. Berlusconi ha ‘collezionato’ finora 8 deputati in più, avendo dovuto registrare un’astensione imprevista, quella del deputato di NoiSud Gaglione: gli ex finiani Catone, Siliquini e Polidori; l’ex Lib-Dem Grassano; gli ex Idv Razzi e Scilipoti; gli ex Pd e poi Api Cesario e Calearo. Se recupererà Gaglione, potrà arrivare alla maggioranza ‘vera’ di 315, contro i 311 dell’opposizione: al massimo quattro voti di scarto. Oltre a questi voti ‘’pesano’’, però, anche le astensioni, comunque da verificare volta per volta, dei due deputati di Svp (Brugger e Seller). C’è infine quella del finiano Moffa, il cui comportamento futuro è però tutto da verificare.


Insomma, almeno nell’Aula di Montecitorio, tutto si tiene (come ai tempi del già ricordato Prodi) a condizione che la maggioranza sia sempre presente al gran completo. E se i ‘grandi numeri’ danno ragione al premier per l’aula, ben più sfavorevole è la situazione nelle commissioni. Alla Commissione Giustizia c’è una sostanziale parità: 24 a 24, compresa la presidente Giulia Bongiorno. Alla Affari Costituzionali i numeri sono decisamente contro il governo: al netto del membro della Svp, l’opposizione è a 25 contro i 22 della maggioranza (compreso il presidente Donato Bruno). L’effetto dei ‘’cambi casacca’’ si fa invece decisamente sentire in una commissione economica strategica come la Bilancio. Lì l’opposizione ha solo 22 voti contro i 25 della maggioranza (presidente Giorgetti compreso), grazie ai voti determinanti di Catone e Cesario: senza il loro ‘passaggio’, la situazione sarebbe stata di 24 a 23 per l’opposizione.