Bersani: «Vittoria di Pirro, ora l’unità dell’opposizione»

ROMA – Il Pd regge con tutti i suoi 206 voti la prova-fiducia, unica consolazione alla fine di una giornata nella quale già dal mattino si capiva che la spallata al governo non sarebbe arrivata. Ora, però, pur davanti ad una ‘’vittoria di Pirro’’, il cammino torna in salita per i democratici: si allontana l’ipotesi di governo di responsabilità nazionale mentre sembra più vicino il voto. Il timore principale del segretario Pier Luigi Bersani è, però, che si rompa la tregua interna ed il voto di oggi dia fiato a chi da tempo critica il credito eccessivo del Pd a Fini e all’Udc.


Federica Mogherini ha lasciato, dopo il voto, l’Aula tra i calorosi auguri dei colleghi per un parto sereno così come il deputato Marco Fedi, arrivato malato dall’Australia, è stato ringraziato per la prova di forza.


– Se non ci fossero stati i due traditori di Di Pietro avremmo vinto – si sfoga, quando il tabellone certifica l’ok al governo, Dario Franceschini con una frecciata all’alleato più volte critico verso il Pd per un eccesso di debolezza nell’opposizione. A questo punto, incalza Bersani:
– Abbiamo il governo di Scilipoti-Razzi con una scandalosa compravendita di voti. Ma la realtà non cambia, il governo non regge perchè oggi non ha avuto la maggioranza assoluta mentre l’opposizione si è allargata.
Da qui bisogna insistere, ha ragionato il leader Pd riunendo tutti i big del partito dopo il voto di fiducia, ‘’perchè abbiamo fatto bene e ora, se andiamo avanti così, i risultati arriveranno’’. Il leader Pd assicura che il partito ‘’è unito’’ ma teme che la sconfitta di ieri apra una resa dei conti interna tra chi, come Veltroni e Fioroni, chiede da tempo una correzione di rotta. Nel vertice di ieri, a quanto si apprende, tutti avrebbero concordato sulla necessità di lavorare in parlamento per rafforzare il fronte delle opposizioni, al quale da ieri si aggiunge Fli e di preparare nuove mine, come la mozione di sfiducia, contro il governo.


Ma già ieri sera gli ex Ppi, riuniti a cena per dare il via all’ennesima fondazione ‘Liberi dai forti’, avevano criticato il limite delle scelte della segreteria ‘’nell’inseguire Casini e Fini’’. Condito con le ormai consuete critiche al fatto che ‘’ormai hanno rifatto il Pds’’, come dimostrava anche l’origine degli oratori di ieri in Aula, da D’Alema a Fassino a Veltroni. Ed è critico anche Arturo Parisi, che aveva spinto per la mozione di sfiducia:
– Nel 1998 di fronte alla caduta del governo dell’Ulivo dissi che avevamo perso ma non ci eravamo perduti, ora dobbiamo riconoscere che abbiamo perso e ci siamo perduti. Avrei preferito avessimo perso nel voto con le nostre ragioni, invece che all’inseguimento di un inesistente terzo polo.


Bersani, Enrico Letta come anche Massimo D’Alema e Franceschini difendono, però, con forza la linea seguita.
– Non vedo lo sbaglio – afferma il segretario – la maggioranza aveva 60-70 voti di vantaggio e ora ne ha solo tre.
– Non solo – incalza Letta – non si deve mollare ma bisogna proseguire sulla linea del rapporto con Fini e Casini. Il voto è un primo passo, si sa che Berlusconi è un osso duro.