“I custodi della verità” thriller teologico di Adriano Cioci

Si può viaggiare narrativamente attraverso la “tradizione Evangelica” inventando ipotesi colme di mistero? E tali ipotesi non rischierebbero di urtare la sensibilità dei credenti, come recentemente è avvenuto per l’opera di Philip Pullman con il suo controverso “Il buon Gesù e il cattivo Cristo”? (dove lo scrittore inglese narra di due gemelli partoriti dalla Vergine: un Gesù buono ed uno satanico).

A questi interrogativi ha cercato di rispondere il giornalista Adriano Cioci nel suo romanzo “I custodi della verità” appena pubblicato dalle edizioni OGE di Milano.

Il libro ha tutti i crismi di un thriller fantateologico che si svolge ai giorni nostri a Gerusalemme e in diversi altri luoghi della Palestina. C’è, comunque, da premettere che si tratta di un’opera che per vari versi farà discutere. Fulcro del racconto è l’avventuroso ritrovamento di uno sconvolgente manoscritto risalente ai primi decenni dell’era cristiana.

Tutto ha inizio con un viaggio di pellegrini italiani in Terrasanta. Tra loro ci sono padre Aurelio, francescano biblista, di mentalità aperta e anticonvenzionale, la giovane giornalista Sara, incaricata dalla rivista per cui lavora di un reportage, e l’anziana suor Serena, minata da un male incurabile, in cerca dei luoghi dell’infanzia di Gesù. Al gruppo si aggrega Selim, guida e archeologo arabo di fede maronita. In realtà tutti i pellegrini desiderano dare una conferma alle loro certezze di fede. Lo stesso giorno dell’arrivo in Terrasanta sparisce suor Serena. Nonostante le ricerche, la suora sembra inghiottita nel nulla. Nelle indagini entra in scena il commissario israeliano Rosen. Tracce della suora cominciano a venir fuori in modo sibillino in vari luoghi, a cominciare da quello detto “Fonte della Vergine” a Nazareth. Sono dei bigliettini, in realtà fotocopie di brani di un papiro. Il documento, risalente al 34 d.C , è scritto in greco antico e riporta eterodosse rivelazioni sulla vita di Cristo. Anzitutto l’affermazione che la Vergine Maria abbia avuto un altro figlio, anzi una figlia: Marta. Man mano che si accavallano i ritrovamenti dei brani di questa specie di Vangelo parallelo (peraltro subito tradotti dal francescano padre Aurelio), si delinea e approfondisce una storia incognita dei Vangeli canonici (anzi da questi taciuta, o espunta).

Così la bambina Marta, rapita da alcuni predoni a un anno di vita, viene venduta a una coppia senza figli che la cresceranno come figlia adottiva. Divenuta adolescente andrà sposa al pastore Jafet e verrà da lui ripudiata perché sterile. Marta vagherà in regioni desertiche in cerca di pace, e verrà salvata dal predone pentito Acab, che avrà cura di lei e la condurrà fino all’incontro con Gesù. Riconosciutala, il Maestro le permetterà di seguirlo e conferirà a lei, insieme agli apostoli, il compito di diffondere la Buona Novella. Mentre il ruolo di Acab sarà quello di redigere questo documento scottante, perduto nei meandri della tradizione ecclesiastica. O forse occultato. Un documento che richiama molti appetiti: quelli della polizia, di mandanti di collezionisti senza scrupoli, addirittura di organizzazioni segrete che vogliono impadronirsene e per averlo uccidono. Il viaggio in Terrasanta si trasforma poco alla volta in un inquietante intrigo e i protagonisti tra pericoli, imboscate e inseguimenti entreranno in un vero e proprio incubo. Soprattutto, saranno sconvolti da rivelazioni tali che si troveranno a dover scegliere di “rifuggire la storia per privilegiare la fede”.

Alla fine suor Serena si farà ritrovare, e spiegherà le ragioni della sua sparizione e nel momento di dare addio alla vita lascerà agli amici l’indicazione del luogo dov’è nascosto il documento evangelico originale oltre a certi suoi personali e umani segreti.

Il romanzo di Adriano Cioci risulta ben documentato circa le fonti scritturistiche (documenti, parallelismi, atmosfere storiche, citazioni), e c’è in fondo un sincero sforzo di avvicinarsi ai misteri della nostra tradizione cristiana. Ma il tema de “I custodi della verità”, pur se trattato in modo delicato, è in verità rischioso. Naturalmente si tratta di un romanzo e non di un trattato teologico, ma la materia toccata scotta. Certo, afferra l’attenzione del lettore e lo coinvolge, ma si tratta pur sempre di materia esplosiva da maneggiare con cura.


di Luca Desiato