Scontri a Roma, Maroni in Senato: «Non condivido le scarcerazioni»

Roma – «Rispetto ma non condivido la decisione di scarcerare» i giovani che erano stati messi in stato di fermo dopo gli scontri del 14 dicembre. Ad affermarlo il ministro dell’Interno Roberto Maroni nelle comunicazioni al Senato, aggiungendo che sarebbe stato «più logico mantenere quello stato» allo scopo di evitare la possibile reiterazione delle violenze.


 


Maroni respinge poi al mittente «ogni illazione di provocatori inviati dalle forze di polizia» ad infiltrarsi fra i manifestanti.


– E’ destituita di fondamento e gratuitamente offensiva – dice


Il titolare del Viminale afferma che la gestione «oculata» della situazione da parte delle forze dell’ordine ha «evitato conseguenze più gravi» nei disordini. E ha espresso solidarietà alle forze dell’ordine che hanno subito feriti a causa delle manifestazioni degenerate in espisodi di violenza.


Maroni sottolinea poi che non c’è stata «nessuna ‘zona rossa’ chiusa come a Genova, ma sulla base delle analisi delle informazioni pervenute, i violenti intendevano comunque arrivare a Montecitorio ed erano pronti ad assediare la Camera»


Il ministro ha sottolineato che «la violenza di pochi nuoce alla maggioranza degli studenti veri» e che «il diritto a manifestare il dissenso è sacrosanto ma la violenza deve essere contrastata in ogni modo». A questo fine, il titolare del Viminale lancia un «invito alle componenti democratiche del movimento: a isolare i violenti, a prevenire le infiltrazioni» dei malintenzionati, «a collaborare con le forze dell’ordine invece di prendere a picconate i poliziotti». A questo proposito, Maroni ha ricordato che i feriti fra i tutori dell’ordine sono stati 100 mentre sono stati 34 i manifestanti che hanno fatto ricorso alle cure mediche.


Dopo questi incidenti, sottolinea poi, occorre «adeguare tempestivamente la gestione dell’ordine pubblico per prevenire altre occasioni di guerriglia urbana, la prossima settimana, quando ci saranno nuove manifestazioni in concomitanza della discussione al Senato del cosiddetto ddl Gelmini».