Casini: «Bipolarismo non va». Pdl: «Siete voi in crisi»

ROMA – Il Terzo polo ed il dibattito sulla fine o meno del bipolarismo in Italia caratterizzano il confronto politico della giornata di Natale. Il presidente del Senato Renato Schifani non commenta la nuova aggregazione politica. Invocando per la ripresa di Gennaio ”meno scontro e più confronti in Parlamento”, e definendo il voto anticipato come ”un trauma, un non bene”, sul tema si limita a dire:


– Da presidente del Senato, non posso che essere felice se in Parlamento si realizzano momenti di confronto e di sintesi tra le forze parlamentari.


Pier Ferdinando Casini ribadisce la bontà della scelta di dar vita alla nuova aggregazione che lo vede protagonista insieme con Gianfranco Fini e Francesco Rutelli.


– L’alleanza del terzo polo – spiega – nasce da un’analisi della situazione italiana, da un bipolarismo che non funziona. C’é bisogno di un’alleanza con metodologie nuove, non creata attorno a un leader.


Un ‘de profundis’, quello cantato dal leader dell’Udc al sistema bipolare, che desta la reazione del Pdl.


– In Italia come in Europa il bipolarismo è apprezzato e accettato dalla maggior parte degli elettori ed è supportato da validissime ragioni – dice il capogruppo alla Camera Fabrizio Cicchitto, osservando che in Italia ”la spinta bipolare è accentuata da un antiberlusconismo militante e fine a se stesso che tende a estremizzare ‘o di qua o di là”. Da qui l’attacco a Casini.


– Non può credere – osserva – di riuscire a cancellare le ragioni oggettive che danno vita al bipolarismo. Semmai dovrebbe giungere alla consapevolezza che prima o poi i fatti, le opinioni e i programmi gli imporranno di scegliere da che parte stare. E dunque in difficoltà è la posizione terzaforzista, non quella bipolare.


In sintonia con Cicchitto anche Anna Maria Bernini (Pdl).


– Il progetto del terzo polo, pur nel maquillage delle declinazioni terminologiche, rimane una operazione in vitro – afferma – concepita a finestre oscurate nelle stanze di Palazzo per tenere forzatamente insieme su valori e presupposti programmatici incompatibili, figure politiche diverse e inconciliabili come il cofondatore del Pd e il cofondatore del Pdl. Una operazione già affossata dal voto del 14 dicembre che conferma saldamente il governo e il suo premier. Non sono le speranze dei leader ma il verdetto delle urne a decretare il successo dei progetti politici.