L’Avvocatura brasiliana: «No all’estradizione di Battisti» Per l’Italia «sarebbe inaccettabile»

Roma – L’Avvocatura generale del Brasile ha raccomandato al presidente Luiz Inacio Lula da Silva di negare l’estradizione in Italia di Cesare Battisti. Lo si legge sul sito del quotidiano ‘Estadao’. Nel parere inviato al capo dello Stato, l’Avvocatura argomenta che Battisti potrebbe trovarsi in una «grave situazione» se fosse rimandato nel suo paese d’origine.


L’Avvocatura argomenta inoltre che il trattato di estradizione tra Brasile e Italia dà margini al presidente Lula per tenere Battisti nel paese latinoamericano, indipendentemente dalla decisione della Corte suprema che autorizza l’estradizione.


La raccomandazione dell’Avvocatura brasiliana rende ancora più verosimile la concessione dell’asilo in Brasile da parte di Lula, la cui decisione dovrebbe essere ormai imminente.


L’Avvocatura spiega che, secondo l’articolo 3 del trattato bilaterale, per il no all’estradizione al presidente basta avere «ragioni per supporre che la persona reclamata (dall’altro Stato) sarà sottoposta ad atti di persecuzione e discriminazione per motivi di razza, religione, sesso, nazionalità, lingua, opinione politica, condizione sociale o personale. Oppure che la situazione possa essere aggravata da uno degli elementi summenzionati». Un’argomentazione che tuttavia non potrebbe non avere un serio impatto sulle relazioni bilaterali.


Il giornale scrive che nella documentazione trasmessa a Lula, l’Avvocatura ha aggiunto articoli di stampa italiani, che contengono anche dichiarazioni di esponenti del governo di Roma, sul trattamento che sarebbe riservato a Battisti in caso di estradizione. Se Lula seguirà il parere dell’Avvocatura, la sua decisione sarà pubblicata domani mattina nella Gazzetta ufficiale del Brasile. Al tempo stesso, il ministero della Giustizia dovrà chiedere alla Corte suprema di liberare Battisti. Il presidente della Corte, Cezar Peluso, secondo ‘Estadao’ ha già fatto capire che per decidere potrebbe aspettare la fine delle ferie di febbraio (che in Brasile equivale al nostro agosto).


L’Italia, inoltre, potrà presentare un nuovo ricorso. La prima volta Roma ottenne ragione da parte della stessa Corte Suprema, e adesso, scrive ancora ‘Estadao’, potrebbe sostenere che è stato violato il trattato di estradizione tra i due paesi. Lo stesso Peluso, afferma ancora il giornale, ha già ventilato questa possibilità.


In un comunicato di Palazzo Chigi si legge che «il Governo italiano si è attivato con determinazione e chiarezza durante l’ultimo anno e mezzo, con il consenso unanime di tutte le forze politiche, per ottenere l’estradizione in Italia di Cesare Battisti, il pluriomicida condannato in via definitiva attualmente detenuto in Brasile».


«Proprio nelle ultime ore il Governo – prosegue il comunicato – ha continuato a insistere nella richiesta di estradizione, peraltro accolta dal Supremo Tribunale Federale del Brasile e rimessa per l’attuazione al presidente Lula, e si riserva di esprimere le proprie valutazioni dopo l’annuncio ufficiale della decisione. Tuttavia, in questo momento delicato alcune informazioni fanno ritenere che nella possibile motivazione della decisione del presidente Lula vi possa essere il riferimento all’articolo 3 comma F del Trattato di estradizione, e quindi al presunto aggravamento della situazione personale di Battisti».


«In questo caso, il Governo italiano fin d’ora intende dichiarare che considera incomprensibile e inaccettabile nel modo più assoluto siffatto riferimento e la relativa decisione. Il presidente Lula – è la conclusione – dovrebbe allora spiegare tale scelta non solo al Governo, ma agli italiani tutti e in particolare alle famiglie delle vittime e a un uomo ridotto su una sedia a rotelle».


In mattinata, sempre una nota di Palazzo Chigi aveva sottolineato che «sono destituite di ogni fondamento le indiscrezioni di un senatore brasiliano interpellato dal ‘Riformista’ circa presunte garanzie fornite dal presidente Berlusconi al presidente Lula sul caso Battisti. In particolare, mai in nessun incontro fra i due leader il presidente Berlusconi ha mostrato sottovalutazione per la vicenda dell’estradizione, richiamando invece costantemente la linea perseguita dall’Italia a ogni livello perché Cesare Battisti venga riconsegnato alla giustizia italiana».


«L’ultimo atto ufficiale di una lunga serie in questo senso – proseguiva il comunicato – è stata la convocazione, il 21 dicembre scorso a Palazzo Chigi, dell’ambasciatore del Brasile a Roma, Josè Viegas Filho, da parte del sottosegretario Letta».


Intanto il ministro degli Esteri, Franco Frattini, in una nota diffusa dalla Farnesina, in giornata ha fatto sapere che «il Governo italiano si riserva, sulla base della decisione del Presidente brasiliano Lula, di considerare tutte le misure necessarie per ottenere il rispetto del trattato bilaterale di estradizione, in conformità con il diritto brasiliano».


In relazione alla richiesta di estradizione, prosegue la nota, «il ministro Frattini non si esprimerà pubblicamente se non successivamente al previsto annuncio della decisione del presidente Lula, circa la quale è peraltro prevista una presa di posizione ufficiale della Presidenza del Consiglio». Comunque, prosegue il comunicato, «negli ultimi due anni il ministro degli Esteri Frattini ha direttamente e personalmente sollevato ad ogni possibile occasione di incontro con le autorità brasiliane il caso Battisti rappresentando la forte aspettativa del governo italiano affinché quest’ultimo possa essere estradato in Italia».


Sulla vicenda è intervenuto anche il ministero della Giustizia: «Il governo italiano ha fatto tutto quanto era nelle proprie possibilità, giuridiche e politiche, perché il Brasile concedesse l’estradizione del pluriomicida Cesare Battisti, già condannato in via definitiva dalla giustizia italiana. Infatti, l’estradizione era stata richiesta esclusivamente per i reati di omicidio per i quali Battisti era stato condannato all’ergastolo».


«Quando l’allora ministro della Giustizia brasiliano – si legge – aveva concesso a Battisti lo status di rifugiato, il ministero della Giustizia italiano aveva prontamente impugnato il provvedimento davanti al Tribunale Supremo Federale brasiliano. La procedura era stata seguita costantemente dal ministero, attraverso il Dipartimento per gli Affari di Giustizia, fino al momento in cui il Tribunale Federale aveva annullato, nel settembre dello scorso anno, il decreto che aveva concesso lo status di rifugiato».


«Sempre su istanza del ministero della Giustizia italiano – ricorda la nota – quello stesso Tribunale aveva dichiarato che la propria sentenza non era suscettibile di disapplicazione da parte del presidente del Brasile, Lula, che avrebbe dovuto quindi rendere immediatamente esecutiva quella pronuncia, in osservanza del trattato internazionale, e disporre l’estradizione del pluriomicida. Questi i passaggi che il governo e il ministero della Giustizia hanno fatto, muovendosi – conclude il comunicato – nel quadro delle leggi e dei trattati su cui si reggono le relazioni tra Paesi democratici, dove vige lo stato di diritto».