Costa d’Avorio, Gbagbo pronto a negoziare con Ouattara

YAMOUSSOUKRO – Il presidente ivoriano uscente Gbagbo si è dichiarato pronto a negoziare senza precondizioni, ritirando anche le sue truppe che circondano il quartier generale del legittimo capo di stato, Alassane Ouattara, vincitore alle ultime elezioni presidenziali.


Questo è quanto comunicato dai rappresentanti dell’Unione Africana e dell’Ecowas (Comunità economica degli Stati dell’Africa Occidentale), che hanno raggiunto in questi ultimi giorni Yamoussoukro per mediare sulla crisi politica che attraversa il paese. In passato, Ouattara aveva smentito qualsiasi accordo per un faccia a faccia con il leader ivoriano uscente.

Contrastanti sono invece le notizie su un possibile raid armato da parte delle forze armate di Gbagbo contro il quartier generale del suo avversario. I collaboratori di Ouattara, riconosciuto presidente dalla comunità internazionale, raccontano che sono stati sparati lacrimogeni contro l’edificio ed esplosi colpi d’arma da fuoco. Sono rimaste ferite alcune persone, ma rimane imprecisato se siano state colpite da proiettili o se siano rimaste lese nel tentativo di scappare dallo stabile. Diversa è la versione delle forze di polizia vicine a Gbagbo, secondo cui, durante l’irruzione, sono state ritrovate armi nei locali del quartier generale e sono state arrestate alcune persone.

La crisi si aggrava in un Paese che da un mese cammina sul filo tagliente di una nuova guerra civile. Un esito che sembra inevitabile, se si guarda alle migliaia di profughi ivoriani che si accalcano ai confini, in fuga dal disastro. Anche i prezzi dei prodotti alimentari si sono impennati, segno di una tempesta alle porte, e conseguenza di una crisi in atto di cui l’Occidente sembra non avere la percezione esatta. Il presidente sconfitto alle urne nel ballottaggio del 28 novembre, Laurent Gabgbo, continua a resistere, a non farsi da parte, mentre nel Paese la tensione tra i suoi sostenitori e quelli del vincitore Alassane Ouattara, sta per raggiungere lo zenith. Quest’ultimo è stato riconosciuto dalle principali istituzioni continentali e mondiali eppure è costretto a vivere blindato in un albergo, protetto da un migliaio di soldati dell’Onu e dalle truppe scelte della guerriglia che aveva deposto le armi e che adesso potrebbe riprenderle. L’attacco di Blé Goudè sarebbe la scintilla che riaccenderebbe il conflitto.

Sull’orlo del genocidio. Sul terreno la situazione è ormai precipitata. Il nuovo ambasciatore della Costa d’Avorio alle Nazioni Unite, Youssouf Bamba, ha dichiarato che il Paese è sull’orlo del genocidio. Gbagbo, forte dell’appoggio di buona parte dell’esercito, della Guardia Repubblicana, di milizie come i Giovani Patrioti e di mercenari per i lavori più sporchi, ha benedetto l’offensiva contro l’opposizione politica e i contestatori di piazza, un’operazione che solo nell’ultima settimana ha fatto circa duecento morti. Queste le cifre che hanno superato le strette maglie della censura e sulle quali ha ragionato il consiglio dell’Onu per i Diritti umani nella seduta del 23 dicembre, condannando gli omicidi e i sequestri di persona ad opera dei servizi di sicurezza ed esprimendo preoccupazione per le “atrocità” commesse nel Paese. Il bilancio sarebbe molto più grave, dicono gli ispettori delle Nazioni Unite sul posto, i quali confermano le voci sull’esistenza di numerose fosse comuni. Ma lavorare sul terreno è estremamente difficile, a causa del clima d’odio che il regime sta creando, grazie alla televisione di stato, nei confronti della missione Onu (Unoci) e della presenza straniera.