Haiti, a un anno dal sisma la ricostruzione non è mai iniziata

PORTO PRINCIPE – Le elezioni che si sono tenute il 28 novembre e hanno visto, in un primo momento, il passaggio al ballottaggio della candidata Manigat e del cognato dell’attuale presidente, Jude Celestin, a scapito del candidato dell’opposizione Martelly sono ancora lontane dal trovare un risultato. I dati diffusi dalla Commissione Elettorale haitiana sono stati contestati nelle piazze e dagli organismi internazionali. Un riconteggio è stato affidato all’Organizzazione degli Stati Americani che, per il momento, si è limitata a spostare a data da definirsi il ballottaggio inizialmente previsto per il 16 gennaio. Se andrà bene si voterà a fine febbraio. Comunque, qualunque sarà il risultato del riconteggio c’è da aspettarsi grosse manifestazioni di protesta da parte dei sostenitori di Marltelly o di Celestin.


L’epidemia di colera che da ottobre colpisce Haiti non accenna a fermarsi, i morti registrati sono oltre 3.340 e gli infettatti si aggirano già oltre i 150.000. L’epidemia ha avuto origine, secondo molti esperti, all’interno della base nepalese dell’ONU e si è diffusa a causa delle inesistenti misure di igene presenti nei molti campi tende, organizzati o spontanei, presenti in gran parte del paese. Il virus non si è però fermato alla frontiera ed è giunto anche nella vicina Repubblica Dominicana contagiando 148 persone. I numeri in Repubblica Dominicana sono notevolmente sotto le stime realizzate dagli organismi internazionali, segno che le autorità locali stanno reagendo in maniera appropriata e che ordinanza come quella che vietano di bagnarsi ed usare l’acqua del Rio Masacre, al confine nord con Haiti, stanno portando ad un risultato. La prova del fuoco sarà la riapertura delle scuole.


Intanto a Port-au-Prince la ricostruzione non è mai iniziata oltre il 92% delle macerie si trova esattamente dov’era il 13 gennaio 2010, si registrano almeno una cinquantina di sequestri al giorno, molti dei quali effettuati contro ragazze che vengono anche violentate. La comunità internazionale non ha elaborato una strategia comune per uscire dalla crisi, alcuni stati, volenterosi, hanno inviato veramente gli aiuti richiesti, ma sono pochi, la maggior parte dei donatori, Italia compresa, ha promesso e non mantenuto. E la situazione deve cambiare o imploderà con grande fragore.