Berlusconi: «Col ‘no’ giusto lasciare l’Italia»

BERLINO – Se passasse il no al referendum ‘’le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri paesi”. Il premier Silvio Berlusconi rompe il silenzio sulla vicenda Fiat. E lo fa sposando completamente la linea Marchionne. Una miccia, quella innescata a Berlino dal presidente del consiglio proprio alla vigilia del referendum di Mirafiori, che esplode immediatamente in Italia, scatenando la durissima reazione dell’opposizione e dei sindacati.

Parole ‘’vergognose’’ per il segretario Pd Pier Luigi Bersani che ‘’danneggiano il paese’’, secondo la leader Cgil Susanna Camusso, pronunciate da un premier ‘’irresponsabile’’, assicura l’Idv Leoluca Orlando. Mentre per Nichi Vendola, contestato a Mirafiori, Berlusconi dovrebbe essere ‘’denunciato per alto tradimento’’. Più in linea con il premier Pier Ferdinando Casini.
– Marchionne non è un santo – dice – ma spero che vincano i sí.

La sintonia, invece, è piena con il presidente della Confindustria Emma Marcegaglia che appoggia in toto Marchionne. Berlusconi è a Berlino per un vertice bilaterale, mentre in Italia, nello stabilimento di Mirafiori, sale la tensione. Ha accanto a sé la cancelliera Angela Merkel quando, durante la conferenza stampa di chiusura del vertice, risponde alla domanda sulla Fiat.

– Riteniamo assolutamente positivo lo sviluppo che sta prendendo la vicenda con la possibilità di un accordo tra le forze sindacali e l’azienda – dice il premier – nella direzione di una maggiore flessibilità del lavoro.
Poi l’affondo:
– Ci auguriamo che la vicenda abbia un esito positivo perchè, se ciò non dovesse accadere le imprese e gli imprenditori avrebbero buone motivazioni per spostarsi in altri paesi.
E immediate sono arrivate le reazioni dall’Italia. il centro sinistra, compatto, ha condannato le parole del premier.

– Berlusconi non se ne accorge perché è un miliardario, ma noi paghiamo a lui uno stipendio che gli sembrerà misero per occuparsi dell’Italia e fare gli interessi del Paese e non per fare andare via le aziende – ha commentato Bersani, mentre il collega di partito Luigi Zanda ha definito le parole del premier ‘’l’ennesima conferma del suo inqualificabile disprezzo per l’interesse nazionale’’.
Sconcerto anche dall’Idv.
– Cosi si capisce chi lavora per il bene del Paese e chi invece opera contro la legalità costituzionale, l’interesse dei cittadini e dei lavoratori – ha detto Orlando, mentre Silvana Mura ha definito ‘’gravissime’’ le parole del premier.

E se Vendola ha parlato di alto tradimento, Alessandro Pignatiello (PdCI-FdS), ha definito quello di Berlusconi ‘’uno spot pro Marchionne’’ e ‘’contro i lavoratori e il Paese’’. Diversa la posizione di Casini convinto che se dovesse venire meno l’investimento della Fiat in Italia “sarebbe un campanello d’allarme sulla fuga’’ dal paese di altri investitori.
– In un mondo di grandi trasformazioni – ha aggiunto – il rischio vero è che la competizione italiana si indebolisca a causa dell’esodo di investitori esteri. Se a questo si aggiunge una fuga degli investimenti nazionali, allora c’é un fatto estremamente negativo.

Pericolo che vede anche il coordinatore piemontese di Fli, Roberto Rosso denunciando che mentre in Italia si pensa di delocalizzare l’industria dell’auto, ci sono gruppi stranieri pronti a venire ‘’a fare la spesa’’ da noi. Dure le reazioni dei sindacati.
– Il premier sta facendo una gara con l’amministratore delegato della Fiat tra chi fa più danno al nostro Paese – ha detto Susanna Camusso. Ed ha aggiunto:
– Mi piacerebbe che il mondo delle imprese e della politica oggi dicesse che, se questa è la sua idea del Paese, è meglio che se ne vada.

Con lei anche il segretario della Fiom Maurizio Landini che ha denunciato ‘’la totale subalternità del Governo alle logiche della Fiat’’. Ma l’appello della Camusso agli imprenditori non ha trovato ascolto in casa Confindustria.
– Siamo con la Fiat – ha detto Emma Marcegaglia – e speriamo che al referendum vinca il sì.

REFERENDUM


La sfida è rilanciare la rappresentanza


ROMA – Rilanciare la rappresentanza, con forza e determinazione, contro il tentativo in atto di cancellare la libertà sindacale e la difesa dei lavoratori. E’ questo l’obiettivo della Cgil di Susanna Camusso, scandito a chiare lettere alla chiusura dell’assemblea che a Chianciano, alla vigilia del referendum di Mirafiori, ha riunito 130 camere del lavoro. Di fronte alla sfida posta da Marchionne, alla Fiat ma in realtà in tutto il Paese, Camusso è stata netta.


– Abbiamo il compito di riaprire una grande battaglia per la rappresentanza e la democrazia sindacale. Con troppa disinvoltura si cancellano la libertà sindacale e la rappresentanza – ha attaccato la sindacalista che non pensa solo agli operai di Torino ma si rivolge a tutti i lavoratori.


Oltre a quanto previsto nell’ accordo di Mirafiori, che esclude dalle fabbriche i sindacati non firmatari, non bisogna dimenticare infatti ‘’anche un’altra lesione democratica in atto:
– Nei settori pubblici – ha denunciato Camusso – stanno ancora rivendicando di poter eleggere le proprie Rsu (parole a cui ha peraltro replicato il ministro Brunetta accusando la segretaria della Cgil di conoscere ‘’poco i fatti del settore pubblico’’).


Per portare avanti la sua battaglia, la Cgil ha già pronta una proposta che punta ad evitare ‘’la balcanizzazione’’ delle relazioni industriali nel post-Mirafiori. La bozza, oggetto l’altra sera di una lunga riunione informale con una settantina di dirigenti sindacali (compresi quelli della Fiom che hanno avanzato qualche obiezione), arriverà all’attenzione, sabato prossimo, del direttivo di Corso d’Italia. L’approvazione del documento, largamente condiviso, è praticamente scontata, vista la determinazione della Camusso ad accelerare i tempi e considerato anche che la Fiom rappresenta una minoranza nell’ambito dell’organismo. Nella proposta si rafforza il ricorso al mandato per negoziare e chiudere gli accordi e viene rivisto l’istituto del referendum come extrema ratio per abrogare le intese. Viene inoltre introdotta la soglia del 5%, perchè sia a livello nazionale che territoriale e aziendale la rappresentatività sia garantita solo ai sindacati che, tra iscritti e voti, raggiungono tale quota. La proposta Cgil rappresenta un punto di partenza per arrivare ad una legge che anche nel privato, come già nel pubblico, regoli la rappresentanza. Una volta incassato l’ok del direttivo, Camusso presenterà quindi il documento a Cisl e Uil, per intavolare una trattativa e giungere ad una posizione comune con cui presentarsi a Confindustria e al mondo delle imprese, gia’ consapevole che dopo il risultato del referendum il tema dovra’ essere affrontato.


– C’e’ già – ha assicurato la leader degli industriali, Emma Marcegaglia, – una disponibilità a trattare.