Fini: «Il premier vuole l’impunità ma non è sopra la legge»

REGGIO CALABRIA – Silvio Berlusconi chiede impunità per se; ma chi vince le elezioni non è al di fuori della legge. Nel giorno in cui il presidente del Consiglio lo accusa di un ”disegno eversivo fallito”, Gianfranco Fini va al contrattacco. Da Reggio Calabria, dove partecipa ad una iniziativa di Fli sulla legalità con i magistrati antimafia Antonio Ingroia e Giuseppe Pignatone, il presidente della Camera respinge punto su punto le contestazioni a suo carico avanzate dal presidente del Consiglio, cui, a sua volta, addebita la responsabilità delle ”le critiche al buon nome dell’Italia”. E difende la scelta, ”una volta messi alla porta”, di dar vita a Fli; che ”è nata per l’impossibilità nel Pdl di affrontare certe questioni”: a partire proprio da quella della legalità.


A Bari, durante una cena dei futuristi, il presidente della Camera ribadisce questi concetti aggiungendo:


– E’ un brutto momento quando si dicono le bugie e ci si convince che sono la verità.


Il presidente della Camera ha anche fatto un paragone tra l’attuale situazione in Italia e la realtà dipinta dall’ultimo film di Antonio Albanese ‘Qualunquemente’.


– Il film – ha detto – sembra dipingere qualche cosa che è la realtà ma la politica è altro.


A Reggio Calabria Fini ha incontrato le forze dell’ordine e va a far visita al procuratore generale Salvatore Di Landro, che lo scorso anno ha subito attentati dalla ‘ndrangheta. E a una fattoria didattica realizzata in un terreno confiscato alla criminalità organizzata. Parla di legalità.


– Chi ha vinto le elezioni non può pensare di essere al di sopra della legge – dice -. Il giustizialismo – ha spiegato il leader di Fli – è un male, ma non può esserci giustizialismo quando si ribadisce chiaramente che la presunzione di innocenza non può essere confusa con la presunzione di impunità.


E qui l’affondo sul caso Ruby:


– Quando si è oggetto di indagini complesse, che gettano una luce particolarmente negativa, dire ‘non mi muovo’ o ‘non considero possibile essere sottoposto ai magistrati’ è una richiesta evidente di impunità.


Parole dure, seguite da una contestazione chiara.


– Non voglio infierire, ma il buon nome dell’Italia – ha rilevato il presidente della Camera – da qualche tempo a questa parte viene sottoposto a dure critiche per comportamenti di chi l’Italia la rappresenta.


Insomma, è il suo ragionamento, ”in politica c’è anche un problema di opportunità. Un movimento che vuole rappresentare certi valori deve dire che tutti sono uguali davanti alla legge e che chi sbaglia paga”. Ma Fini ha ribattuto anche all’accusa di aver ordito un disegno eversivo con Fli.


– Ho il dovere di ricordare al presidente del Consiglio – scandisce – che Fli è nata per l’impossibilità nel Pdl di affrontare certe questioni, di dire scomode verità e soprattutto perchè abbiamo pensato fosse un dovere morale dimostrare che a certi principi noi crediamo davvero. Perchè in certi momenti tacere diventa essere corresponsabili. Perchè quando si arriva a dire che Vittorio Mangano è un eroe, o si ribadisce che non è vero oppure si diventa complici. E se il coordinatore regionale Pdl in Campania (Nicola Cosentino, ndr.) è colpito da una richiesta di arresto sarà giusto dire che è opportuno che egli faccia un passo indietro? La lealtà è un valore, la complicità – puntualizza – diventa una colpa.


E una risposta è arrivata anche alla contestazione di Berlusconi di aver bloccato la riforma della Giustizia ed in in particolare il processo breve.


– Ringrazio Berlusconi. Quella norma – ha scandito – non poteva essere accettata da una forza politica che rispetti la Costituzione, i cui precetti vanno rispettati e non declamati: la legge è uguale per tutti e chi sbaglia deve pagare. Ai magistrati si deve il massimo rispetto, non perchè essi siano impossibilitati a sbagliare ma perchè rappresentano un simbolo, il simbolo che non conta solo quanto si guadagna.