Papa: «Istituzioni ritrovino radici morali»

CITTA’ DEL VATICANO – Il Papa denuncia nell’Italia di oggi un ”senso di insicurezza” dovuto ”alla precarietà sociale ed economica”, acuita ”da un certo indebolimento della percezione dei principi etici su cui si fonda il diritto e degli atteggiamenti morali personali, che a quegli ordinamenti sempre danno forza”. E invita ”società” e ”istituzioni pubbliche” a ritrovare moralità, ”per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quindi all’azione pratica”.


C’è forte preoccupazione per la tenuta sociale dell’Italia, di cui è primate, nelle parole di Benedetto XVI a dirigenti e personale della Questura ricevuti in udienza nell’aula delle Benedizioni. Nessun accenno alla inchiesta che coinvolge il premier italiano Silvio Berlusconi, alla quale comunque ha fatto ieri riferimento il segretario di Stato Tarcisio Bertone chiedendo moralità e legalità.


La vicenda Ruby – ha insolitamente annunciato il presidente della Cei Angelo Bagnasco – sarà persino esaminata lunedì prossimo dal Consiglio permanente dei vescovi riunito ad Ancona. A dar voce ai timori della Chiesa per la vicenda che coinvolge Berlusconi ha pensato pure l’arcivescovo di Torino, Cesare Nosiglia:


– Chi ha responsabilità pubblica ha anche maggiore responsabilità nel privato – ha detto – e le due dimensioni non vanno separate. In tutti c’è preoccupazione per quanto sta accadendo – ha aggiunto il presule.


”L’invito è quello a chiarire in tempi ragionevoli la questione per non lasciare il paese alla mercè di notizie non si sa se vere o false”. Gli ha fatto eco Famiglia Cristiana, esprimendo ”angoscia” per gli effetti dello ”scandalo” che da Arcore si abbatte sulle famiglie, con la ”indecente rappresentazione del modo di vivere di tre generazioni, dei nonni, dei padri e dei figli”.


Il caso Ruby, inoltre, trova nuovamente eco sull’Osservatore Romano, che nell’edizione di domani, oltre a pubblicare le parole dette ieri dal cardinal Bertone, rilancia anche l’appello di oggi del presidente Napolitano a evitare esasperazioni e nuove tensioni. Molto articolato è il ragionamento del Papa nell’udienza al personale della Questura romana. Prendendo spunto dai forti ”mutamenti” che nella ”città Eterna” ”generano talvolta un senso di insicurezza”, egli ha dunque paventato che ”le strutture alla base della convivenza non riescano più a funzionare in modo pieno” per il venire meno del ”consenso morale”.


– Si affaccia in molti – ha spiegato – la tentazione di pensare che le forze mobilitate per la difesa della società civile siano alla fine destinate all’insuccesso.


Cioè se la morale è debole, si indebolisce anche il diritto. Dall’allarme per la demotivazione della società civile, Benedetto XVI passa all’appello ai cristiani: ritrovino ”una nuova risolutezza nel professare la fede e nel compiere il bene”, contro una ”visione riduttiva della coscienza, secondo la quale non vi sono riferimenti oggettivi nel determinare ciò che vale e ciò che è vero, ma è il singolo individuo, con le sue intuizioni e le sue esperienze, ad essere il metro di misura; ognuno, quindi, possiede la propria verità, la propria morale”. Così fede e morale vengono confinati nel privato, invece il cristiano non deve rinunciare alla capacità della coscienza di riconoscere la verità.


– Le nuove sfide che si affacciano all’orizzonte – ha rimarcato il Papa – esigono che Dio e uomo tornino ad incontrarsi, che la società e le Istituzioni pubbliche ritrovino la loro ‘anima’, le loro radici spirituali e morali, per dare nuova consistenza ai valori etici e giuridici di riferimento e quindi all’azione pratica.


Cosi’ una solida morale personale dà forza al diritto e alle Istituzioni, tanto più se i cristiani lavorano per il bene comune.