La rivolta che corre sul web: 4 morti

PARIGI – Social network come Twitter e Facebook sono sempre più protagonisti della lotta ai regimi contemporanei, dall’Iran, alla Tunisia, fino alle proteste delle ultime ore in Egitto. Ieri, al Cairo – mentre migliaia di persone scendevano in piazza per chiedere le dimissioni del presidente Hosni Mubarak, da tre decenni al potere – l’idea delle manifestazioni si è diffusa a macchia d’olio grazie alla potenza del web e dei social network, in particolare tra i giovani. Su Facebook, nei giorni scorsi, oltre 90.000 persone si erano dette pronte a manifestare.

Le proteste di ieri in diversi quartieri del Cairo, che hanno visto scendere in piazza migliaia di persone, sono le piu’ importanti dalla rivolta del 1977, causata dagli aumenti del prezzo del pane. Quella virtuale e’ una rivolta che fa paura quasi piu’ di quella che scende nelle piazze, tanto che la priorità del governo tunisino, mentre cercava di gettare un’ombra sugli scontri scoppiati a Sidi Bou Zid dopo che un commerciante si era dato fuoco in segno di disperata protesta, è stata da subito quella di bloccare e mettere fuori uso i blog percepiti come oppositori.

Qualcuno e’ stato arrestato dopo aver pubblicato sulla rete i suoi video di protesta. Ma non e’ bastato. Il 14 gennaio, il presidente Ben Ali, si è visto costretto – dopo 23 anni di potere assoluto – ad abbandonare il Paese, in quella che è stata ribattezzata la ‘Rivoluzione dei gelsomini’. Tuttavia, dal punto di vista del web, Egitto e Tunisia non sono paragonabili. La Tunisia di Ben Ali praticava una massiccia censura della rete. Mentre finora, le autorità egiziane non hanno bloccato l’accesso al web, fatta eccezione per alcuni siti che predicano l’integralismo islamico. La piattaforma di mini-messaggi Twitter oggi era in funzione dopo che ieri aveva denunciato di essere stata bloccata e sono circolate informazioni secondo cui anche Facebook sarebbe diventata inaccessibile o quantomeno rallentata.

In serata il governo ha smentito tentativi di censura e risulta che, almeno nel tardo pomeriggio, era possibile collegarsi a Facebook dal Cairo. Da Washington, il segretario di stato Hillary Clinton ha comunque ammonito l’Egitto a non interferire nel funzionamento dei social network su internet. Secondo la giurisprudenza egiziana, basata su una sentenza del 2007, il controllo dei siti web è contraria alla libertà d’espressione.
E se le autorita’ di Tunisi crearono un elaborato sistema di controllo della rete e furto di password, l’Egitto utilizza metodi piu’ ‘tradizionali’, come le minacce e le intimidazioni ai blogger o agli attivisti piu’ scomodi.

Inoltre, la Tunisia e’ uno dei Paesi piu’ connessi del continente, con un tasso di diffusione del web al 34%. Un fenomeno meno importante in Egitto, dove si ferma al 21% (circa 17 milioni di internauti contro i 60 milioni in possesso di un telefono cellulare). Gia’ da tempo, siti come Facebook, Twitter, ma anche Google e Youtube, sono scesi in aiuto della democrazia e contro la censura in Iran, anche con l’introduzione di programmi che traducono blog, articoli di stampa e messaggi di testo dall’inglese al persiano e viceversa.