Il «caso Ruby» all’estero: interrogazione dell’on. Zanda (Pd) al ministro Frattini

ROMA – Il Ministro degli esteri Frattini ha ricevuto, attraverso la nostra rete diplomatica, «rapporti o informative circa il giudizio espresso dalle cancellerie dei Paesi con i quali l’Italia è legata da relazioni diplomatiche in merito alla conclamata condizione di ricattabilità del Presidente del Consiglio?». A chiederselo è il senatore Luigi Zanda (Pd) che ha presentato un’interrogazione al Ministro per sapere se e come il cosiddetto «caso Ruby» è percepito all’estero.


«Dagli atti trasmessi dalla Procura della Repubblica di Milano alla Camera dei deputati il 14 e il 26 gennaio scorsi – si legge nella premessa – emerge – a prescindere dai profili d’interesse per il procedimento giudiziario – un quadro di accertata esposizione e vulnerabilità del Governo italiano, al suo massimo vertice, ad ogni forma di potenziale ricatto da parte di soggetti stranieri o entità criminali in grado di trarre vantaggio dall’accessibilità, senza alcun filtro o controllo, alle dimore di pertinenza del Presidente del Consiglio dei ministri e dall’ammissione di prostitute al suo più stretto entourage».


«Gli atti giudiziari trasmessi al Parlamento, infatti, – continua Zanda – documentano come già avvenuti numerosi episodi di pressione o ricatto da parte delle persone coinvolte nell’inchiesta, che hanno visto il Presidente del Consiglio dei ministri costretto a promettere o ad erogare alle stesse persone denaro o altra utilità economica, direttamente ovvero per il tramite di suoi collaboratori».


Il senatore, dunque, chiede di sapere «se al Ministro in indirizzo siano pervenuti, attraverso la nostra rete diplomatica o per il tramite dei servizi di informazioni e sicurezza esterna, rapporti o informative circa il giudizio espresso dalle cancellerie dei Paesi con i quali l’Italia è legata da relazioni diplomatiche in merito alla conclamata condizione di ricattabilità del Presidente del Consiglio dei ministri italiano, come emersa dalla citata documentazione giudiziaria, largamente resa pubblica dalla stampa nazionale e internazionale» e se «in particolare, esistano elementi sufficienti ad escludere, anche con riferimento al passato, l’effettivo esercizio di forme di pressione o ricatto sul Presidente del Consiglio dei ministri, in relazione alle sue condotte private, da parte di potenze straniere ostili all’Italia, di potentati economici internazionali ovvero di grandi organizzazioni criminali, anche mafiose, secondo quanto lo stesso Ministro Bossi ha più volte in passato fatto intendere».