L’ombra del Rubygate nella cerimonia inaugurale

MILANO – Il ”caso Ruby” non è mai stato citato esplicitamente nelle relazioni. Ma la contrapposizione tra una parte della politica e la magistratura, le accuse alla Procura che ha messo sotto inchiesta il premier per prostituzione minorile e concussione, e il conflitto che ne è derivato tra pezzi dello Stato hanno fatto da eco e sfondo alla cerimonia dell’inaugurazione dell’anno giudiziario a Milano.


In platea, nell’aula magna del palazzo di giustizia, c’erano anche Ilda Boccassini e il procuratore ‘capo’ Edmondo Bruti Liberati quando il procuratore generale, Manlio Minale, al termine della sua applaudita relazione, ha scandito parole inequivoche:
– Viviamo certamente momenti difficili, ma il nostro lavoro è sempre stato difficile.


Senza mai fare riferimenti espliciti alle tensioni tra magistratura e politica nate con l’inchiesta milanese sul caso Ruby, Minale a conclusione del suo intervento ha voluto sottolineare gli attuali ”momenti difficili”, citando quella che è la ‘stella polare’ delle toghe, la Carta Costituzionale ed i suoi principi.
– Le nostre coordinate – ha scandito il pg – sono la legalità, l’obbligatorietà dell’azione penale e l’uguaglianza dei cittadini di fronte alla legge in un quadro di Stato di diritto.


Insomma una replica chiara, senza mai però citare ‘la politica’, a chi ha accusato i magistrati di ordire complotti, di essere magari eterodiretti. Minale ha poi confutato, con il supporto di dati e statistiche, una delle tesi principali di chi punta l’indice contro l’ordine giudiziario: le intercettazioni e i presunti relativi abusi, polemica sollevata proprio per il caso Ruby. Una tesi, quella del ”ricorso dissoluto” alle intercettazioni che secondo il procuratore generale ”non trova alcun riscontro nella realtà dei fatti”.


Il procuratore generale ha spiegato che la Procura di Milano fa ”un uso attento, puntuale e responsabile” delle stesse intercettazioni. E proprio a proposito delle intercettazioni, secondo Minale in questo periodo ”si assiste ad una confusione tra realtà e rappresentazione dei fatti non aderente della stessa realtà”, un mix tra ”mitologia ed epistemologia per cui le cose che appaiono (e non sono) sono rappresentate spesso come reali”.


Sempre a proposito delle intercettazioni e dopo aver sottolineato che, in alcuni procedimenti, indagati sottoposti a intercettazione cambiano anche più di 10 numeri di cellulare, il procuratore generale ha spiegato che ”la Procura di Milano nel periodo tra il 1 gennaio 2009 e il 31 dicembre 2009 ha fatto ricorso alle intercettazioni telefoniche soltanto in 477 procedimenti, ed ancora, nel semestre tra il 1 gennaio 2010 e il 30 giugno dello stesso anno in 216 procedimenti, insomma una percentuale compresa tra l’1,6 e il 2,4%”.
Minale ha inoltre spiegato che la giustizia ”non ha bisogno di riforme che risolvono problemi inesistenti, ma ha bisogno di risorse”. Insomma no alla separazione delle carriere dei magistrati che produrrebbe ”effetti disastrosi sulle Procure”.


Prima della relazione di Minale, era toccato a Giuseppe Tarantola, presidente facente funzione della Corte di Appello di Milano, richiamarsi ai principi costituzionali di eguaglianza davanti alla legge con un omaggio a Giorgio Napolitano.
– Il Presidente della Repubblica – ha detto – è custode delle regole e degli equilibri costituzionali e garante dell’indipendenza della magistratura dagli altri poteri dello Stato, indipendenza che costituisce la condizione essenziale perche’la giustizia possa svolgere un ‘giusto servizio’.


Infine, dura presa di posizione dell’Associazione nazionale magistrati. Molti attendevano, e forse auspicavano, la presenza a Milano dei vertici dell’Anm. Luca Palamara, presidente dell’Associazione, ha inviato un messaggio di solidarietà alla Procura letto da Manuela Massenz presidente della giunta distrettuale:
”Voglio esprimere la vicinanza e solidarietà a tutti i colleghi del distretto giudiziario milanese e in particolare ai colleghi dell’ufficio di Procura di Milano che sono stati fatti oggetto di inaudite aggressioni. A loro va la nostra stima, il nostro sostegno e la nostra vicinanza”.