Giordania, il re cede alla piazza e nomina un nuovo premier

AMMAN – Messo sotto pressione da migliaia di manifestanti che, ispirati dagli eventi in Tunisia e Egitto sono scesi in piazza ogni venerdì da tre settimane, re Abdallah di Giordania ha oggi ceduto: ha silurato il premier Samir Rifai, inviso all’opposizione soprattutto per la sua politica economica e lo ha rimpiazzato con un ex generale, Marouf Bakhit, che dovrà portare avanti, ha detto il sovrano, “vere riforme”.

Le prime reazioni degli islamici non sono state però incoraggianti. “E’ una notizia che suscita disappunto”, ha affermato a caldo Jamil Abu Baker, portavoce dei Fratelli Musulmani, che in passato ha avuto relazioni tese con Bakhit, mentre il Fronte di azione islamica, principale forza di opposizione, ha affermato che Bakhit “non è un riformatore”.

Nei quartier generali delle associazioni professionali, che nelle ultime settimane si sono impegnati a fondo per organizzare manifestazioni contro Rifai, le reazioni sono state invece più caute; anche se è stato fatto notare che “il popolo chiede che venga cambiato il sistema con cui si scelgono i premier”.

Bakhit, 64 anni, è stato già alla guida del governo, nel 2005, dopo gli attacchi di Al Qaida contro tre hotel ad Amman che causarono la morte di oltre 50 persone. Già ambasciatore in Turchia e in Israele, ha condotto un’aspra guerra al movimento islamico, arrivando a spedire in galera quattro suoi deputati che avevano espresso apprezzamento per l’allora leader di Al Qaida in Iraq, il giordano Abu Mussab al Zarqawi.
Un noto attivista dell’opposizione, Maysara Malas, ha pero’ affermato che Bahkit è un inetto e ha espresso pessimismo sulle prospettive del nuovo governo. “Questo è solo un cambio di una persona con un’altra. Il solito sistema di nomine. Noi vogliamo un premier che rappresenti una maggioranza parlamentare”.

Secondo diverse stime, il 25 per cento della popolazione in Giordania vive nella povertà, e la disoccupazione è al 15 per cento, secondo i dati ufficiali, che l’opposizione considera ben al di sotto della realtà.
Sulla scia delle manifestazioni delle ultime settimane, Rifai, spinto anche dal re, aveva avviato misure d’urgenza per contenere i prezzi dei generi di prima necessità e quelli dei carburanti. Ma non è stato sufficiente.

Secondo diversi analisti, l’arrivo di Bakhit potrebbe però davvero segnare una nuova era, anche se l’atmosfera verra’ definita dalle prossime mosse del Parlamento, eletto pochi mesi fa, con il boicottaggio del movimento islamico, e dai più considerato come “un inutile fantoccio”, avendo garantito al premier uscente la fiducia con 111 voti a favore su 120. Di qui la richiesta del movimento islamico di un nuovo Parlamento eletto in base a una nuova legge elettorale, che garantisca un vero pluralismo. “Ci aspettiamo una riforma generale che possa garantire al popolo di prendere davvero parte al processo decisionale”, ha detto Abu Baker. Parole che fanno eco a quelle del segretario generale del Fronte d’azione islamica, Hamzeh Mansour: “Noi – ha detto – riconosciamo la legittimità degli hascemiti”, ovvero della famiglia reale. “Non ci sono parallelismi tra Giordania ed Egitto, quanto il popolo egiziano domanda un cambiamento di regime, Però – ha sottolineato – vogliamo riforme politiche e di governo”.