Federalismo, il Quirinale dice no: «Mancano condizioni per decreto»

Roma – Il decreto sul federalismo non si può firmare perché il suo iter non è stato perfezionato. Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha inviato una lettera al presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, in cui rileva che «non sussistono le condizioni per procedere alla richiesta emanazione, non essendosi con tutta evidenza perfezionato il procedimento per l’esercizio della delega, previsto dai commi 3 e 4 dall’art. 2 della legge n. 42 del 2009, che sanciscono l’obbligo di rendere comunicazioni alle Camere, prima di una possibile approvazione definitiva del decreto in difformità dagli orientamenti parlamentari».


Pertanto, il capo dello Stato ha comunicato al premier di «non poter ricevere, a garanzia della legittimità di un provvedimento di così grande rilevanza, il decreto approvato ieri dal governo», in relazione al preannunciato invio, ai fini della emanazione ai sensi dell’articolo 87 della Costituzione, del testo del decreto legislativo in materia di federalismo fiscale municipale, approvato definitivamente dal Consiglio dei ministri nella seduta di ieri sera.


Prima della notizia della lettera del Colle, da Bruxelles il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi a chi gli chiedeva se il Quirinale potrebbe sollevare problemi sul decreto aveva risposto:


– Non lo so, spero di no.


Il ministro per le Riforme per il Federalismo Umberto Bossi ha avuto una lunga e cordiale telefonata con Napolitano. Il leader della Lega, informa una nota, ha preso il duplice impegno di andarlo a trovare al Quirinale, la prossima settimana e, di dare comunicazioni nelle aule parlamentari sul decreto sul federalismo fiscale municipale.


Prima della lettera di Napolitano, Bossi rispondendo a una domanda se il federalismo a questo punto fosse fatto aveva detto: «Ora è fatto», assicurando che a quasto punto il rischio di elezioni anticipato era scongiurato.


Aprendo la conferenza stampa sull’approvazione del decreto sul federalismo municipale, il ministro dell’Economia, Giulio Tremonti, ha sottolineato:


– E’ una riforma basata su una delega che chiude un periodo iniziato negli anni Settanta. E’ una svolta storica. E’ l’avvio di un percorso ma si tratta di una riforma strutturale. L’albero non si raddrizzerà di colpo, ci vorrà molto tempo ma è l’avvio di un percorso giusto per questo Paese.


Il federalismo fiscale «è la più grande riforma struttura mai iniziata in questo Paese negli ultimi decenni» ha affermato il ministro dell’Economia. La scelta del decreto, ha poi spiegato, «è stata fatta per rispettare i termini che sarebbero scaduti. Dovevamo intervenire, altrimenti il decreto diventava una partita a rischio».


In merito al pareggio di ieri in ‘bicameralina’, Tremonti ha detto che la votazione «ha preso una curva che dipende anche da fatti politici esterni al decreto». L’impressione del ministro «è che tutta la commissione fosse in senso federalista, il differenziarsi delle posizioni era su un ‘federalismo insufficiente’ o ‘troppo aggressivo’ ma sono state sempre varianti sul consenso di base sul federalismo».


Da parte sua Roberto Calderoli , ministro leghista della Semplificazione normativa, parlando del decreto, ha assicurato in conferenza stampa:


– Nessuno ha fatto nascere nuove tasse. Erano tutte tasse già esistenti. Non si nasconde nessuna patrimoniale. Ieri qualcuno ha parlato di colpo di mano e di sfregio al Parlamento – ha poi osservato -. Il vero sfregio è l’attuale composizione della Commissione bicamerale sul federalismo, dove c’è un governo di minoranza rispetto al governo di maggioranza esistente alla Camera e al Senato. Ci troviamo davvero di fronte ad un paradosso. E’ Il giorno della liberazione dalla spesa storica, dopo 36 anni – ha continuato Calderoli che ha ringraziato «il presidente Napolitano per il suo sostegno al cammino delle riforme».


– Non sotto gli aspetti della forma, ma dei contenuti – ha detto il ministro – Napolitano rappresenta un grosso sostenitore di questi cambiamenti e gliene sono grato. Alla fine di tutto – ha poi spiegato – la differenza che poteva differenziare maggioranza e opposizione è la tassazione o meno della prima casa. Abbiamo trovato un’intesa su tutto. Questa maggioranza ha deciso che la prima casa – ha concluso – non è una cosa che deve essere oggetto di una tassazione.


Ma l’opposizione torna all’attacco.


– Siamo di fronte ad un’ennesima forzatura politica e istituzionale dopo che, di fatto, ieri un organismo parlamentare ha bocciato la legge – ha osservato Anna Finocchiaro, presidente dei senatori del Pd -. Il governo con un colpo di mano – ha aggiunto – ha dato il via al decreto e ora per obbedire a Bossi parla di ‘svolta storica’ per un federalismo che, invece, aumenta le tasse e non da autonomia impositiva ai comuni.


Per il presidente del gruppo Italia dei Valori al Senato, Felice Belisario, «si tratta di un vero e proprio attentato alla democrazia del nostro Paese».


– Ieri il governo – ha rimarcato – non ha avuto alcun rispetto per il Parlamento. Evidentemente, l’esecutivo agisce, come sempre ha fatto, come un caterpillar, distruggendo anche le più elementari regole democratiche.