Ambasciata, aziende e Collettività insieme in una gara di solidarietà

I fatti, alla fine, sono quelli che contano. E, in questo caso, ci parlano di 850 mila bolívares del nuovo conio e 13 tonnellate di aiuti alimentari. Il tutto raccolto in tempo record: tre settimane appena. Un test? Una verifica? Poco importa. Comunque sia, è stata una dimostrazione di quello che Ambasciata e Collettività organizzata sono capaci di fare quando decidono di unire sinergie. Insomma, di fare squadra. Il merito è stato dell’Ambasciatore Paolo Serpi che, nonostante sia in Venezuela da soli due mesi, non ha voluto perder tempo e ha trasformato la tragedia causata dalle incessanti piogge recenti in una sfida; in una gara di solidarietà. Tutti hanno risposto all’appello. E nessuno ne dubitava.

Di fronte alla tragedia umana, i sentimenti di solidarietà degli italiani del Venezuela sono sempre stati immediati, spontanei, autentici e generosi. Sentimenti, questi, è giusto sottolinearlo, già emersi subito dopo le prime notizie dei danni causati dalle piogge, come si evince dall’appello congiunto di Fedeciv, Fegiv, dei Comites di Puerto Ordaz e Maracaibo e del nostro Giornale promosso da Faiv.


L’iniziativa dell’Ambasciatore Serpi, comunque, rappresenta una svolta importante. Ha avuto il merito di dare una «scossa» alla nostra Collettività. Ed è stata interpretata come il desiderio di avvicinare le istituzione ufficiali della Madrepatria alla nostra comunità. E’ stata una decisione che, ci auguriamo, possa avere risvolti positivi anche in futuro, coscienti soprattutto che le ristrettezze economiche dell’Italia avranno profonde ripercussioni anche qui in Venezuela, tra i pionieri meno fortunati. Ma, come è sorta l’iniziativa? Lo spiega alla «Voce» lo stesso Ambasciatore Serpi:
– In un primo momento l’idea è sorta quasi per caso. Pochi giorni dopo il mio arrivo si era in piena emergenza-rifugiati. Altri paesi facevano passi concreti: donazioni, erogazioni e altro. Anche la nostra Ambasciata decise di fare qualcosa. Fu una piccola donazione simbolica alla Cancelleria, dove stavano arrivando le prime famiglie di sfollati.


Il gesto, come era prevedibile, fu molto apprezzato. Ed allora l’Ambasciatore ha capito che avrebbe potuto promuovere una manifestazione di solidarietà più amplia che «includesse i nostri consolati, la nostra comunità, le aziende italiane presenti nel Paese e la Camera di Commercio».
– Così facendo, saremmo sicuramente riusciti ad offrire un aiuto maggiore, più sostanziale – aggiunge il diplomatico -. E, allo stesso tempo, avremmo fatto un bel gesto nei confronti del Venezuela. E’ stato quello che gli americani chiamano ‘win win situation’: una circostanza positiva. La nostra comunità ha lavorato in modo coeso.


Senza nascondere la propria soddisfazione per la riuscita dell’iniziativa, commenta che «il gesto è stato molto gradito dalle autorità venezolane e dalle persone che hanno ricevuto la manifestazione concreta della nostra solidarietà».
– Come sono stati orientati questi aiuti? Cosa è stato dato agli sfollati?


– Dunque – spiega il diplomatico -, siamo riusciti a metter su un pacchetto contenente 850 mila ‘bolívares-fuertes’, 13 tonnellate di aiuti alimentari e 92 mila dollari.


Precisa che mentre le 13 mila tonnellate di alimenti sono costituite essenzialmente da prodotti lattei donati da Parmalat, gli 850 mila ‘bolívares-fuertes’ sono la somma dei contributi elargiti dalle grandi aziende italiane che operano in Venezuela, dalla Camera di Commercio e dal nostro associazionismo. I 92 mila dollari, invece, sono fondi finanziati dall’Italia all’Undp (United Nations Development Program). Questi fondi «dovrebbero essere impiegati di comune accordo con il ministero della Pianificazione e quello degli Esteri».
– Sono quindi 92 mila dollari donati dal governo italiano…


Muove negativamente il capo e precisa:
– No. Non è così. Questo è un contributo che risale a qualche anno fa. Ma l’Undp non lo ha mai usato. Ed allora abbiamo deciso di farlo rivivere, destinandolo alla realizzazione di progetti a favore degli alluvionati.
Spiega che l’‘escamotage’ ha permesso l’uso di questo denaro per poi precisare che l’Italia «non è potuta intervenire con aiuti nell’ambito della cooperazione allo sviluppo perchè la richiesta di assistenza del Venezuela non è passata per i canali multilaterali: l’Undp e la Croce Rossa internazionale».
– Le autorità locali – sostiene – non hanno ritenuto opportuno dirigersi alla Croce Rossa o alle Nazioni Unite. Si sono rivolte direttamente a Roma, rendendo tutto molto più complicato. Comunque, ora i 92 mila dollari verranno impiegati per aiutare gli sfollati.


– Gli 850 mila ‘bolívares-fuertes’, frutto della solidarietà italo-venezolana, verranno gestiti da altre istituzioni? Verranno impiegati per acquistare beni di consumo o consegnati direttamente alle comunità per la loro amministrazione?


– I beneficiari di questi aiuti sono stati 5: una comunità di Caricuao, che godrà di questo nostro aiuto senza la mediazione del governo; e i rifugiati nei ministeri della Pianificazione, degli Esteri, del Trasporto e nella casa presidenziale. La somma raccolta ci ha permesso di acquistare ciò che ci è stato richiesto: generi alimentari ma anche televisori, frigoriferi, materassi, coperte e così via di seguito. Insomma, il necessario alla vita quotidiana.


– Certo è stata una iniziativa flash. Se avessimo avuto più tempo…


Dopo aver spiegato che l’iniziativa è stata volutamente concentrata in un mese, e dopo aver manifestato soddisfazione per l’esito della raccolta che «ha avuto una buona visibilità su stampa e televisione», l’Ambasciatore Serpi assicura che «c’è stata un’ottima accoglienza da parte delle autorità».
– Ho voluto che fosse un gesto concreto, privo di retorica – insiste -. Non volevo cerimonie particolari. Doveva essere ed è stata semplicemente una manifestazione di amicizia e solidarietà. Devo dire che il ministro Giordani, che ho potuto incontrare personalmente e con il quale ho avuto modo di conversare, è stato molto gentile.


– Di cosa avete parlato, oltre che della pioggia e degli sfollati?


– E’ stato un incontro cordiale, molto piacevole – riferisce con serenità -. Il ministro ha avuto parole di apprezzamento verso la nostra comunità.


Dopo aver sottolineato la calorosa accoglienza ricevuta dagli sfollati a Caricuao e nei ministeri, sostiene che «il bilancio per l’Ambasciata è sicuramente positivo» e assicura che questo semplice gesto di solidarietà «avrà un ritorno positivo per la Collettività». Quindi cita le aziende italiane che hanno contribuito al successo della cordata: Impregilio, Astaldi, Ghella, Eni. E sottolinea che queste, come è stato dimostrato, «non sono in Venezuela solo per fare soldi».


– Devo dire, inoltre – aggiunge – che anche la Cavenit è stata un attore importante in questa iniziativa. Il suo contributo è stato unitariamente il più importante. Ma abbiamo ricevuto molto anche dalla comunità sparsa in tutto il Venezuela. Certo, se avessimo avuto più tempo avremmo raccolto di più. E’ difficile, in meno di 4 settimane, riuscire a raggiungere tutti e a farli partecipare.


Economia, crisi, e austerità. I tagli al capitolo di spesa relativo all’assistenza diretta e indiretta ai nostri connazionali e alla promozione della lingua e della cultura italiane sono una realtà. A soffrirne le conseguenze sono da un lato i connazionali che hanno avuto meno fortuna, dopo una vita di sacrifici, ed i giovani, le seconde e terze generazioni, che avranno meno possibilità di avvicinarsi all’Italia e alla sua cultura. Per questo, chiediamo:
– Questo modello di squadra, che è risultato di successo, può essere seguito anche nel caso ce ne fosse bisogno per la ricerca di fondi per i più bisognosi. Nel rispetto dei ruoli che svolgono Consolato e Ambasciata, e naturalmente delle loro competenze, si potrà contare con il coinvolgimento attivo di tutte le istituzioni che rappresentano l’Italia in Venezuela?


Sorride e risponde:
– Allora, come ho spiegato, questa iniziativa è partita perchè non era possibile ricevere denaro dall’Italia. Così ci siamo inventati, tutti insieme questa azione che, come vede, ha portato a risultati assai positivi. La necessità di assistere i connazionali meno fortunati si colloca in un contesto di sempre maggiore difficoltà del bilancio dello Stato. Anche in Italia si riesce sempre meno a far fronte alle necessità assistenziali e previdenziali dei cittadini. Questa realtà assume naturalmente toni più drammatici nelle nostre comunità all’estero. Quindi ci dovrà essere uno sforzo di creatività da parte nostra. Il nostro consolato generale e quello di Maracaibo stanno già cercando di far fronte ai tagli all’assistenza sanitaria. Non hanno più i fondi necessari per assicurarla nei termini in cui prima era possibile.


Sostiene, quindi, che in futuro non mancheranno occasioni per approfondire l’esperienza fatta, il lavoro di squadra, «soprattutto in vista delle problematiche che la collettività dovrà affrontare in uno spirito di partecipazione, lealtà e solidarietà, azioni che avranno ricadute positive per tutti». E ricalca:
– Ci saranno i connazionali, ci saranno le imprese, ci saranno le istituzioni della nostra comunità e ci sarà l’Ambasciata che sarà un importante punto di riferimento.

Trent’anni di diplomazia

Una vera «scossa», un coinvolgimento immediato della comunità che ha colto un po’ tutti di sorpresa, in contropiede. L’Ambasciatore Serpi, senza indugi, ha motivato la nostra Collettività riuscendo a farla lavorare in modo coeso. E’ logico, quindi, pensare che dietro l’iniziativa ci sia un’esperienza trascorsa. Ma il diplomatico nega.


– Non mi sembra che, in trent’anni quasi di carriera diplomatica – afferma -, mi sia capitato un caso simile. D’altronde, mi sono quasi sempre dedicato alle sedi multilaterali. Sono stato Primo segretario commerciale della nostra rappresentanza diplomatica in Romania, nel corso degli ultimi tre anni di governo di Ceausescu. Ma in quel paese la comunità italiana era pressocchè inesistente.


L’ultima sede, prima del rientro a Roma, sono stati gli Stati Uniti. Qui si è occupato di questioni inerenti l’ambito politico. Poi, è stato inviato speciale nei paesi dell’ex Unione Sovietrica, specialmente quelli dell’Asia centrale.


– E’ un’area critica – spiega -. Ma molto importante per l’Italia perchè vi sono paesi fornitori di olio e gas. Abbiamo poi attività assai interessanti nell’ambito delle opere di infrastrutture. Le mie esperienze mi hanno sempre portato a valorizzare il team, la squadra. E’ una formula vincente. Ma è anche una formula che porta con sè il rischio della sovraesposizione. Si ottengono, comunque, ritorni interessanti sul piano economico, politico e sociale. Credo che un ambasciatore oggi, per crearsi uno spazio, per lavorare meglio nel paese in cui è accreditatio deve fare sistema… soprattutto in America Latina dove la presenza delle nostre comunità è particolarmente forte e radicata.

M.B.

La prima visita a Maracaibo

Per conversare ed avere uno scambio di vedute con gli esponenti della Collettività; per conoscere la realtà della nostra comunità e le loro esigenze e per fare il punto sulla situazione del nostro Consolato. Oggi l’Ambasciatore si recherà a Maracaibo, una regione dai forti contrasti in cui gli italiani vivono tra il timore di essere sequestrati e quello delle invasioni e degli espropri.


– Andrò a Maracaibo per visitare la comunità e il Consolato – ci dice, per poi precisare:
– In Consolato, in questo momento, abbiamo un reggente. E’ un bravo reggente, mi dicono, e sta facendo un ottimo lavoro. Ecco, si tratta di trovare la formula giusta per coprire al meglio le attività consolari. Per questo desidero ascoltare gli esponenti della collettività, voglio vedere le autorità locali e visitare alcuni luoghi collegati direttamente a nostre iniziative, soprattutto quelle che interessano il settore sanitario.


Puntualizza che il caso del Consolato di Maracaibo «è assai diverso da quello di altri che sono stati chiusi». Ad esempio come è accaduto in Svizzera, in Francia o in Germania dove, afferma, «le necessità della nostra comunità sono cambiate totalmente negli ultimi 20 anni».


– La presenza del Consolato, a Maracaibo – prosegue -, è fondamentale. C’è una comunità numerosa, con tanti problemi da affrontare. Cercheremo, quindi, di studiare come assicurargli un assetto più stabile, risolvendo la questione del suo vertice. Lo faremo in un modo o nell’altro. Mi impegno ad occuparmi di ciò nei prossimi mesi. Assicuro che il consolato di Maracaibo continuerà ad essere parte della rete consolare italiana. Non c’è nessuna volontà di toccarla in maniera sostanziale.
M.B.