Ad un anno e mezzo dal golpe, Lobo alla corte dell’Osa

TEGUCIGALPA – Il 4 luglio 2009, l’Assemblea generale dell’Organizzazione degli stati americani (Osa) sospese l’Honduras per aver violato l’articolo 21 della Carta democratica interamericana che prevede, appunto, la sospensione, quando ci sono le prove della rottura dell’ordine democratico in uno Stato membro e dopo il fallimento di ogni mediazione diplomatica.

Da quel giorno di un anno e mezzo fa, poco o niente è cambiato in Honduras. Le elezioni, che nel novembre hanno portato alla presidenza Porfirio Lobo, sono state organizzate dai golpisti e boicottate da tutti i partiti democratici e da oltre la metà dei votanti, riuniti nel Fronte contro il colpo di stato; e la repressione statale contro ogni forma di opposizione resta spietata, tanto che la sparizione e l’omicidio di personalità di primo piano piano della resistenza sono all’ordine del giorno. Eppure, i tentativi di Lobo di presentare un paese rinato e con tutti i crismi della democrazia stanno raccogliendo alcuni frutti e il suo negare in modo spavaldo i continui crimini di Stato denunciati da numerose associazioni in difesa dei diritti umani suona provocatorio.
Coadiuvato dalle potenze economiche che hanno orchestrato il golpe da dietro le quinte, il presidente sta portando avanti un tenace lavoro diplomatico, riuscendo a scalfire le resistenze di molti. È risaputo che l’Unasur, Unione sudamericana dell’America del sud, non ha creduto a una sola parola di Lobo e ha negato categoricamente che Tegucigalpa possa in queste condizioni di repressione e violazione continua dei diritti umani tornare e sedersi nell’importante assise. Da qui l’insistente corteggiamento dell’Osa, dove l’influenza degli Stati Uniti potrebbe giocare a suo favore.

“Abbiamo già fatto tutto quello che era in nostro potere – ha dichiarato Lobo in un’intervista esclusiva rilasciata a TeleSur – C’è una questione giudiziaria ancora da risolvere e non posso farci niente. Abbiamo ristabilito relazioni con quasi tutti i paesi. Restano soltanto alcuni amici del popolo honduregno restii a dare al paese lo spazio che merita. E male che vada aspetteremo le elezioni del 2013 che normalizzeranno ogni rapporto”. Nessuna intenzione, pare, di imporre uno stato di diritto serio che rispetti ogni opposizione e assicuri giustizia e libertà di opinione. Anzi, Lobo sarà certamente ricordato come il presidente dell’amnistia per i responsabili del golpe.

“L’ex presidente Zelaya – ha proseguito Lobo – avrebbe voluto restare al potere molto più a lungo del periodo per il quale era stato eletto, violentando il suo contratto sociale con il popolo honduregno. Quindi, la crisi che si è prodotta non fu perché Zelaya era un povero presidente innocente. Egli voleva restare al potere e io questo lo denunciai già nel 2007. Per questo è nato il conflitto”. Un conflitto, a quanto sostiene Lobo, tutto improntato su presunte intenzioni di Zelaya, che però è sfociato in un colpo di Stato militare e in una violenta dittatura che ancora regge le redini del potere.