Nord Africa: è la volta della Libia Presto intifada contro Gheddafi

TRIPOLI – Sembra non essere destinato a spegnersi il focolaio di proteste che sta invadendo l’Africa settentrionale. Ora tocca alla Libia tenere il fiato sospeso alla comunità internazionale. La data prestabilita è il 17 Febbraio e per la Conferenza Nazionale dell’Opposizione libica sarà il giorno della resistenza: “Ci auguriamo di aver appreso la lezione dalla vittoria dell’Intifada tunisina”, dicono gli oppositori di Muammar Gheddafi nel messaggio diffuso sul web, nel quale si comunica la data della manifestazione da molti già ribattezzata la giornata della collera, in onore delle rivolte popolari esplose in Tunisia e poi in Egitto.

Una data, quella del 17 Febbraio, non casuale. Secondo quanto rivela il quotidiano Ash Sharq al Awsat la scelta è stata fatta “in ricordo delle vittime dell’Intifada scoppiata a Bengasi” (Febbraio 2006), quando, davanti al Consolato italiano ci furono violente proteste contro il governo durante la manifestazione contro le vignette su Maometto diffuse in Europa. Giornata della collera che preoccupano soprattutto il governo di Tripoli e Gheddafi. Quest’ultimo, riferisce il sito del quotidiano Lybia al Youm, “ha espresso preoccupazioni per la protesta, paventando i rischi connessi a una situazione di caos che potrebbe scatenarsi nel Paese.”
E non a caso lo stesso esecutivo ha iniziato a mostrare segni di apprensione: significativo l’arresto dello scrittore attivista Jamal al Hajji, fermato da uomini dell’Agenzia Interna di Sicurezza (ISA) con l’accusa di aver investito una persona con la sua auto. Fatto che lo stesso scrittore nega con forza, ma che desta inquietudine se si pensa, come sottolinea Amnesty International, che la stessa Agenzia “in genere si occupa di reati politici”.

L’altro campanello d’allarme deriva dalle reazioni che Gheddafi ha avuto rispetto alle rivolte popolari negli altri Paesi. Il dittatore libico si era già rivolto agli studenti criticando l’emittente Al Jazeera che avrebbe incitato la rivoluzione in Egitto: “È sbagliato prendersela con Mubarak, che è un uomo povero, non ha neanche i soldi per i suoi vestiti e più volte lo abbiamo aiutato. Quanto sta accadendo in Egitto è tutta opera dei servizi segreti israeliani”. Il timore più grande è quello che la situazione possa sfuggire di mano, generando il caos indomabile che sta già sconvolgendo le prospettive e la politica egiziane e tunisine.
“Le rivolte di Tunisia ed Egitto – ha dichiarato Idris Al Senussi, nipote dell’ultimo re deposto nel 1969 dal dittatore libico – possono propagarsi alla Libia. Mi auguro che Gheddafi compia passi che permettano il passaggio alla democrazia.” Insomma, nel nord dell’Africa, “l’effetto domino può continuare”.