Egitto: Mubarak si dimette, esplode la gioia della piazza. Poteri ai Militari

Il Cairo – Il presidente egiziano Hosni Mubarak ha rassegnato le sue dimissioni dalla carica di capo dello Stato. Lo ha annunciato il vice presidente, Omar Suleiman, nel corso di un messaggio letto alla tv pubblica del Cairo. La gestione del potere è passata nelle mani del Consiglio Supremo delle forze armate che a breve, attraverso un comunicato letto dalla tv di Stato egiziana, spiegherà in che modo sarà gestito il potere in questa fase di transizione che va dalle dimissioni di Mubarak fino alle prossime elezioni di settembre. Secondo le prime indiscrezioni, il presidente della Corte Costituzionale parteciperà alla gestione del potere e le camere saranno sciolte.


A Piazza Tahrir, al Cairo, l’annuncio delle dimissioni è stato accolto con una vera e propria esplosione di gioia tra applausi, grida di giubilo e bandiere al vento. Dopo 18 giorni di proteste contro il raìs la piazza simbolo della rivolta egiziana, già avvolta nel buio della sera, è in festa.


«E’ il più bel giorno della mia vita, il paese è libero!», è il breve messaggio pubblicato su Twitter dal Premio Nobel Mohammed ElBaradei, leader dell’opposizione egiziana, il quale ha inoltre annunciato che non ha intenzione di candidarsi alle prossime elezioni presidenziali.


Nel frattempo Mubarak ha lasciato il Cairo per Sharm el-Sheikh per poi espatriare all’estero. L’aereo del presidente egiziano è atterrato all’aeroporto di Sharm el-Sheikh mentre era in corso la preghiera del venerdì islamico, si legge sul sito internet del quotidiano filo-governativo egiziano ‘al-Ahram’. Il capo di Stato si è recato «sotto un ingente dispiegamento di uomini della sicurezza verso il palazzo presidenziale di Sharm, a pochi passi da un importante hotel della zona. Poco dopo è atterrato nell’aeroporto locale anche un elicottero carico di bagagli che sono stati portati con l’ausilio di 3 auto verso il palazzo presidenziale».


Fonti sostengono che Mubarak era accompagnato da un alto ufficiale dell’esercito ma non dai suoi familiari. Secondo il sito «il fatto che abbia portato molte valigie può voler dire che dovrebbe espatriare direttamente dall’aeroporto di Sharm». A Sharm el-Sheikh in ogni caso c’è una delle residenze di Mubarak


Il presidente americano, Barak Obama, era stato informato questa mattina (ora degli Stati Uniti) della decisione di Mubarak. Lo rende noto CNN.


In giornata migliaia di manifestanti avevano lasciato piazza Tahrir e le strade intorno alla tv pubblica del Cairo, per dirigersi verso il palazzo presidenziale, dove in mattinata era iniziata un’altra manifestazione spontanea contro Mubarak. La sede della tv di Stato del Cairo è stata sotto assedio da ieri sera. I manifestanti hanno impedito ai giornalisti e ai tecnici dell’emittente di raggiungere i loro uffici. Inoltre, secondo l’emittente ‘al-Jazeera’, dalla scorsa notte i manifestanti hanno bloccato anche i giornalisti che si trovavano all’interno impedendogli di lasciare l’edificio.


Un manifestante è morto per un colpo di arma da fuoco a el-Arish, nel Sinai, dove si registrano violenti scontri tra polizia e civili. Secondo alcuni testimoni, il colpo mortale è stato sparato da un cecchino che si trovava sul tetto di un palazzo. Sono inoltre diversi i feriti degli scontri a fuoco tra manifestanti e polizia. I manifestanti hanno anche dato alle fiamme la locale stazione di polizia e almeno due veicoli degli agenti, che hanno risposto con i lacrimogeni.


A Suez i manifestanti hanno occupato le sedi delle istituzioni governative della città. Mentre a Rafah, al confine tra l’Egitto e la Striscia di Gaza, si sono registrati scontri nella notte tra agenti delle forze di sicurezza egiziane e uomini armati.


In un comunicato diffuso in mattinata l’alto consiglio delle forze armate aveva annunciato che garantirà la fine dello stato d’emergenza in Egitto non appena le condizioni lo permetteranno. I militari promettono anche che «ci saranno elezioni libere in base alle riforme costituzionali proposte» e che «saranno perseguite tutte le persone che hanno commesso atti di violenze nei giorni scorsi nel Paese».


«Non perseguiremo le persone oneste che hanno lottato contro la corruzione nel Paese», recita il secondo comunicato numero diffuso dai vertici dell’esercito tramite la tv di stato egiziana. «Alla luce dei recenti avvenimenti e del passaggio delle deleghe dal presidente (Hosni Mubarak, ndr) al suo vice (Omar Suleiman, ndr), e nell’interesse della stabilità e della sicurezza del paese, garantiamo la fine dello stato d’emergenza». Un primo comunicato dell’esercito era stato diffuso prima che Hosni Mubarak pronunciasse il suo discorso alla nazione.


Un gruppo di cittadini egiziani ha presentato oggi una denuncia contro Mubarak al Tribunale penale internazionale dell’Aja. Il gruppo di egiziani, che non intende rivelare la propria identità per motivi di sicurezza, ha anche chiesto al tribunale delle Nazioni Unite di avviare un’inchiesta per crimini contro l’umanità e repressione violenta della rivolta popolare in Egitto nei confronti di altri membri del governo egiziano, tra i quali il vice presidente Omar Suleiman e l’ex ministro dell’Interno Habib al Adli.


Barack Obama, schierandosi con il popolo egiziano, aveva espresso la sua delusione e la sua evidente irritazione, nei confronti di Mubarak:


– Al popolo egiziano era stato detto che ci sarebbe stato un passaggio dell’autorità, ma non è ancora chiaro se questa transizione sia immediata, significativa o sufficiente. Il governo egiziano deve presentare un percorso credibile, concreto ed inequivoco verso una vera democrazia – ha aggiunto -. E non ha ancora colto questa opportunità.


Obama ha anche risposto al presidente egiziano che nel suo discorso ha detto di non accettare intromissioni straniere nelle questioni interne egiziane, con un evidente riferimento a Washington.


– Come abbiamo detto dall’inizio della rivolta il futuro dell’Egitto deve essere determinato dal popolo egiziano – ha detto – ma gli Stati Uniti sono stati chiari nell’appoggio ad una serie di principi chiari. La voce del popolo deve essere ascoltata – conclude Obama – e il popolo ha detto chiaramente che non vuole tornare indietro, l’Egitto è cambiato e il suo futuro è nella mani del popolo.


18 GIORNI PER ABBATTERE IL RAIS


Diciotto giorni di proteste popolari in piazza per far cadere Hosni Mubarak dopo trent’anni di presidenza. La protesta in Egitto ha avuto inizio con la prima ‘Giornata della collera’ il 25 gennaio.


– 25 gennaio: In migliaia scendono in piazza al Cairo, ma anche a Suez e Alessandra, per chiedere la fine del regime e condizioni di vita migliori. Violenti scontri, primi morti.


– 27 gennaio: la rivolta dilaga. Rientra nel Paese l’ex direttore generale dell’Aiea Mohammed el Baradei, ”pronto a guidare la transizione”. Blackout di Facebook e Twitter.


– 28 gennaio: Scontri fra dimostranti e poliziotti. I morti sono almeno 62. Mubarak annuncia il rimpasto di governo.


– 29 gennaio: Piazza Tahrir al Cairo diventa il cuore della rivolta. I saccheggiatori irrompono nel Museo egizio del Cairo distruggendo due mummie. Il generale Oman Suleiman, capo dei servizi segreti, viene nominato vice presidente e il generale Ahmed Shafik diventa premier.


– 30 gennaio: Già 150 morti negli scontri.


– 31 gennaio: Il presidente chiede al premier di iniziare i colloqui con l’opposizione.


– 1 febbraio: Più di un milione di persone scende nelle strade di tutto l’Egitto. Mubarak annuncia che resta al potere, ma che non si ricandida alle presidenziali di settembre.


– 2 febbraio: Violenti scontri scoppiano a piazza Tahrir quando fanno irruzione dei sostenitori di Mubarak.


– 3 febbraio: Ancora scontri fra i fedelissimi di Mubarak e gli oppositori al regime per tutto il giorno a piazza Tahrir.


– 4 febbraio: Milioni di persone scendono in strada per una mobilitazione generale detta ”giornata della partenza”.


– 5 febbraio: Sostituiti i vertici del partito di Mubarak, il Pnd. Il nuovo segretario generale è Hossan Badrawy, che diventa anche presidente al posto di Gamal, figlio del rais. – 6 febbraio: Suleiman riceve i leader dell’opposizione.


– 8 febbraio: Mubarak istituisce una commissione per la riforma costituzionale. Vengono rilasciati 34 prigionieri politici. Le vittime della rivolta sono circa 300.


– 9 febbraio: Suleiman parla di rischio di golpe.


– 10 febbraio: il rais annuncia in un discorso alla nazione che cederà alcuni poteri al vicepresidente, ma non lascia.


– 11 febbraio: Mubarak si dimette.