Da Fini a Bersani pronti alle urna

ROMA – Dopo che il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano ha parlato per la prima volta di rischio ‘elezioni’ è come se il termine, ormai, non fosse più un ‘tabu’’ per nessuno. Anche per la stessa maggioranza. Non solo tutti i leader dell’opposizione cominciano a chiederle a gran voce: da Gianfranco Fini a Pier Luigi Bersani. Ma il ministro dell’Interno leghista, Roberto Maroni, ammette:
– Il rischio per la legislatura paventato dal capo dello Stato è reale. Il clima di conflitto e di contrasto – sottolinea – determina questo rischio.

Mentre un altro ministro del Carroccio, Roberto Calderoli ricorre addirittura alla metafora biblica.
– Sembra di stare davanti alla torre di Babele che sta per sgretolarsi M- afferma.

Ma è soprattutto dal centrosinistra che l’idea di tornare alle urne prima del tempo sembra farsi strada senza troppi patemi d’animo.
– Se non cambiano le cose – afferma il leader dell’Udc Pier Ferdinando Casini – meglio votare.
Ci dimettiamo tutti e due, è la proposta-sfida che Fini fa a Berlusconi, e poi si va al voto. Prima però – un po’ perche’ il Cavaliere non sembra intenzionato ad abbandonare Palazzo Chigi anzitempo, un po’ per ammiccare alla Lega – meglio fare il federalismo e la legge elettorale.

Anche Bersani ribadisce che tutto sommato il voto anticipato a questo punto sarebbe il minore dei mali e difende a spada tratta il capo dello Stato ‘’duramente attaccato dai giornali del premier’’. Contro di lui, commenta, ‘’sono stati mossi attacchi vergognosi’’. E’ l’unico in grado, ora come ora, interviene il leader dell’Idv Antonio Di Pietro, di ‘’tenere il timone dritto’’ evitando che la barca affondi. Il premier si deve dimettere e si deve tornare al voto, incalza Oliviero Diliberto (Pdci), ‘’nel solco delle indicazioni di Napolitano’’
Il Pdl, però, contro l’ipotesi ‘elezioni-subito’ e quasi a voler rispondere a Napolitano fa quadrato e con una ‘mega-nota’ (quasi tre cartelle) congiunta di tutti e quattro i vertici dei gruppi parlamentari di Camera e Senato (Fabrizio Cicchitto e Massimo Corsaro, Maurizio Gasparri e Gaetano Quagliariello), mette in chiaro alcune cose. Prima di tutto la maggioranza in Parlamento c’è eccome. E’ vero che la situazione ‘’è grave’’, ammettono, ma i numeri ci sono. Come dimostrano i vari voti di fiducia che si sono ripetuti negli ultimi tre mesi (dal 14 dicembre in poi) compresa la mozione contro il ministro della Cultura, Sandro Bondi. Poi, il Parlamento sta lavorando. Non è vero che è paralizzato. E per dimostrarlo citano i testi esaminati e da esaminare: dalla riforma dell’ Università al ddl ‘milleproroghe’. Infine precisano un’altra questione che sta molto a cuore del Cavaliere: Fini non può continuare a mantenere il doppio ruolo di presidente della Camera e leader di Fli. Così come non si può più continuare ad alimentare ‘’il senso di confusione tra i poteri dello Stato’’, magari come ‘’conseguenza voluta’’.

Ma è contro Fini che la maggior parte dei parlamentari lancia invettive: chi gli dice di prendersi una vacanza perchè ‘’in stato confusionale’’, chi definisce il suo neo-partito ‘’sciacallo’’ del Pdl. Il clima, insomma, benchè tutti a parole diano ragione a Napolitano sulla necessità di abbassare i toni, torna ad infiammarsi. Però, avverte il ministro della Difesa Ignazio La Russa, non è che si possa restare in silenzio mentre gli altri ‘’ti tirano le pietre…’’. E ad inasprire lo scontro si aggiunge la piazza. Avere strade e piazze piene senza partiti e sindacati a riempirli, sintetizza il capogruppo del Pd alla Camera Dario Franceschini, significa proprio che c’è voglia di ‘’voltare pagina’’. Non è vero, taglia corto il Pdl, la protesta delle donne ‘’è stata strumentalizzata’’.